di Alessandro Mastroluca | 16 aprile 2025
Gli anni 2000 agli Internazionali BNL d'Italia in singolare maschile si aprono con l'ultima affermazione della scuola svedese a Roma. Magnus Norman, protagonista del successo sull'Italia in Davis nel 1998, a sedici anni ha preferito la borsa di studio della Federtennis svedese alla possibilitò di andare in Russia per giocare a bundy che si gioca con le mazze da hockey e una palla come quelle da tennis su un campo da calcio ghiacciato. Sport che in Svezia va molto forte e di cui il giovane Magnus era un campioncino. Al Foro Italico nel 2000 si presenta in forma strepitosa, non lascia scampo agli avversari: Grosjean, Moya, Hewitt non riescono a carpirgli nemmeno un set. In finale ci riesce Guga Kuerten, battuto al quarto, che si rifarà in finale al Roland Garros. Norman arriverà numero 2 del mondo, ma non vincerà altri Masters 1000. Gli Slam li vincerà da coach di Stan Wawrinka, capace con lui di vincere tre Slam diversi in tre finali giocate, nelle uniche occasioni in cui ha battuto un numero 1 del mondo.
Per certi versi è un anno di passaggio, come il 2002, l'anno dell'ultima apparizione al Foro di Pete Sampras e dell'unico trionfo di Andre Agassi, che nella sfida per il titolo piega Tommy Haas, il primo tedesco in finale a Roma dopo Boris Becker. Haas ha otto anni meno di Agassi. Il coach, Nick Bollettieri, lo stesso che aveva forgiato il tennis velocissimo e innovativo del giovane Andre, l'ha cresciuto in Florida per diventare “il nuovo Agassi”. Ma lo statunitense, che si presenta alla sfida per il titolo forte di 23 vittorie su 26 partite in stagione, gli concede solo sei game.
Il primo decennio degli anni 2000 è scandito soprattutto dai trionfi spagnoli. Nel 2001 sale sul trono di Roma Juan Carlos Ferrero, il "Mosquito" che a dicembre dell'anno prima aveva fatto sognare la Spagna battendo Patrick Rafter e Lleyton Hewitt in finale di Coppa Davis e guidato la Spagna al primo successo della sua storia nella manifestazione. Campione semplice e dalla faccia pulita, amante delle motociclette e del Real Madrid, a Roma aveva giocato la sua prima finale in un Future. A Roma celebra il suo primo grande trionfo su Gustavo Kuerten, il primo a giocare tre finali di fila al Foro Italico dopo Jan Kodes, trent'anni prima.
Un anno dopo a Roma completa la sua personale settimana di gloria Felix Mantilla, uno di quei giocatori che non appartiene alla schiera dei campioni ma degli umili lavoratori. Semifinalista al Roland Garros nel 1998, finalista ad Amburgo nel 1997, al Foro in quell'estate caldissima del 2003 si esalta come un gladiatore. Batte Yevgeny Kafelnikov in semifinale e in finale Roger Federer. Vince così il titolo di maggior prestigio della sua carriera e finisce per commuovere anche tutto il pubblico di Roma.
Ben diversi la storia e lo stile di Carlos Moya, campione nel 2004 al Foro dove non era mai arrivato prima nemmeno in semifinale. Numero 1 del mondo nel 1999, già campione al Roland Garros e a Monte-Carlo, finalista all'allora Tennis Masters Cup, ogggi Nitto ATP Finals, Moya ha giocato praticamente sempre al Foro dal 1996. Il 2004 non sembra l'anno giusto, è già esploso Federer, ma il maiorchino arriva in grandissima forma, trionfa e apre la strada per il nuovo re di Roma, il suo amico Rafa Nadal che diventerà il campione più titolato di sempre.
La storia delle storie comincia nel 2005. Nadal non ha ancora 19 anni, ma è già numero 7 del mondo. Il pubblico di Roma non l'ha mai visto giocare, ma per innamorarsi di lui gli basta molto meno di un'ora. La finale del 2005 resta la più lunga in singolare maschile, 5 ore e 14 minuti, e anche una delle più belle. Da lì ad un mese Rafael Nadal centrerà anche il suo primo Roland Garros: un altro tassello nella strada per la gloria del campione più vincente di sempre sul rosso.
La stretta di mano tra Rafa Nadal e Roger Federer dopo la finale degli Internazionali BNL d'Italia 2006 (Getty Images)
Ma il vero momento della svolta è il 2006. Al primo turno batte l'amico Carlos Moya. È la seconda volta nella storia del torneo che all'esordio si affrontano i vincitori delle due precedenti edizioni: era già successo nel 1978 quando Adriano Panatta, campione nel 1976, esordì contro Vitas Gerulaitis, che si era imposto nel ‘77. Elimina poi Volandri, Henman, Fernando Gonzalez e Monfils cedendo appena 18 game. In finale, l'ultima al meglio dei cinque set, si scontra con il rivale che definirà quel decennio, Roger Federer.
La loro è la prima rivalità tennistica nell'era dei social, i due si rispettano ma generano opposti estremismi come nessun altro nell'era moderna. La finale del 2006 è il Borg contro McEnroe dell'era moderna. Federer gioca il suo tennis migliore di sempre sul rosso, e arriva per due volte a un punto dalla vittoria. Ma non basta. Federer ha vinto 26 degli ultimi 38 tornei giocati e nel 2006 prima di quella finale ha perso solo due partite, sempre contro Nadal. Il maiorchino trasforma ogni partita in una guerra di logoramento. La sua è una presa sistematica del centro del campo che sfianca lo svizzero. Nadal vince nonostante lo svizzero abbia ottenuto cinque punti in più e giocato un tennis sublime. Rafa festeggia ed eguaglia due primati in un colpo solo: i 16 tornei vinti prima dei vent'anni da Bjorn Borg e le 53 vittorie consecutive sulla terra rossa di Guillermo Vilas.
2005
— Tennis TV (@TennisTV) May 16, 2021
2006
2007
2009
2010
2012
2013
2018
2019
2021 ??
Rafa ?? Rome#IBI21 pic.twitter.com/sBWdN2zUnE
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