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Riscoprire Medvedev: storia di un predestinato che il sistema sopporta a fatica

Riscoprire Medvedev e i suoi vincenti. In campo ne ha tirati tanti contro Carlos Alcaraz in semifinale. Ma anche fuori, nonostante abbia fatto di tutto negli anni per non risultare simpatico.

di | 09 settembre 2023

Riscoprire Medvedev e i suoi vincenti. Dentro e fuori dal campo.  Diciamo la verità: ha fatto di tutto negli per non risultare simpatico. Manda all’aria la finale che tutti aspettavano. Se la prende con il pubblico, lo sfida, anzi, più lo fischiano e più lui si esalta e lo dice anche. La brutta storia della guerra non ha aiutato anche perchè di fronte ad un Rublev, padrino della sua bambina, che ha esternato in ogni modo il suo “stop the war now”, lui, Danil Medvedev,  amico personale di Putin non ha mai detto mezzo parola.

Il motivo per cui molti non lo amano è perchè ha mandato in frantumi - e in lacrime - il sogno del Grande Slam di Nole Djokovic in quella incredibile finale degli Us Open 2021. Disse Medvedev, vittorioso in tre set davanti a un pubblico che voleva in ogni modo il serbo vincitore: “Sappiamo cosa c'era in palio; mi spiace per Novak e per gli appassionati. Non l’ho mai detto a nessuno: per me sei il migliore di sempre. Oggi è comprensibile che la maggior parte del pubblico fosse per Djokovic. Non è stato facile ma mi avete dato lo stesso tanta energia: grazie lo stesso”. 

Stesso giorno, stessa cerimonia, aggiunse anche altro:  “Ultima cosa, non meno importante: oggi è un anniversario per me e per mia moglie. Durante il torneo non sapevo cosa regalarle e arrivato alla semifinale non avevo ancora un regalo, così ho pensato che avrei dovuto vincere per forza. E questo è il mio regalo…”. Era settembre 2021. Ironia e sarcasmo, furbizia e talento, coraggio, onestà e sentimento: c’era tutto questo in quelle due frasi pronunciate da Danil Medvedev con la faccia ancora stravolta, a tratti quasi mefistofelica, un personaggio di Dostoevskij, tre set da urlo, la bolgia scatenata dei 25 mila dell’Arthur Ashe stadium intorno e un quasi-eroe distrutto ai suoi piedi. 

L'estasi di Daniil, le lacrime di Nole: la finale in 12 foto

Danil Medvedev, 27 anni, forse il più grande tennista russo di sempre, il 28 febbraio 2022 è diventato il nº 1 del mondo, il primo ad infrangere il dominio dei Big Three  (Djokovic, Federer, Nadal) che a turno hanno occupato ininterrottamente la prima posizione dal 2 febbraio 2004, con la sola eccezione di Andy Murray tra il 2016 e il 2017 e oggi di Carlitos Alcaraz.

Nonostante questa vetrina, Medvedev non ha mai bucato, non fa impazzire i fan, non strappa copertine. Lo chiamano Octopus perchè quando gioca, lungo e magro com’è, si muove con dinamiche che ricordano più quelle del polipo che non i movimenti da danza classica che dovrebbe avere il tennis. Antidivo non per scelta ma perchè così hanno deciso le regole non scritte dello star system. 

Eppure Danil Medvedev sa tirare vincenti - come ha fatto stanotte contro Alcaraz - da ogni angolo e con ogni velocità sulle righe del campo e della vita. Occorre saperlo ascoltare nelle poche dichiarazioni che fa. Osservarlo accanto alla moglie Daria nei tempi di attesa tra un match e l’altro, loro due davanti allo schermo di un device, in silenzio e con le cuffie, mentre la piccola Alisa, un anno, dorme in un passeggino lì accanto. 

Riscoprire Medvedev, dunque. Cercando gli indizi nelle sue parole più che nei suoi gesti. In questo Us Open si è parlato poco di lui. L’attenzione ormai è già tutta sullo scontro generazionale Djokovic-Alcaraz, fiumi d’inchiostro e di parole si stanno consumando su questo duello epico arrivato provvidenziale a lenire la nostalgia di altri duelli, con Federer e con Nadal.

In un modo o nell’altro c’è sempre qualcosa o qualcuno che scippa la scena al giocatore russo, quasi mai protagonista, più spesso comprimario. Ma è proprio in questo suo essere condannato ad essere spettatore di uno show che lo snobba un po’ che il russo trova ogni volta l’energia per stupire, spiazzare. Qualcuno dirà: sciupare i duelli che fanno la storia. come quello che tutti si aspettavano: Djokovic vs Alcaraz. Invece due anni dopo ci saranno ancora loro, Nole e Danil.

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Ma, a proposito di vincenti e di indizi, bastava ascoltarlo alla fine del match contro Rublev. Medvedev ha detto tre cose quelle sera. Tutte illuminanti. La prima sulle condizioni di gioco, il caldo umido che ha spezzato le gambe e il fiato a molti giocatori. “Non so cosa si debba fare, in verità - ha detto il russo - Ma le condizioni di gioco in questi Us Open sono eccessive, estreme. Non voglio che qualcuno rischi la vita sul campo da tennis. Non voglio che accada qualcosa di grave e poi si dica semplicemente che sì, Medvedev lo aveva detto qualche tempo fa. Vorrei si potesse fare qualcosa ora. Non credo si possa pensare di sospendere il torneo in queste giornate, ci sono la televisione, i biglietti venduti... E non credo nemmeno che tutti accetterebbero di giocare sulla distanza dei tre set, quando il termometro passa una certa soglia. Dunque soluzioni non ne ho, ma sentivo l'urgenza di porre il problema”. Grazie.

La seconda su Alcaraz: “Sto giocando molto bene, se dovessi dire una cifra direi 10 su 10. Un paragone con due anni fa? Senza dubbio non mi sento peggio di allora, forse qualcosa meglio. Dunque sì, ho fiducia nel mio tennis. Il problema con Carlos è che per batterlo oggi devi arrivare a 11 su 10, perché il massimo potrebbe non bastare. Devi prepararti a uno che colpisce con una violenza inaudita, come nessuno nel circuito, e inoltre sa fare tutto: passanti, pallonetti, palle corte, volèe. Devi cercare di prendere le righe, quando serve prendere le righe. E non è una situazione confortante. D'altra parte io sono uno che lotta, anche se le ultime due sfide con lui le ho perse male. E in fondo nessuno è davvero imbattibile, nemmeno Rafael Nadal sulla terra ha vinto sempre. Ha vinto quasi sempre, ma qualcuno lo ha battuto”.

Geniale, in queste parole c’è esattamente la partita che ha giocato stanotte. E lui ce lo aveva spiegato. Solo che nessuno gli ha creduto.  

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Il terzo tema, il tennis. Cosa insegna questo sport?Non insegna due o tre cose, ma tante tante, diciamo 55 (risata, ndr). Cerco di pensare alle più importanti. Intanto ti insegna che tutto può cambiare in fretta. Prendete la mia stagione: in Australia ero sotto un treno, avevo perso al terzo turno e mi ritrovavo a pensare a come poter fare per riemergere. Poi da Rotterdam a Miami infilo quattro titoli e una finale. Pazzesco. Fiducia a mille. Ma non è che quando le cose vanno bene puoi rilassarti. Poi, che altro? Il tennis insegna a lottare, sì. Sai che devi restare lì fino a quando il match è finito, perché qualcosa può sempre succedere. Come nella vita: dopo un giorno terribile ti svegli la mattina seguente e magari capita qualcosa di buono che cambia la prospettiva”.    Tutti vincenti. Nessun gratuito. Qui meglio che in campo.


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