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US Open, Djokovic e Alcaraz alla prova del nove

Otto precedenti (5-3 il bilancio in favore del serbo) e ora un nono confronto per guadagnarsi la finale a New York. Carlos sembra un uomo in missione, ma anche Nole ne ha una: rovinare la festa

di | 05 settembre 2025

Carlos Alcaraz e Novak Djokovic (Getty)

Carlos Alcaraz e Novak Djokovic (Getty)

Da Madrid 2022 a Melbourne 2025. Otto sfide per tre superfici. Masters1000, Slam, ATP Finals, Olimpiadi. Non c'è palcoscenico su cui la rivalità tra Novak Djokovic e Carlos Alcaraz non è andata aggiornandosi negli ultimi tre anni. Il bilancio è di 5-3 in favore del serbo, e il prossimo appuntamento è fissato per la semifinale degli US Open. "Proverò a far saltare i piani della maggior parte della gente", ha dichiarato Nole al termine del match vinto contro Taylor Fritz in cui è sembrato indossare con piacere i panni del guastafeste di fronte a un pubblico schierato tutto in favore del loro beniamino. Lo stesso pubblico che vede ora all'orizzonte la terza finale Slam in stagione tra Alcaraz e Sinner e che il serbo vorrebbe provare a far saltare. 

Sempre uscito sconfitto dagli ultimi cinque scontri diretti contro l'azzurro, il bilancio di Nole contro il murciano racconta invece un'altra storia. Un vantaggio costruito negli anni, il suo, e in contesti diversi, al termine di battaglie quasi sempre accesissime e dagli equilibri in bilico. Stili diversi, diversa l'età e l'esperienza. Ma se il serbo ha dimostrato di saper accettare e sostenere la sfida lanciatagli dalle nuove generazioni, Alcaraz - nonostante la crescita avuta nelle ultime tre stagioni - contro il detentore di 24 Slam in carriera sembra invece pagare ancora qualcosa in termini di sicurezza interiore e sudditanza psicologica. Ed è con queste premesse - "io so che tu sai che io so" - che i due scenderanno in campo per giocarsi l'accesso in finale a New York.

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Quando si incontrarono la prima volta, in semifinale a Madrid nel 2022, la spuntò Alcaraz in tre set, accolto infine a rete con benevolenza dal vecchio lupo come a sancire il suo ingresso nel tennis dei grandi. L'anno dopo però, quando se lo ritrovò di fronte al Roland Garros a una sola partita dal traguardo della finale e con tutti i favori del pronostico dalla sua, il murciano finì vittima della tensione e costretto giocare gli ultimi due set con i crampi cedendo infine il passo in quattro set. "Ero arrivato a questo match carico di buone sensazioni e ne esco deluso con me stesso - disse Alcaraz a fine partita - Sono cose che succedono e devo imparare a gestirle". 

Detto, fatto. Perché i due un mese dopo diedero vita a una delle finali più belle mai giocate a Wimbledon, vinta questa volta da Carlitos in cinque set dopo quasi cinque ore per quello che Alcaraz stesso definì "un sogno diventato realtà". Era, per lui, il secondo Slam in carriera. Soprattutto, fu una vittoria dalla portata emotiva notevole con cui si credeva fosse riuscito ad archiviare definitivamente ansie e timori che erano invece venuti a fargli visita un mese prima. 

A Cincinnati Djokovic non tardò a mischiare ancora le carte infliggendo ad Alcaraz una sconfitta in tre set al termine di una partita da lui descritta come "una delle più dure ed emozionanti che abbia mai giocato". Psicologicamente, da un lato il successo servì a Djokovic per confermare a sé stesso di essere ancora in grado di "giocare al massimo quando più occorre farlo"; dall'altro, il messaggio inviato al rivale fu ancora più chiaro, e recava in sé sete di rivincita (dell'allora trentaseienne serbo) e voglia di non cedere. anche in tornei dalla caratura inferiore a uno Slam, anche dopo aver incassato una sconfitta bruciante come quella incassata un mese prima all'AELTC. 

Il finale di stagione di Alcaraz non fu dei più brillanti. A New York fu eliminato da Medvedev in semifinale, lo swing asiatico non contribuì al cambio di rotta e giunto a Torino per le Nitto ATP Finals, il murciano finì la sua corsa proprio contro Djokovic, vincitore in due netti set che lo proiettarono poi verso il titolo di numero di fine stagione, festeggiato al termine della finale vinta contro Sinner. "Carlos riesce a tirar fuori il meglio in partite come queste, occorre fare altrettanto e provare ad affrontare la tempesta. Ed è quel che ho fatto". 

Ma il vero capolavoro Nole lo realizzò nel 2024. A Parigi, infortunatosi al ginocchio, Nole fu costretto a ritirarsi prima di giocare la semifinale presentandosi così a Wimbledon senza neanche una partita nelle gambe. Riuscì a spingersi fino alla finale dove non riuscì ad arginare l'esuberanza del suo rivale finendo sconfitto in tre set. La rivincita arrivò un mese dopo, in quella che era però la sfida a cui Nole teneva di più: la finale per l'oro olimpico ai Giochi di Parigi. Non ancora al meglio, fasciato vistosamente e consapevole di essere all'ultima chiamata per l'unico alloro che ancora mancava alla sua bacheca, Djokovic sciorinò una prestazione perfetta chiudendo con un doppio 7-6 accolto tra lacrime e incredulità. "Sono ancora sotto shock - dichiarò con l'oro al collo - Ci ho messo il suore, l'anima, il mio corpo, la mia famiglia, tutto per vincere questa medaglia a 37 anni e finalmente ce l'ho fatta".

Memorie, scorie difficili da smaltire per un Alcaraz che pochi mesi dopo sarebbe stato testimone chiamato in causa nella Coppa Davis che sancì il ritiro definitivo di Rafa Nadal. E che a gennaio si presentò a Melbourne deciso a prendersi il suo quinto Slam. Sulla sua strada trovò ancora Djokovic in un quarto di finale che il serbo finì con l'aggiudicarsi in quattro set nonostante un infortunio alla coscia trattato nel corso di un MTO che in parte ne inibì gli spostamenti. "C'era tanta energia in campo, sembrava di essere in una finale Slam e, a essere sincero, speravo lo fosse". Per riprovare il brivido di giocarne una, c'è ancora una partita da affrontare. E con lei un nuovo Alcaraz da sfidare.  

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