Il ricordo di Paolo Rossi, che ha raccontato la vita di Nicola Pietrangeli nella sua biografia, scritta insieme al campione simbolo del tennis italiano. "Il mondo non ti ha conosciuto a sufficienza, non ha compreso fino in fondo la tua goliardia, la leggerezza e il sense of humour con cui hai affrontato le tante peripezie della tua vita"
di Paolo Rossi | 01 dicembre 2025
Mio caro, carissimo Nicola.
In fondo te ne sei andato a modo tuo, come e quando volevi tu. “A che cosa servo io?” mi hai ripetuto più e più volte durante i nostri incontri per la stesura della tua biografia.
A proposito, quanto eri divertito nell’aver spiazzato i titolisti di Sperling & Kupfer che, suggestionati sull’ipotetico tuo ultimo saluto (“voglio i miei funerali sul campo intitolato a me, al Foro Italico”), erano rimasti letteralmente rapiti da una tua risposta a domanda sull’argomento funebre (“e se c’è maltempo?”). Solo tu potevi rispondere così: “Se piove, rimandiamo”. Da lì, il titolo della tua biografia.
Ecco, non piove ma fa freddo. Molto. E non rimanderemo. Quindi, caro amico mio, saremo tutti lì a omaggiarti, come è giusto che sia, ascoltando Aznavour e Sinatra come da tuo antico desiderio. Certo, non tutti hanno avuto il privilegio di conoscerti come si deve, tipo entrare nel tuo attico al quartiere Balduina e visitare quello che non è una normale casa ma in sostanza un museo del tennis, ricco di cimeli (coppa del Roland Garros inclusa).
Beh, d’altronde io personalmente me l’ero meritato, no? Mi hai fatto attendere anni, prima di capitolare con la biografia: prima, giustamente, c’era stata Lea (Pericoli) che aveva voluto scrivere la vostra storia a quattro mani, e ricordo come fosti così carino nel prendermi in disparte e dirmi: “a Lea non potevo dire di no”. Figurati, non scherziamo. Anche per questo, quando mi telefonasti il giorno dell’Epifania 2023, con il tuo classico incipit: “Giornalaio? Che fai? Dai, è arrivato il momento: lo vuoi scrivere questo libro che non so quanto tempo ho ancora?” rimasi sorpreso e felice: mancava una biografia totalmente tua. Cadeva poi nell’anno dei tuoi 90, quindi l’omaggio ideale per quella che poi è stata una magica festa.

E dunque eccoci di nuovo al tuo attico, nei tanti pomeriggi trascorsi insieme, nell’ascoltarti e scoprirti geloso se Pupina (la tua gatta) empatizzava un po’ troppo con me (“Ti stai distraendo!”). È stato per me un regalo extra, e ho avuto la conferma (ove mai ne avessi ulteriormente bisogno) che il mondo non ti ha conosciuto a sufficienza, non ha mai compreso fino in fondo la tua goliardia, leggerezza e sense of humour con cui hai affrontato le tante peripezie della tua vita.
Ascoltarti è stato come viaggiare nel tempo, vivere un’altra vita. Ho cercato di immedesimarmi. Quante belle storie: un altro tennis, altri stili di vita.
Avevi ragione te: ognuno è campione della sua era, i paragoni sono inutili. Purtroppo sei finito nel girone degli invidiosi perché hai sempre voluto essere gentile (“Io rispondo a tutti i giornalisti”), e oggi il giochino di molti media – abbastanza frequente – è quello di mettere zizzania per un “clic” o per un “like” in più.
Una cosa ingiusta, per quella che è stata la tua storia. “Se rinasco voglio essere Nicola Pietrangeli” è una frase che non ho sentito solo dalla bocca di Filippo, tuo figlio e mio coetaneo. La verità è che in tanti non hanno mai compreso fino in fondo come tu sia stato solo apparentemente un fantastico chiacchierone multilingue, perché - invece - ti sei portato con te tanti segreti, che non hai voluto confessare a nessuno, e penso a Montecarlo, a Ranieri e Alberto di Monaco. Oppure a Mastroianni, Virna Lisi e tutti gli altri nomi illustri. Il tuo catenaccio era peggio di quello del tuo amato capitano della Lazio, Pino Wilson: “No, no, no. Ci sono cose che non si potranno mai dire….”.
Ecco. Grazie allora per tutte le risate che mi hai regalato (barzellette ed episodi curiosi), per la curiosità che hai mostrato di fronte al nuovo (stavolta sarò io che non parlerò del tuo rapporto con i telefonini, meglio va…).

Tu ti chiedevi a cosa servissi in questa vita di oggi? Beh, spero tu l’abbia chiesto alla tua famiglia, ai tuoi figli Marco e Filippo. Per loro sei sempre stato il riferimento. E vogliamo ricordare anche Giorgio (riposa in pace, amico mio)?
Va bene, sto già immaginando cosa mi diresti con un gesto della mano: “Non facciamola troppo lunga, che ci si annoia”. Hai ragione. Però vorrei che si desse a Cesare quel che è di Nicola, e affermare con forza che alla fine hai vinto tu su chi (lo so, quel presidente Fit per te sarà per sempre innominabile) ti aveva messo fuori squadra dopo la Davis del ’76. Il tempo è stato galantuomo: hai dovuto aspettare vent’anni, ma alla fine è arrivato un Angelo, quel presidente Binaghi che ti ha riconosciuto il ruolo che hai sempre avuto nel dna: ambasciatore del tennis, quello italiano. Perché lo hai fatto per tutta la tua vita: hai esportato il tuo stile iconico, diffondendo il Made in Italy nel mondo rendendolo più allegro e simpatico.
Mi conforta sapere che avremo ancora in giro, per fortuna, una Nicola Pietrangeli: ha gli occhi azzurri ed è bionda. Tua nipote: Giorgio ha voluto chiamarla così in barba a tutte le consuetudini (bravo, bravo, bravo). Un giorno scoprirà la bellezza del nome che porta.
Ciao Nicola, amico mio. Che la terra ti sia lieve.

L'ADDIO A NICOLA PIETRANGELI: IL NOSTRO SPECIALE
Addio a Nicola Pietrangeli, icona del tennis italiano (Mastroluca)
Binaghi: "Grazie, Nicola. Il tennis perde un simbolo, io un amico"
La nota della famiglia: "Grazie a tutti per l'affetto"
Pietrangeli, l'uomo dietro il campione: "Il tennis è stata una splendida parentesi"
Da Tunisi a Roma e alla storia: Pietrangeli, una vita da romanzo
Pietrangeli simbolo mondiale della Coppa Davis (Martucci)
Volandri e Garbin ricordano Pietrangeli: "Grazie, leggenda"