Non è facile oggi essere tenniste nate nella Russia di Putin: alcune si ribellano e cambiano polemicamente e coraggiosamente bandiera come Kasatkina, altre sposano un’altra patria per interesse come Rybakina, altre ancora portano fiere il vessillo di Mosca, come Shnaider
di Vincenzo Martucci | 14 dicembre 2025
Matrioske. Da una tennista russa ne spunta sempre fuori un’altra, simile ma diversa, e comunque sempre competitiva e sempre in grado di battersi come una guerriera ninja sul WTA Tour, nella scia della madre di tutte le bambine prodigio, l’algida siberiana Maria Sharapova. Oggi manager più che mai di se stessa, partendo da una racchetta, da un gran cuore (eufemismo) e da una caramella. Poverissima in partenza, poi perfetta self woman made in stile yankee, da buona transfuga nell’Eldorado dello sport, almeno Masha - come la chiamano i suoi - non aveva le ali tarpate dalle punizioni inflitte ai figli (volenti e nolenti) dello zar Putin per l’invasione dell’Ucraina. Con tanto di bandiera, e inno e sigla cancellati nei tornei, negli opuscoli, nei risultati, negli applausi.
Che poi significano anche meno pubblicità, meno sponsor, meno soldi, meno soddisfazione e meno onore. Come riassume l’odioso diniego della stretta di mano a rete subito dopo il match. Invece le eredi della Sharapova sopportano tutto quest’ostracismo tenendo la testa ben dritta e lo sguardo fermo. Tenendo fede al detto: “La donna russa è dona due volte”. D’epoca sovietica quando le donne lavoravano quanto gli uomini, ma si occupavano in parallelo anche della casa.
Dall'area un tempo sovietica arrivano la numero 1 del mondo, Aryna Sabalenka, figlia di Bielorussia; la 4, Amanda Anisimova, nata negli States da emigrati russi; la 5, Elena Rybakina, nata, cresciuta e residente a Mosca, anche se con passaporto sponsorizzato Kazakistan; la 9, Mirra Andreeva; e la 10, Ekaterina Alexandrova.

9 top 200: le russe che hanno cambiato bandiera
E’ russa la 17 del mondo Liudmila Samsonova, (già 12) cresciuta in Italia. E' russa la 21, Diana Shnaider, di scuola yankee, come la 28, la naturalizzata a stelle e strisce Sofia Kenin, ex 5 e regina degli US Open 2020, come la 33 (già 11), l’altera Anna Kalinskaya (ex fiamma di Jannik Sinner), come la 59 (già 20), Yulia Putintseva.
E come altre quattro che hanno appena cambiato documenti: Daria Kasatkina, già 8 del mondo ora 38, che ha abbracciato a bandiera australiana; Anastasia Potapova, già 21 ora 59, che ha sposato l’Austria; Maria Timofeeva e Kamilla Rakhimova che hanno abbracciato l’Uzbekistan.
Tutte più o meno fiere, più o meno pubblicamente, delle radici russe. Come sottolinea la capoclasse, Sabalenka: “Nelle famiglie dell’area ex sovietica, lo sport è un percorso serio, quasi professionale già da bambini, sulla base di regole dure e precise impartite dai genitori. Che si basano sulla resilienza e la filosofia del lavoro quotidiano, l’unico fattore davvero decisivo e imprescindibile che, senza scorciatoie, porta ai risultati”.
”È molto bello che il capo dello Stato abbia riconosciuto i nostri successi. Spero di ricevere presto il premio di persona”, dichiara pubblicamente la Shnaider, ringraziando per l’onorificienza statale, ricevuta insieme alla connazionale e amica Mirra Andreeva, per la medaglia d’argento nel doppio femminile all’Olimpiade di Parigi, dove hanno gareggiato sotto bandiera neutrale.
A metà novembre la mancina ha partecipato a San Pietroburgo al torneo sponsorizzato Gazprom, che sostiene attivamente la guerra in Ucraina. E l’enfant prodige del tennis russo, Andreeva si è affrettata a puntualizzare che se a fine stagione non ha giocato il torneo di Tokyo dove avrebbe potuto guadagnarsi in extremis la qualificazione alle WTA Finals non è stato per un mancato visto sul suo passaporto russo.
Diana Shnaider e Mirra Andreeva (foto FITP)
Tutt’altra posizione ha tenuto Daria Kasatkina che ha sempre criticato apertamente l’invasione russa defininendola un “incubo”. Ha lasciato il suo paese, trasferendosi all’estero e quindi cambiando cittadinanza, anche per motivi di libertà personale e politiche sociali. Senza tema delle possibili ripercussioni in patria su familiari ed amici dopo essere stata addirittura definita dalle autorità di casa “agente straniero”.
Mentre la Rakhimova, ha spiegato di aver cambiato nazionalità sportiva per motivazioni sportive e di carriera, non politiche. Diverse, simili, terribili matrioske, tutte con un piede all’estero per allenarsi meglio, tutte grandi guerriere.