

"Dopo le prime sconfitte da professionista, c'era chi dubitava di noi, ma ci siamo chiusi nel nostro cerchio abbiamo continuato a lavorare", ha detto il coach dell'azzurro all'ATP. "È maturato sia dentro che fuori dal campo, e l'evoluzione non è ancora finita"
di Samuele Diodato | 19 giugno 2025
Che coach Simone Tartarini sia come una figura paterna per Lorenzo Musetti, non sarà forse una novità, vista la costanza con il quale lo stesso numero 7 al mondo lo ripete. E non si tratta di una “formuletta” di circostanza, quanto più del vero punto di forza che ha portato entrambi dove sono oggi, tra i migliori al mondo nel rispettivo “mestiere”.
A qualificare come “unico” il loro rapporto, non è solo il fatto che questo vada avanti oramai da quando il carrarino aveva otto anni. Musetti, infatti, è stata una vera è propria scommessa di Tartarini, che all’ATP ha espresso tutto il suo orgoglio, la sua gratitudine nei confronti del tennista classe 2002, che gli ha cambiato a tutti gli effetti la vita.
Lorenzo, su terra, è sempre magnifico
“Un punto di svolta davvero importante è arrivato quando Lorenzo aveva 14 anni, perché ho preso la decisione di investire su di lui, sia a livello professionale che finanziario”. Tanto da lasciare il circolo di La Spezia da cui riceveva lo stipendio (e nel quale aveva conosciuto Musetti) per “viaggiare per il mondo con lui e aiutarlo a crescere”.
“Andavamo spesso in Francia, cercando sparring partner, preparatori atletici, persone che potessero aiutarci: quello è stato il primo passo di questo grande progetto che è cresciuto sempre di più nel tempo”. E che non sarebbe stato possibile, verrebbe da dire, senza l’incredibile fiducia che in lui hanno risposto anche i genitori di Musetti, col quale il legame è cresciuto di fronte a scelte “obbligate”, come quella di dividere una stanza d’albergo per risparmiare.
Così, mentre Lorenzo è passato dall’essere un bambino a diventare prima adolescente e poi uomo (e padre, presto del secondo bambino, insieme alla sua compagna, Veronica), anche in campo i risultati sono arrivati. Campione all’Australian Open junior del 2019, Musetti ha vissuto uno straordinario salto di qualità negli ultimi mesi, ritoccando il best ranking di n. 6 ATP grazie durante la stagione su terra battuta, resa speciale dalla finale nel Masters 1000 di Monte-Carlo e poi dalle tre semifinali tra Madrid, Roma ed il Roland Garros.
Un’ascesa che permette a Tartarini di togliersi anche qualche “sassolino dalla scarpa”: “Siamo cresciuti insieme in ogni senso negli ultimi 15 anni. Io non sono nato come allenatore, ma come maestro di tennis – ha puntualizzato -. Quando è diventato professionista, questo ha portato alcuni a credere che fossi inadeguato ed inesperto, dopo le prime sconfitte”.
Qui, Tartarini ha ribadito un concetto importante anche per il suo pupillo, motivo d’orgoglio per entrambi: “Abbiamo dovuto lottare contro chi la pensava in quel modo: tra me e Lorenzo c’è un rapporto molto forte, costruito su valori solidi. Per questo abbiamo dovuto chiuderci nel nostro cerchio e concentrarci su ciò che conta davvero”.
Negli ultimi mesi, invece, il salto di qualità prescinde dal mero aspetto tecnico-tattico, secondo il coach: “Ora, come giocatore, accetta di più certe situazioni. In passato, quando le cose non andavano bene, faceva fatica a gestirle. Poco a poco, quella maturità che ha acquisito fuori dal campo ha iniziato a emergere anche in campo. Ha cominciato ad accettarsi di più — come dice lui stesso, sta imparando a ‘sporcarsi un po’ di più le mani’. Ma è ancora un percorso in evoluzione e non è finita qui. Forse ci vorrà ancora un anno o due, ma credo davvero che il suo successo sia legato soprattutto a ciò che sta accadendo fuori dal campo, più di ogni altra cosa”.
Parla al plurale, Tartarini - e non certo per un ego smisurato, quanto più per compartecipazione emotiva -, anche quando racconta il momento più bello vissuto con Musetti: “Per me e Lorenzo, vincere la medaglia olimpica (il bronzo a Parigi 2024) è stato probabilmente il momento più emozionante: un traguardo enorme, 100 anni dopo l’unica medaglia nel singolare maschile (il bronzo di Uberto de Morpurgo, arrivato proprio a Parigi). Raggiungere la semifinale di uno Slam è fantastico, ma non ti porti a casa il trofeo, quindi quella medaglia è stata una tappa fondamentale per noi. E Lorenzo – ha concluso – sente su di sé il riconoscimento, da parte di tutti, nel rappresentare il tennis italiano. Vuole fare in modo che i bambini si sentano ispirati e che lui rappresenti il tennis nel miglior modo possibile”.
Non ci sono commenti