

Al Miami Open farà il suo debutto in un Masters 1000 il 17enne palermitano Federico Cinà, grazie a una wild card di IMG. Un bel test, carico di emozioni e responsabilità. Ma l’allievo di papà Francesco può dormire sonni tranquilli: spesso il debutto dei nostri è stato un successo, da Sinner a Musetti (e non solo)
08 marzo 2025
Per la stragrande maggioranza dei giocatori azzurri, il debutto nel tabellone principale di un Masters 1000 è avvenuto agli Internazionali BNL d’Italia, grazie alle wild card a disposizione della FITP. Non sarà così per Federico Cinà, il 17enne siciliano che da tempo è uno degli osservati speciali fra i teenager e continua a crescere a suon di risultati (ultima la vittoria del suo secondo titolo “pro”, la scorsa settimana a Sharm El Sheikh). Il palermitano non farà il suo esordio in un 1000 a Roma bensì al Miami Open, grazie all’invito da parte di IMG, il colosso di management che ne cura gli interessi ed è proprietario dell’evento dell’Hard Rock Stadium, dunque tutt’altro che nuovo alle wild card ai suoi baby prospetti. Cinà saggerà per la prima volta il tennis dei fenomeni a 17 anni, alla vigilia dei 18 che curiosamente festeggerà il giorno della finale in Florida, domenica 30 marzo.
Vuol dire che, a livello anagrafico, l’allievo di papà Francesco è esattamente in linea con i nostri due migliori giocatori, Jannik Sinner e Lorenzo Musetti, che a loro volta debuttarono in un Masters 1000 nell’anno della maggiore età. Il secondo aveva già spento le famose 18 candeline, il primo no, e per entrambi la prima in uno dei nove tornei secondi solo a Grand Slam e Nitto ATP Finals fu un vero successo. Come dimenticare il giovanissimo Jannik che nel 2019, sul Centrale del Foro Italico e da numero 263 Atp, superò per 1-6 6-1 7-5 un giocatore affermato come lo statunitense Steve Johnson, mostrando già la personalità del futuro numero uno. Nel primo set l’altoatesino pagò lo scotto dell’emozione e dei tanti occhi addosso, poi dominò il secondo e la spuntò nel testa a testa del terzo, risalendo da 2-5 con tanto di match-point annullato.
Un successo che ricordano bene sia lui sia Johnson, il quale di recente, nel (bel) podcast che cura coi connazionali Isner, Querrey e Sock, ha raccontato di come quella sconfitta lo destabilizzò. “Non potevo accettare la vergogna di aver perso con un 17enne: non l’avevo mai sentito nominare, tanto che pensai che fosse il momento di ritirarmi dal tennis. Ero convinto che non avrebbe più vinto un’altra partita nel circuito in tutta la sua vita”. Fortuna che coi pronostici ci sapeva fare poco.
L’anno successivo, invece, a far sognare il pubblico romano (seppur da casa: era l’edizione settembrina a porte chiuse causa pandemia) ci pensò Lorenzo Musetti: prima tre vittorie nelle qualificazioni per guadagnarsi il primo main draw in un 1000, quindi un debutto di lusso contro niente meno che un tre volte campione Slam quale Stan Wawrinka, superato per 6-0 7-6. Non contento, due giorni più tardi il talento di Carrara si prese anche lo scalpo di Kei Nishikori, uno che al Foro Italico aveva giocato tre quarti e una semifinale persa contro Djokovic per 7-6 al terzo, imponendosi per 6-3 6-4. A fermare la corsa di Musetti ci pensarono il tedesco Koepfer e la stanchezza, ma cinque anni più tardi quell’ottavo al debutto rimane il miglior risultato del toscano a Roma (eguagliato nel 2023).
Fra i nostri tennisti di oggi, Sinner e Musetti non sono stati gli unici due a vincere al debutto in un Masters 1000. Una delle prime volte più rumorose è stata quella di Andrea Vavassori, che nel 2023 a Madrid si prese addirittura il lusso di fare fuori un ex numero uno del mondo come Andy Murray, mentre Mattia Bellucci lo scorso anno a Shanghai batté il britannico Billy Harris prima di giocare un ottimo match contro Sascha Zverev. Brillante anche il rendimento di Matteo Gigante, in evidenza proprio in questi giorni a Indian Wells: in carriera, nel circuito maggiore, il mancino romano ha vinto due partite, entrambe nei 1000. La prima lo scorso anno a Roma, la seconda in California.
Pur non trattandosi di debutti assoluti, vale la pena ricordare anche le prime esperienze di altri tre dei nostri top-100: Matteo Arnaldi, Fabio Fognini e Luca Nardi. Il primo ha debuttato in un Masters 1000 con una sconfitta, nel 2022 a Roma contro Marin Cilic, ma nella sua prima esperienza lontano dal Foro Italico è stato grande protagonista l’anno successivo a Madrid. Sulla terra battuta della Caja Magica, il giocatore di Sanremo superò le qualificazioni, poi fece fuori Benoit Paire e quindi niente meno che Casper Ruud, specialista del rosso, all’epoca numero 4 del ranking ATP. Un successo che, in termini di ranking del rivale battuto, quasi due anni più tardi rimane il più prestigioso nella carriera di Arnaldi.
Tornando indietro di ben 18 anni, un torneo simile a quello giocato da Arnaldi a Madrid riuscì nel 2007 a un altro sanremese, un ventenne Fabio Fognini sul cemento di Montreal. In precedenza, Fabio aveva giocato un solo Masters 1000 (al tempo Masters Series) al Foro Italico, uscendo subito di scena, ma in Canada si superò: due vittorie nelle qualificazioni per raggiungere il tabellone principale, poi il primo successo in un torneo di categoria contro la wild card Peter Polansky e quindi un match sontuoso contro il coetaneo Andy Murray, all’epoca già fra i primi 15 del mondo. Finì 6-2 6-2 per l’azzurro, capace di regalarsi il primo ottavo di finale in un Masters prima di arrendersi a un certo Roger Federer. In una sola delle sue 11 apparizioni successive nel torneo del Canada l’azzurro è riuscito a spingersi così avanti.
Come Arnaldi, anche Luca Nardi lega a uno dei suoi primi Masters 1000, nella fattispecie il primo sul cemento, la vittoria più prestigiosa in carriera. Perché, quando lo scorso anno a Indian Wells il marchigiano è stato ammesso nel main draw come lucky loser, aveva alle spalle solo qualche esperienza (e anche una vittoria) sulla terra battuta, fra Roma e Monte Carlo. Come è andata al Tennis Garden nel deserto lo ricordano in tanti: prima il tennista classe 2003 di Pesaro ha sconfitto il cinese Zhizhen Zhang meritandosi il duello contro Novak Djokovic, e poi l’ha fatto fuori in tre set, chiudendo con un ace e diventando uno dei soli nove giocatori italiani dell’Era Open a poter dire di aver sconfitto il numero uno del mondo della classifica ATP.
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