

"Mi dicevano - spiega l'americana - che non potevo prendermi una pausa così lunga e tornare competitiva per gli Slam. Io dicevo di sì. Il messaggio che ne esce è che si può dare la priorità a noi stessi, alla nostra salute, prima di seguire i tempi dello sport"
10 luglio 2025
Da una situazione mentale complicata, prossima all'esaurimento, alla finale di Wimbledon. La storia di Amanda Anisimova è la tipica storia di riscatto, per una ragazza che aveva abbandonato il tennis troppo presto, travolta dalla pressione: "Essere in finale a Wimbledon - dice - è un sogno, qualcosa che devo ancora completamente realizzare".
"Il match è stato ricco di alti e bassi e il margine è sempre minimo, quando di fronte hai la numero 1 del mondo. Le condizioni non erano facili ma sento di aver fatto il possibile dal mio punto di vista. Solo che fino a quando vinci non sei mai sicura se il tuo massimo sarà sufficiente".
"Sapevo - continua l'americana - che non potevo solo aspettare i suoi errori, ma dovevo fare qualcosa in più. Sono stata brava a gestire i turni di servizio e poi a essere aggressiva appena potevo. Ci sono stati degli errori da parte di entrambe, ma entrambe abbiamo cercato di essere propositive".
Ma che significa, questo risultato, dopo tutto quello che è accaduto? "Ho provato a chi non ci credeva che il mio sogno di tornare e arrivare in alto era concreto. Mi dicevano che non potevo prendermi una pausa così lunga e tornare competitiva per gli Slam. Io dicevo di sì. Il messaggio che ne esce è che si può dare la priorità a noi stessi, alla nostra salute, prima di seguire i tempi dello sport".
Sulla sua avversaria in finale, Iga Swiatek, Amanda ha parole di elogio: "Straordinaria giocatrice, che ha saputo ispirarmi col suo percorso. Ci conosciamo da quando eravamo Under, ci eravamo incrociate in una Fed Cup Junior e in tanti le pronosticavano un grande avvenire. Io quella partita la persi e quei coach ovviamente hanno avuto ragione: la sua etica del lavoro è incredibile".
Delusa, ma ancora capace di sorridere, Aryna Sabalenka: "Ragazzi - dice entrando in conferenza stampa - non so cosa vi aspettiate da me ma non vedrete niente di simile alla conferenza del Roland Garros...". Poi, tornando appena più seria: "Perdere fa schifo, sapete? Quando accade, subito dopo vorresti scomparire, non vorresti nemmeno più esistere. Ma poi ti siedi, rifletti un po' e pensi alle cose che avresti potuto fare meglio, come pure all'avversaria e alle sue qualità. Vedi le cose da un'altra prospettiva e metti tutto in relazione alla situazione, capisci davvero cosa è accaduto. Il primo momento dopo la sconfitta però è terribile: quando arrivi così vicino al tuo sogno e lo manchi, fa male".
"Nel complesso - continua la bielorussa - ho risposto male, molto peggio che nei match precedenti. E nell'ultimo game al servizio sono stata travolta dal suo tennis. Lei è stata più coraggiosa di me, questo è sicuro. A un certo punto del match mi sono dimenticata di essere la numero 1 del mondo. E mi muovevo male, ho commesso errori perché non mi facevo trovare pronta".
Come si può definire dunque, oggi, la sua relazione con Wimbledon? "Oggi la mia relazione con Wimbledon è di odio, visto quello che è accaduto. Tre semi perse, un anno sono stata bannata, un'altra volta ero infortunata. Ma forse un giorno potrò vincerlo e allora mi guarderò indietro e penserò che tutto questo percorso complicato mi ha aiutato. Solo che dirlo adesso è difficile. La verità però è che non bisogna mai mollare".
Non sono mancati i momenti tesi, anche fra le due avversaie. "Non mi è piaciuto quando a un certo momento si è messa a celebrare un punto troppo presto, quando io potevo ancora giocare. Mi sono arrabbiata, sì, e avrei dovuto ricordarmi più spesso di quel punto, così l'arrabbiattura mi avrebbe aiutato a spingere di più. Entrando in campo non pensavo ai nostri precedenti, perché ogni partita è diversa. Ma certo lei è una giocatrice iper aggressiva e non è l'erba la superficie ideale per smontare il suo tennis".
Ma cosa è cambiato, in Aryna, per riuscire a gestire una sconfitta così dura? "Durante il match mi è passato per la testa di urlare, buttare la racchetta, sfogarmi, ma non è un'opzione. Mi devo controllare, anche di fronte ai media. Non voglio essere quella senza controllo del Roland Garros. Ed è incredibile che sia così avanti nel ranking, pur non avendo ancora vinto Slam quest'anno...".
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