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Il metodo Perlas al servizio di Musetti: il valore dell'impegno, l'importanza della relazione

Lorenzo Musetti ha pubblicato la prima foto in campo con lo spagnolo José Perlas nel team. Ecco come lo spagnolo intende il ruolo dell'allenatore e il suo metodo, attraverso sue passate interviste. E cosa può portare al carrarino in vista del 2026

di | 08 dicembre 2025

L'urlo di Lorenzo Musetti alle Nitto ATP Finals (Foto FITP)

L'urlo di Lorenzo Musetti (Foto FITP)

"Iniziamo a preparare il 2026! Benvenuto José". Con questo messaggio Lorenzo Musetti ufficializza il primo giorno di lavoro di José Perlas nel team. Il carrarino, che ha da poco dato il benvenuto al secondogenito Leandro, ha pubblicato il messaggio sui suoi profili social insieme a una foto di gruppo in cui è insieme al coach Simone Tartarini e al preparatore Damiano Fiorucci. 

Musetti ha chiuso il 2025 con la prima qualificazione in carriera alle Nitto ATP Finals e sta preparando la nuova stagione a Monte-Carlo dove vive insieme alla fidanzata Veronica Confalonieri e alla famiglia. La scelta del coach spagnolo dice molto delle sue ambizioni per il futuro. Possiamo comprenderlo attraverso una serie di sue dichiarazioni che ci illuminano sul suo approccio, su come intende il ruolo di allenatore e sul suo metodo.

Il metodo Perlas al servizio di Musetti: il valore dell'impegno, l'importanza della relazione

Perlas: "Quando inizio con un giocatore, ho bisogno solo di sapere che farà di tutto per il suo tennis"

Quando accetta di lavorare con un giocatore, ha spiegato a Elite Tennis nel 2021, "l’unica cosa che ho bisogno di sapere è che farà di tutto per il suo tennis, e lo farà perché lo vuole davvero, non perché desidera essere famoso".

Di fatto, come già aveva dichiarato al sito dell'ATP nel 2017, quello che Perlas sigla all'inizio di ogni partnership è una sorta di patto basato sull'impegno. "La prima cosa che cerco in un giocatore è che abbia almeno il mio stesso livello di impegno. Poi, non fissiamo mai i ranking come obiettivo. Ci proponiamo miglioramenti, obiettivi raggiungibili, almeno che io ritenga raggiungibili e che anche il giocatore sia convinto di poter raggiungere impegnandosi al massimo”.

Non c'è dubbio che Musetti corrisponda al profilo. L'impegno e la passione non sono mai mancati al'azzurro dal tennis neoclassico, fin da quando si è innamorato del suono della palla, come ha raccontato nell'intervista a Emanuela Audisio per D, settimanale di Repubblica. "Che poi è un suono, non una cosa che disturba. Dice, racconta, ricorda. È una questione di ritmo, di orecchio, è un battito. Ero piccolo, giocavo nello scantinato della nonna, ribattevo sul muro, c’era anche mio padre, è lì che quel suono ha iniziato a parlarmi”. E con quel suono parla una lingua differente da quella di molti top player di oggi, lontana dallo schematismo un po' brutale del tira e corri predominante nel circuito. "Sono un'altra versione del tennis che vuole esistere anche senza sparare cannonate. Ho diritto alla mia musica e al mio futuro" ha detto l'azzurro.

Jose Perlas con Fabio Fognini (Foto FITP)

Jose Perlas con Fabio Fognini (Foto FITP)

Ogni volta è come la prima

Perlas ha più volte allenato talenti dalle personalità sfaccettate, a volte incerti sul loro vero valore, e spesso ne ha cambiato la carriera. Ha portato Carlos Moya a un titolo Slam e al numero 1 del mondo, ha accompagnato Albert Costa a vincere il Roland Garros. Ha rilanciato Guillermo Coria, “Mosquito” Juan Carlos Ferrero, ha lavorato con i serbi Janko Tsiparevic e Dusan Lajovic, impressionato dalla fiducia che il coach spagnolo ha sempre mantenuto nelle sue qualità tennistiche. Ha lavorato anche con lo spagnolo “Nico” Almagro e per cinque anni, dal 2012 al 2016, con Fabio Fognini. Con Perlas, il ligure ha ottenuto i primi grandi successi del 2013, è arrivato in Top 20 e alle soglie della Top 10, poi raggiunta dopo il titolo a Monte-Carlo del 2019, il primo per un italiano in un Masters 1000.

La nuova sfida per lui sarà come una prima volta. Intanto, perché ogni nuovo percorso comporta immettersi su strade mai battute prima. "Devi studiare il tennista che alleni, definire un piano e poi lavorare, lavorare, lavorare. Non ci sono sostituti delle ore trascorse in campo e fuori" sintetizzava a Australian Tennis Magazine nel 2014. "Devi trovare la formula per tirare fuori il meglio dal tuo giocatore - faceva notare all'ATP nella già citata intervista -. E ognuno è un mondo a sé. Con l'esperienza, comunque, si percepiscono le cose in modo diverso: tutte le situazioni già vissute aiutano a trovare le chiavi giuste".

Perlas e Tartarini, insieme per Musetti: la forza delle relazioni

Ma è una prima volta anche perché si trova non a guidare, ma ad arricchire un team che si fonda sul legame tecnico e affettivo, fortissimo e speciale, tra Musetti e Simone Tartarini. “Mi ha preso che avevo 8 anni. Probabilmente siamo gli unici due al mondo che, partendo dalle scuole tennis, sono arrivati nella top-10 mondiale. Era il mio maestro, ho passato più tempo con lui che con i miei genitori, abbiamo a volte diviso lo stesso letto, quando di soldi da spendere ancora non ce n’erano. Conosce tutto di me, il bello e il brutto, la crescita umana e professionale è maturata insieme: bambino, adolescente, uomo, padre. C’è un rapporto fatto di valori e fiducia, non dimentichiamo mai da dove siamo partiti” ha detto a Emanuela Audisio.

Anche Perlas è abituato a costruire è una relazione con il giocatore che allena. "Il primo anno serve per capire come riuscire, nel secondo si ottengono i risultati, ma la cosa più difficile è proprio quella di dedicarsi con amore al tennis, senza guardarlo come a un sacrificio - diceva a Vincenzo Martucci che l'ha intervistato per l'Agenzia Giornalistica Italia nel 2019 - Altrimenti, si scappa dalle proprie responsabilità, e quindi dall’allenatore, perché è più facile dare la colpa dell’insuccesso a un altro piuttosto che a se stessi".

Per il coach spagnolo, lavorare con lui dovrebbe consentire a un giocatore di raggiungere due obiettivi. "Devi trovare come prima cosa la concentrazione. Che parte dalla motivazione giusta: devi farlo per te stesso e non per altri - diceva ad ATP nel 2017 - . E poi devi avere l’emozione, che però deve avere dei ricordi che acquisisci nell’allenamento, per cui poi in partita non ti blocchi l’esecuzione davanti alla sorpresa, alla situazione che non ti aspetti e non conosci".

Lorenzo Musetti e Simone Tartarini (Foto FITP)

Lorenzo Musetti e Simone Tartarini (Foto FITP)

Proprio dal punto di vista mentale, dell'atteggiamento in campo Musetti ha compiuto "uno dei salti di qualità maggiori di quest'anno", ha raccontato al podcast Small Talk della Juventus.

"Mi risulta un pochino più difficile degli altri, perché a livello caratteriale mi accendo facilmente. Sono molto sensibile anche fuori dal campo, certe cose faccio fatica ad assimilarle. Mi ricordo benissimo che, durante il mio percorso di crescita, ho affrontato anche attacchi di panico. Per fortuna, negli anni ho imparato a gestire le situazioni pre-gara, che sono fondamentali per entrare in campo con un certo stato d’animo".

Se non riesci a scavare dentro, ha aggiunto, "e ad affrontare le tue paure, o perdi l’incontro o ti devi ritirare. Non ci sono vie di fuga o strategie alternative. Il tennis è uno sport che aiuta nella vita, perché se sai affrontare le tue paure in campo puoi affrontarle fuori".

CHI E' JOSE' PERLAS: LA CARRIERA

La sua esperienza da coach è di sicuro prestigio. Ha allenato dal 1995 al 2000 Carlos Moya, che ha guidato alla conquista di un Roland Garros e a raggiungere la posizione di numero 1 del mondo. Ha lavorato dal 1999 al 2004 con Albert Costa, che in questo periodo ha vinto un Roland Garros. Ha allenato Guillermo Coria nel biennio 2005-06. Ha lavorato anche con Nicolas Almagro, Juan Carlos Ferrero, Janko Tipsarevic, Dusan Lajovic, Fabio Fognini.

Ha fatto parte del gruppo di capitani che hanno guidato la Spagna ai primi due trionfi in Coppa Davis nel 2000 e nel 2004, e a una terza finale nel 2003. Di quel gruppo, detto G-4, Perlas faceva parte insieme a Javier Duarte, allora coach di Alex Corretja; Jordi Vilaró, che lavorava con Félix Mantilla; e Juan Bautista Avendaño.

La sua esperienza da maestro e coach nel mondo del tennis è iniziata nel 1985, in qualità di direttore della Andres Gimeno School of Tennis. Ha fondato poi una sua accademia Dal 1994 al 1995 è stato anche coach del Centro di Alta Prestazione della RFET, la Federtennis spagnola.

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