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Brooksby: "Soffro d'autismo, era ora che ve lo dicessi"

L'americano, che ha finito di scontare la squalifica per aver saltato tre test antidoping in un anno, ha raccontato la sua storia all'AP: "Fortunato ad aver avuto genitori che non si sono arresi"

20 dicembre 2024

Jeson Brooksby (Getty)

Jeson Brooksby (Getty)

Dall'Australia all'Australia. Due anni dopo. E con una notizia in più. Jenson Brooksby, ventiquattrenne americano con un best ranking da n.33 del mondo, non gioca un match sul circuito dal gennaio 2023 quando fu sconfitto al terzo turno degli Australian Open dal connazionale Tommy Paul. Nei due anni successivi Brooksby ha dovuto prima scontare una squalifica (ridotta da 18 a 13 mesi) per aver saltato tre test antidoping nel giro di un anno, e poi sostenere ben due interventi chirurgici ai tendini di entrambi i polsi. "E' stato il periodo più duro della mia vita - dichiarò all'AP allora l'americano - quella con i polsi è stata una vera lotta. E poi ho deciso di separarmi dal coach che mi seguiva da quando avevo 7 anni. Non vedo l'ora adesso di tornare in campo e lasciarmi alle spalle questo periodo".

Brooksby, ormai privo di classifica, non sarà al via dei prossimi Australian Open, ma è tornato a parlare a pochi giorni dal via del primo Slam della stagione per condividere "un qualcosa che non volevo più tenere per me". L'occasione è stata fornita da un'intervista concessa alla AP allo US Tennis Association National Campus, sede della off season per circa una dozzina di giocatori professionisti a stelle e strisce. "Quando ero piccolo mi è stata diagnosticata una severa forma di autismo e per i miei primi quattro anni di vita non ho pronunciato alcuna parola", ha rivelato il giovane californiano.

"Per quaranta ore alla settimana ho svolto un'intensa terapia ABA (analisi applicata del comportamento). Mia madre non si è mai arresa e ha fatto di tutto per aiutarmi, oggi non sarei qui se non fosse stato per lei. Sono fortunato ad aver avuto genitori che non si sono arresi - ha ancora raccontato Brroksby - Ho deciso che era arrivato il momento di raccontare la mia storia, spero che possa ispirare altre famiglie a fare altrettanto e a non arrendersi. Voglio solo che la gente mi conosca interamente per quello che sono e questa è un'altra parte di me".

Amrit Narasimhan, suo storico tutor, richiesto di un parere circa il tempismo adottato da Brooksby, ha risposto che prima il ragazzo "era preoccupato da quel che le persone potevano pensare di lui. Ma ora ci tiene che i suoi colleghi lo conoscano meglio, e ha voluto raccontare la sua storia affinché le persone comprendano davvero chi è".

Brooksby ha poi proseguito col suo racconto svelando come l'autismo sia stato da un lato "un punto di forza nei momenti di pressione vissuti in campo" perché gli consentiva di concentrarsi "su due o tre dettagli in maniera molto netta e per un lungo periodo di tempo", e come invece dall'altro abbia reso "il tennis un po' più duro" per lui in quanto ragione di scatti d'ira in occasione di alcune sconfitte o di colpi eseguiti in modo non soddisfacente. Così come, e qui è il suo preparatore atletico Paul Kinney a condividere la sua esperienza, nella tendenza reiterata in questi momenti di disagio a voler cercare qualche suo indumento o toccarsi i capelli. Secondo Michelle Wagner però, studiosa del comportamento di soggetti affetti da autismo che affianca Brooksby sin da quando aveva quasi tre anni, i progressi da lui fatti hanno portato a un esito "inusuale e unico".

Seppur priva di alcun riscontro ufficiale, potrebbe esserci anche questa particolarità all'origine della riduzione della sua squalifica per aver saltato tre test antidoping nel giro di un anno. L'Itia si pronunciò infatti dichiarando che il suo "grado di colpa dovesse essere rivalutato per via di nuove informazioni relative alle circostanze che determinarono la sua assenza dai test", e richiesto di un parere circa queste nuove informazioni un portavoce dell'associazione rifiutò di fornire ulteriori spiegazioni

La dottoressa Wagner, che ha seguito il caso di Booksby sin dagli esordi, ha invece rivelato di essere stata ascoltata in sede di giudizio spiegando come il ragazzo "abbia avuto bisogno di un profondo e intensivo sostegno", del suo "ritardo rispetto ai suoi coetanei" e delle "problematiche sfide dal punto di vista comportamentale" da lui affrontate nel corso degli anni. Tra queste, Wagner ha citato il modo in cui l'autismo abbia inciso sui suoi processi decisionali e cognitivi, vale a dire la difficoltà nel comprendere che "se faccio qualcosa, questo o quello potrebbe accadere, e se invece non lo faccio potrebbero invece accadere altre cose". 


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