Cresciuto a Tunisi in una famiglia ricca che ha finito per perdere tutto, a Roma ha scoperto il talento per lo sport: prima il calcio, poi il tennis, che diventerà la sua vita. Emozionante l'intitolazione dello stadio più iconico del Foro Italico
01 dicembre 2025
SeUna vita da romanzo, quella di Nicola Pietrrangeli, scomparso a 91 anni. Una storia iniziata in Tunisia dove suo nonno Michele era emigrato da un paesino vicino a L’Aquila per fare il muratore. "Si compra una carriola, due carriole, un cavallo, diventa costruttore. A Fiuggi conosce una signora napoletana, la sposa. In Nordafrica fanno cinque figli, tra cui Giulio, mio padre. Quando nasco io, papà non ha ancora sposato Anna, figlia del colonnello zarista Alexis von Yourgens, scappata dalla guerra di Russia e già sposata con un conte" ha raccontato.
La famiglia Pietrangeli vive una bella vita, ma con la seconda guerra mondiale cambia tutto. “Appena arrivati di nuovo i francesi – racconta nello speciale di SuperTennis "Io, Nicola" -, hanno messo in un campo di concentramento, non in galera, tutti i professionisti, i benestanti italiani”. Compreso suo padre, l’unico che a Tunisi poteva girare con un’auto sportiva americana, e suo nonno. È il campo di prigionia di a Gammarth, a 300 km da casa. Lì c’è un campo da tennis. Nicola e il padre si iscrivono a un torneo in doppio e lo vincono: un pettine ricavato dalle schegge di una bomba è il primo premio della sua carriera.

Dopo la guerra tutti i prigionieri vengono espulsi dalla Tunisia. Il padre e il nonno scendono a Palermo, poi risalgono verso Roma. “Dopo un po' di tempo non avendo i soldi per prendere una nave vera, mia madre non so come ha fatto ci fece espellere da Tunisi – racconta ancora Pietrangeli –. Con un viaggio che si potrebbe vedere solo al cinema, non dico nella stiva ma quasi, arriviamo a Marsiglia. Prendiamo un treno per Ventimiglia. Da lì, li raggiungiamo a Roma. Viveva in una pensione a via delle Carrozze, a piazza di Spagna. Eravamo noi tre in questa stanza, io andavo a scuola dove c'è il Ministero dei Trasporti e tornavo a casa a piedi, così risparmiavo quelle dieci lire del biglietto dell'autobus”.
Il giovane Pietrangeli non conosce l'italiano quando sbarca a Roma: diventa subito "Er Francia". Nella Capitale suo padre si reinventa rappresentante di Lacoste. In un anno, ha raccontato Pietrangeli, vende 280 mila magliette a 2.800 lire l’una.
Nicola scopre da subito il talento per lo sport. Gioca nei ragazzi della Lazio, che lo manda in prestito alla Viterbese e alla Ternana. Fino ai 18 anni, ha ammesso, si sentiva più forte come calciatore che come tennista. Il padre, che era stato socio del Parioli, conosceva Giovannino Palmieri, padre di Sergio futuro direttore degli Internazionali BNL d’Italia. Il tennis diventerà la sua vita.

Una vita celebrata attraverso l'intitolazione dello stadio più iconico del Foro Italico, l'ex Stadio della Pallacorda, incorniciato da diciotto monumentali statue di atleti in marmo di Carrara.
“Io sono l’unico vivo che ha una cosa intitolata a suo nome. Il perché non lo so. In Italia non c’è uno che ha una fontana, una strada, solo io. Questo mi riempie di grande orgoglio” ha detto in un’intervista a Walter Veltroni per il Corriere dello Sport-Stadio nel 2017.

Il presidente della Federazione Italiana Tennis e Padel Angelo Binaghi, nello stesso programma, rivendica la paternità dell'intitolazione dello stadio a Pietrangeli. “L'idea è stata mia e solo mia. Pensai di dedicarlo al campione del nostro sport più popolare a livello internazionale. Andai dal segretario generale del CONI Raffaele Pagnozzi che la contestò e disse che non si poteva fare. Un mese dopo l'hanno fatta”.
Il monumento per un campione che ha segnato un'epoca e reso grande il tennis italiano, simbolo di un tempo e di uno sport che non torneranno più.

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