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Tattica e mental game

Perché in campo spacchiamo le racchette?

La racchetta per molti giocatori rappresenta un pezzo di sé: spaccarla significa prendere le distanze da una parte - negativa - con la quale non si vuole avere niente a che fare in certi momenti. Vediamo perché

di | 05 agosto 2019

* psicoanalista e psicoterapeuta

Spaccare la racchetta è un comportamento che si nota a tutti i livelli del mondo tennistico, dai dilettanti ai professionisti, basti pensare – per i protagonisti del circuito Atp - a giocatori come Marat Safin, Ernests Gulbis o Goran Ivanisevic. Questi grandi campioni, probabilmente, avrebbero ottenuto risultati ancora migliori se avessero lavorato sui motivi che li portavano ad avere questi comportamenti in campo.

Per certi versi può sembrare strano che un tennista rompa la racchetta, sapendo quanta cura e quanta attenzione si dovrebbe dare all'attrezzato che gli permette di praticare il suo sport. Attrezzi che per altro oggi sono anche 'customizzate' e resi il più possibile adatti alle caratteristiche dei singoli interpreti.

Uno dei maestri della specialità, Nick Kyrgios

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Non sono pochi i giocatori che 'coccolano' la propria racchetta: prima di giocare la tengono in mano per scaldarla oppure le parlano, considerandola una vera e propria parte di loro stessi. Ma anche la racchetta spaccata è una parte di se stessi, una parte però negativa con la quale non si vuole avere niente a che fare in certi momenti. Ecco perché la si scaglia, la si distrugge, quasi a rifiutare ed eliminare la parte peggiore e brutta di sé.

Si ha difficoltà a pensare che l'errore sia attribuibile a sé: più facile attribuirne la responsabilità alla racchetta
Questi comportamenti esprimono dei demoni interni che certi tennisti vivono e che tornano a galla in situazioni legate in realtà ad altre cose vissute nella loro vita. Con i giocatori con cui ho lavorato, è stato possibile far emergere che c'era un legame con un particolare momento della loro infanzia, che si situa tra il primo e il terzo anno di vita e che coincide con il momento dell'opposizione del bambino.
In quel momento il bambino crede di essere il padrone del mondo e, invece, deve assoggettarsi alla realtà e in particolare all'educazione. Ciò non avviene in maniera semplice per tutti: molti hanno diverse difficoltà a pensare che qualcosa di loro non sia in realtà così perfetto come credono.
Questo è un po' quello che accade al tennista, che spesso ha difficoltà a pensare che l'errore sia direttamente attribuibile a sé: molto più facile, al contrario, è attribuire la responsabilità dell'errore alla racchetta, innescando così il processo che porta alla distruzione e alla sostituzione dell'attrezzo.
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