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L'allenamento

La giornata tipo di Shapovalov: mobilitazione, campo, 'fisio' e...

Stefano De Pirro, 33 anni, ci racconta la giornata tipo di un top player come Denis Shapovalov: “Cambia molto a seconda del periodo dell’anno e se ci si sta allenando o se si è nel bel mezzo di un torneo”. Fondamentale avere un programma ma è importante anche saper variare

di | 16 dicembre 2019

Sveglia e caffè, barba e bidet. L’esempio della giornata tipo del Ragionier Fantozzi non è proprio utile a comprendere quella di un atleta professionista. Le sue routine, gli sforzi, dall’attivazione muscolare fino al defaticamento. In mezzo, gli allenamenti, il carico, oppure - durante i tornei - il match. Accanto a lui uno staff preparato che copre le varie esigenze, da quelle tecniche a quelle prettamente fisiche.

Dalla Florida, in prospettiva 2020, il 33enne italiano Stefano De Pirro, fisioterapista da anni nel circuito Atp, ci racconta la giornata tipo di Denis Shapovalov, con cui lavora a strettissimo contatto giorno dopo giorno.

“Le giornate ovviamente sono diverse se si è in un periodo di preparazione, come adesso, o se si è nel mezzo di un torneo. Una giornata di off-season o senza incontri inizia molto presto con la colazione e quindi la mobilizzazione: un riscaldamento passivo delle articolazioni e della muscolatura che ha un effetto preventivo. Il corpo non è ancora entrato nella routine di movimento, sono io che muovo fisicamente il suo corpo, in modo che le strutture fredde inizino a sciogliersi; lo potremmo definire un ‘risveglio’, dura circa 20-30 minuti”.

 

Quindi si passa al riscaldamento attivo: “Massimo 30 minuti, una fase che lo prepara all'allenamento vero e proprio: corsa a ritmo blando, elastici, qualche peso senza esagerare. Si arriva così all'allenamento in campo, che può focalizzarsi su vari aspetti tecnici o tattici. Quindi c'è il defaticamento, un lavoro mirato a riportarlo a livelli standard”. E questa è soltanto la mattina: “Sì, perché poi segue il pranzo, riposo, e di nuovo si riparte con riscaldamento, allenamento in campo vero e proprio (un paio d'ore) e si chiude ancora una volta col defaticamento”.
Certamente qualcosa di tanto in tanto varia: “A seconda delle esigenze e del programma di lavoro studiato dal preparatore - spiega De Pirro - inseriamo una sessione di lavoro in palestra, che può essere ‘cardio’, oppure più aerobica, più di potenza, più di velocità, dipende dagli obiettivi che ci siamo posti dal punto di vista fisico (velocità, equilibrio, reazione, esplosività…). Il campo è molto vasto, ci focalizziamo sui vari obiettivi per un tempo complessivo di un'ora e mezza”.

Non è finita qui: “La parte finale è quella puramente fisioterapica, il mio campo più specifico: facciamo 20-30 minuti di allungamento, poi il recupero che può essere inteso come massaggio semplice per far recuperare il muscolo, o come fisioterapia vera e propria, quando avverte un dolore di qualche tipo e si interviene nello specifico. Questa fase dura un paio d'ore, a meno di esigenze particolari”.

E quando invece si è nel bel mezzo di un torneo? Se c'è un match in programma vale sempre tutta la prima fase della giornata, dopo il match segue la parte finale, quella di ogni giorno, cioè defaticamento e fisioterapia. Se si gioca di sera - ammette - a volte si finisce molto tardi”.

Non è detto però che tutti i pro seguano la stessa routine: “Il programma può cambiare sensibilmente, viene sempre adattato al tipo di giocatore e fattori come l'età, la disponibilità, lo schedule di gare, necessità specifiche del corpo, precedenti infortuni… Nello specifico - sottolinea - più o meno tutti affrontano le settimane prima della trasferta in Australia con un lavoro intenso in palestra e in campo. Successivamente il focus può spostarsi più sul fisico o sulla tecnica”.

Denis Shapovalov al lavoro in palestra in Florida

Stando sempre attenti a mescolare routine e diversificazione: “Avere una routine di lavoro è un bene ma ogni tanto bisogna cambiarla altrimenti diventa troppo monotona e il giocatore tende a perdere un po' di lucidità mentale e applicazione".
Avere una routine di lavoro è un bene ma ogni tanto bisogna cambiarla altrimenti diventa troppo monotona
"Uno come Denis non si lamenta, perché è consapevole che tutta questa organizzazione è parte del lavoro. Certo, alcune fasi non sono propriamente divertenti, al contrario delle fasi dell'allenamento in campo, ma si applica e tutto procede bene”. Con l’aiuto di qualche piccolo stratagemma: “Di tanto in tanto tralascio volutamente un esercizio del piano di lavoro per capire se Denis è nel focus oppure no, vedere il suo livello di attenzione. Se mi dice ‘Ste, abbiamo saltato questa fase’ capisco che è attento”.
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