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Ivanisevic: "Io e Novak ci eravamo stancati l'uno dell'altro"

Intervistato da Sport Klub, l'ex coach del serbo torna sulla recente separazione dal suo assistito - "Saturazione e stanchezza" - ripercorrendo gli ultimi cinque anni trascorsi al suo fianco, tra successi e deportazioni, sconfitte e una narrazione non sempre corretta: "In Australia ha perso in semifinale contro un giovane più bravo di lui"

04 aprile 2024

Goran Ivanisevic e Novak Djokovic (Getty Images)

Goran Ivanisevic e Novak Djokovic (Getty Images)

Dopo le anticipazioni di ieri relative a quello che secondo lui avrebbe potuto essere il profilo ideale del suo nuovo coach, Goran Ivanisevic, che nel box del serbo n.1 del mondo ha trascorso gli ultimi sei anni, ha raccontato nel corso di un'intervista rilasciata a Sport Klub i motivi che hanno portato all'interruzione della loro partnership: "Non c'é un vero motivo se non quel senso di saturazione e fatica dopo cinque anni davvero difficili e intensi - ha esordito l'ex campione di Wimbledon - diciamo che io mi ero stancato di lui e lui si era stancato di me: ma in ogni caso non sentivo più di poterlo aiutare"

Difficoltà, fatica. Ma anche situazioni estremamente complicate e stressanti, come quelle vissute durante gli anni pandemici, anni in cui la posizione presa dal Djokovic nei confronti della vaccinazione ha impedito lui di prender parte ai tornei nel nord America fino alla reclusione cui è andato incontro nel 2022 una volta sbarcato in Australia: "Le gente tende a dimenticare quel periodo, non ricorda come per un momento sembrava che lui fosse diventato la peggior persona al mondo per via della sua posizione sui vaccini. Siamo stati a lungo in una sorta di limbo".

Ivanisevic, pur non rivelando quanto i due si siano detti dopo la trasferta americana di Indian Wells - occasione in cui secondo alcuni rumors si sarebbe verificata un'accesa discussione che avrebbe portato all'immediata rottura - si dice "felice di essere volato in America. In Australia ero già abbastanza stanco, non tanto perché aveva perso in semifinale, avrebbe potuto anche vincerla, ma perché il fatto che avesse perso in semifinale sembrava fosse una tragedia. Ma non c'é nulla di tragico - ha sottolineato ancora il croato - non ha mica perso al primo turno, ma contro un giovane che è stato più bravo. Non so cosa sia accaduto a Djokovic in quel match: non era lui, e Sinner si è dimostrato davvero bravo ad arrivare a quel match quasi al 100% anche se neanche al 100% c'é mai nulla di garantito".

Tuttavia, per il suo ex coach era già da qualche tempo che il rendimento di Djokovic aveva inziato a soffrire di alcuni alti e bassi che hanno finito poi col condizionarne i risultati: "Durante la trasferta in Australia ha faticato nei primi turno, contro Mannarino ed Etcheverry ha giocato meglio, con Fritz ha giocato due buoni set e poi altri due meno buoni. Ma il suo livello è talmente alto che contro quei giocatori potrebbe vincere anche su un gamba sola. Contro Sinner, Alcaraz o Medvedev invece devi dimostrarlo: se Djokovic offre la sua versione migliore è un conto, in caso contrario allora abbiamo un problema".

Percorrendo a ritroso gli ultimi mesi della loro collaborazione, Ivanisevic rintraccia però un altro momento in cui ha sentito per la prima volta scricchiolare le fondamenta su cui poggiava la loro relazione: "Le prime avvisaglie le ho notate l'anno scorso in America. Non direi Wimbledon: è veri che il giocatore è sempre colui che più risente delle sconfitte, ma quella fu un duro colpo anche per me".

"In America fece benissimo: vinse in finale contro Alcaraz a Cincinnati, vinse ancora agli US Open, e fu proprio lì che capii che la fine era vicina"

"E da allora - prosegue ancora Ivanisevic - è stata solo una questione di tempo, e capire se sarebbe arrivata alla fine di quella stagione o in qualche momento di questa. Certo, avrebbe potuto verificarsi alla fine degli US Open, ma io dopo mi operai al ginocchio, non lo potei seguire a Bercy e subito dopo ci furono la Finals di Torino. Ma quando in America ha parlato con Nole - conclude - lui mi ha detto una cosa bella, che non c'é mai un momento giusto o sbagliato, c'é solo il momento in cui accade, quando due persone decidono che è arrivato".  


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