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Padel

La rinascita di Maxi Sanchez: il coraggio di cambiare

Dopo il primo torneo del 2021 Maxi Sanchez ha deciso di “scaricare” Tito Allemandi per puntare su Luciano Capra. La scelta gli è costata un sacco di critiche per le tempistiche, ma ha avuto ragione lui. Col nuovo compagno l’ex n.1 del mondo ha vinto a sorpresa il Master di Valladolid, rilanciando ambizioni che parevano dimenticate

di | 09 luglio 2021

Maxi Sanchez ci ha visto lungo. Dopo solamente il primo torneo del 2021 aveva annunciato l’immediata separazione dal suo nuovo partner Adrian “Tito” Allemandi, beccandosi una valanga di critiche a causa di una decisione (apparentemente affrettata) che aveva sorpreso persino il compagno, determinato per il loro nuovo progetto insieme. Ma l’argentino aveva capito tutto in anticipo. Si era accorto già nella pre-season che qualcosa non funzionava, ma ha voluto comunque fare un test sul campo. A Madrid non è andata bene, così Maxi ha scelto di non perdere troppo tempo, cambiare rotta e puntare su Luciano Capra.

Ha avuto ragione, individuando la ricetta che ha generato l’impresa del Master di Valladolid. Per Capra è stato il primo in assoluto nel World Padel Tour, per Maxi il ventiduesimo (solo Bela, Lima e Sanyo hanno vinto di più), ma “El Tiburon” non ne conquistava uno da circa un anno e mezzo, e arrivava dalla sua prima stagione senza titoli (il 2020) da quando è nato il WPT. Una rinascita a tutti gli effetti.

Con Allemandi – ha raccontato Sanchez in un’intervista al portale argentino Olè – ci siamo allenati tantissimo nel corso della pre-season, ma già lì mi sono accorto che fra noi due non c’era quell’intesa necessaria per fare grandi cose in campo. Non basta essere ottimi giocatori: per eccellere serve grande alchimia sia dentro al campo sia fuori. Senza di quella, è difficile trionfare. O almeno questo è quanto mi insegna la mia esperienza”.
Così ha salutato Allemandi e ha telefonato a Capra, che si era impegnato per il 2021 con Pablo Lijo, ma alla chiamata di un ex numero uno del mondo non poteva certo dire di no. “L’ho sempre apprezzato molto – dice – perché ha coraggio e carattere. Io ci metto l’esperienza, e ho bisogno di un compagno con grande entusiasmo. E poi è mancino, alto e potente: caratteristiche che fanno bene al mio gioco. Sapevo che insieme avremmo avuto un potenziale importante”.

La scelta di puntare su di lui era rischiosa, perché accoppiandosi a un giocatore molto più indietro in classifica è stato obbligato a dire addio a una delle otto teste di serie, ma era convinto delle loro potenzialità. “L’ho tenuto in considerazione, ma l’importante era ritrovarmi e ripartire. La classifica viene in seguito, e la top-8 basta riconquistarsela”. Ce l’hanno fatta col successo a Valladolid, salendo addirittura al n.3 della Race stagionale. Non mi sarei mai aspettato che nel nostro quinto torneo insieme saremmo diventati campioni. È stato un vero successo riuscirci così presto, ma ce lo siamo meritati per l’impegno delle ultime settimane”.

La crescita della coppia era evidente. Al primo torneo hanno perso subito, ma poi si sono fatti notare a ripetizione: quarti a Vigo, perdendo in tre set da Bela/Sanyo; poi di nuovo a Santander; quindi una gran bella partita all’esordio a Marbella contro Galan/Lebron, che gli ha dato la spinta per l’impresa di Valladolid, in uno degli scenari più affascinanti dell’intero circuito mondiale. Al primo turno hanno dovuto salvare un match-point a Mendez-Rubio (battuti per 4-6 7-6 7-6), al secondo hanno superato con un’altra battaglia (6-3 6-7 7-6) la coppia Tapia-Lima e lì hanno capito che poteva essere giunto il loro momento.

Dopo quel successo, ottenuto con grande solidità e lottando su ogni palla, ho detto a Lucho che continuando di quel passo avremmo avuto chance di conquistare il titolo. Naturalmente mancavano ancora tre match e la strada pareva lunghissima, ma abbiamo iniziato a crederci”. E hanno fatto bene: nei quarti hanno passeggiato contro Yanguas/Ramirez, in semifinale hanno battuto Bela/Sanyo in tre set e in una finale tutta argentina l’hanno spuntata per 6-3 6-4 su Tello/Chingotto, diventando la prima coppia non testa di serie capace di vincere un torneo nella storia del World Padel Tour.

Per il 34enne di Villa Mercedes una soddisfazione doppia, dopo le tante critiche delle settimane precedenti. “Chi dice di riuscire a non badare ai commenti delle gente, mente. Il segreto è prepararsi prima. Quando ho comunicato la decisione di separarmi da Allemandi sapevo cosa aspettarmi, visto che avevamo giocato insieme un solo torneo. Ma mi sono assunto le mie responsabilità e ho cambiato. Non ci ho visto nulla di male: quando una persona cambia qualcosa, lo fa perché pensa di poterne trarre dei benefici. Le critiche non mi spaventano, purché siano costruttive. Purtroppo non sempre è così”.

Per uno che in carriera ha vinto oltre 20 tornei del World Padel Tour, ben 13 solo nel biennio 2018-2019 con Sanyo Gutierrez, il titolo a Valladolid non cambia la vita. Ma di certo ne rilancia delle ambizioni che parevano un po’ sopite. “Quanto fatto a Valladolid – ha detto ancora Maxi – ci fa credere di poter ambire a risultati sempre più importanti. Puntare al numero uno del mondo (Maxi lo è già stato, sia in coppia con Sanyo sia da solo, ndr) è un obiettivo molto ambizioso, ma è così che si trova ogni giorno la forza di allenarsi. Tuttavia, il nostro obiettivo realistico è quello di arrivare il più spesso possibile fra i semifinalisti, e di chiudere l’anno fra le prime 4 coppie della classifica".

Al momento sono la terza, quindi perfettamente in linea con l’obiettivo, e nell’Open di Valencia di questa settimana sono partiti con un ottimo successo. Segno che hanno ancora fame. “Questa è la miglior stagione nella storia del padel mondiale. Il gioco è diventato sempre più rapido, con giocatori forti fisicamente. I punti si chiudono con pochi colpi e bisogna essere velocissimi a prendere le decisioni. Ma non si può dire che il gioco sia cambiato al 100%: a inizio stagione, a Madrid su un campo velocissimo, hanno vinto Bela-Sanyo giocando un padel classico, mentre nel torneo successivo ad Alicante, su un campo più lento, hanno vinto Galan/Lebron. È pur sempre padel: la tattica fa ancora la differenza. Io preferisco il gioco classico, ma mi affascina l’evoluzione degli ultimi anni. Anche perché noi giocatori che arriviamo da un padel più ragionato ci siamo dovuti adattare a una versione più veloce e potente”.

Sanchez l’ha fatto alla grande, e ha tutto per restare ancora a lungo fra i principali protagonisti di un padel sempre più internazionale. “Rispetto al calcio e al tennis siamo ancora molto indietro in termini di guadagni – precisa – ma negli ultimi 15 anni il padel ha fatto progressi enormi. Quando sono arrivato in Spagna nel 2007, il calendario prevedeva solo otto eventi. Anno dopo anno sono aumentati sempre di più, e oggi giochiamo in tante nazioni diverse, con grande diffusione in tv e sui social. Possiamo riempire degli stadi da 10.000 spettatori, e questo, per chi come me ha vissuto i primi anni in Argentina, era qualcosa di impensabile. Il World Padel Tour ha svolto un lavoro favoloso, e ci attendono tanti altri anni di crescita. Mi piacerebbe vedere la disciplina diffondersi in sempre più nazioni, e in questo avrà un ruolo determinante la tv. È fondamentale che vengano trasmesse sempre più partite”.

Ne guadagnerebbe il padel, e di riflesso anche tutti i suoi protagonisti. Come lui, appena tornato fra i grandissimi. Per rimanerci.


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