

Sinner domina il primo set della semifinale di Monte-Carlo contro Rune, ma dopo una lunga interruzione per pioggia il danese cambia la partita. Alla fine si impone per 1-6 7-5 7-5, sfruttando un break nell'ultimo game
di Cristian Sonzogni | 15 aprile 2023
Maturità contro faccia tosta. A pochi minuti dalle 22 di un sabato sera poco fortunato per i colori italiani, il duello della semifinale di Monte-Carlo lo porta a casa Holger Rune, con un 1-6 7-5 7-5 dopo due ore e 46 minuti che lascia tanto amaro in bocca all'azzurro, ma consacra una volta di più il danese dal carattere spigoloso come un talento eccezionale, di quelli che nascono ogni tanto, tanto tempo. È difficile riassumere una partita del genere, che ne contiene almeno tre o quattro. Partendo da una prima parte in cui la maturità di Jannik aveva preso il sopravvento. La maturità di presentarsi in campo tre ore dopo l'orario programmato (causa lungo stop per pioggia durante Rublev-Fritz), in condizioni climatiche da Alto Adige in inverno, con 10 gradi e un vento forte e gelido a spazzare il campo, e fregarsene di tutto, facendo il proprio gioco a testa bassa. La maturità di inchiodare Holger Rune per mezzora al ruolo di comprimario, quello di un buon colpitore senza (per l'occasione) né capo né coda. La maturità di non dare nulla per scontato, non un punto, non un gesto. Tutto studiato come un allievo che si prepara per l'esame con l'obiettivo non soltanto di passarlo, ma di essere il migliore della classe, della scuola.
Jannik Sinner si sarebbe voluto presentare domenica pomeriggio sul Centrale del Country Club (inizio alle 14.30) per vincere il primo Mille della sua carriera, dopo aver mancato l'occasione due anni fa, nella finale di Miami contro Hubert Hurkacz, e – sugli stessi campi della Florida – pure quella più recente contro Daniil Medvedev. Invece si è dovuto piegare di fronte a un ragazzino più giovane di lui di due anni, eppure già in grado di mettere in bacheca un trofeo di questo livello, a Parigi Bercy lo scorso anno, quando superò Novak Djokovic in finale. Per questo, oltre che per il valore assoluto del talento danese, la partita di semifinale era una montagna bella alta da scalare, per Jannik. Ancora di più dopo che il clima umido e freddo di una giornata novembrina aveva trasformato la terra monegasca in qualcosa di molto diverso dal simil-cemento dei giorni precedenti.
In tribuna Simone Vagnozzi e lo staff dell'altoatesino sono bardati con berretto e giacca a vento, come nemmeno a Sesto Pusteria. Eppure il pubblico si scalda in fretta: i tifosi italiani sono rimasti pressoché tutti, durante la prima pausa per pioggia, e ci mancherebbe pure il contrario. Chi è riuscito ad accapparrarsi un posto per questa semifinale storica per il tennis tricolore non se lo vuole lasciar scappare per due gocce d'acqua. Il primo set va via liscio, perché Sinner trova un break già al quarto game, ripetuto poi nel sesto e battezzato dal 6-1 definitivo. Un parziale nel quale Rune non è sostanzialmente riuscito a opporre resistenza all'italiano, né sotto il profilo tecnico, né tantomeno sotto quello della presenza carismatica. Proprio lui che prima di perdere le proverebbe tutte. Stavolta però Rune sembra tornato bambino, di fronte a un Sinner che ha due anni in più ma ne dimostra dieci di vantaggio.
Mentre tornano ad aprirsi gli ombrelli e Rune prova una timida protesta per sospendere il match, Jannik riesce a salvare in avvio di secondo set i primi tre break-point per il rivale. Non il quarto: così è il danese a provare a invertire l'inerzia del confronto. Fare una disamina tecnica di una partita del genere, giocata in queste condizioni con il vento che continua a cambiare direzione, è impresa ai limiti dell'impossibile. Molti errori sono dovuti proprio al vento che sposta la palla all'ultimo momento, le geometrie lasciano il posto alla preoccupazione di mettere la palla in campo. Cosa che spesso non riesce. Sul 3-0 Rune, con Sinner in striscia negativa, ecco la sospensione per pioggia, che nel frattempo si è fatta di nuovo importante.
Il match diventa dunque un serale: si riparte alle 20 sotto le luci artificiali. Nell'attesa, Jannik si è allenato in palestra con Umberto Ferrara e con Simone Vagnozzi, scambiando persino qualche colpo al volo a distanza ravvicinata col proprio coach. Al rientro, stavolta gli spettatori rimasti sono decisamente meno, ma la pioggia non c'è più e il vento nemmeno. È finalmente una partita di tennis, non una serie di tentativi di mettere la palla dentro alle righe.
E si torna al tema della maturità contro la faccia tosta: Jannik manca una palla break nel quinto game per rientrare nel parziale. Ma sul 3-5 trova modo di strappare il servizio a zero a un Rune sempre più nervoso, che contribuisce con un paio di gratuiti niente male. L'atteggiamento del danese è quello di sempre: quello di chi cerca di trovare una strada per vincere, al di là del fatto che stia giocando bene o male. Due set-point se ne vanno, e se sul primo Rune può recriminare per un proprio errore, sul secondo è Sinner a confezionare il miglior punto della giornata.
Potrebbe essere il colpo di grazia, per Holger, che se la prende con gli italiani in tribuna facendo segno di stare zitti. Invece proprio da quella situazione complicata il numero 9 del mondo trae ulteriore forza. Tanto che sul 6-5, al quarto tentativo, il terzo set se lo prende per davvero. E il terzo set, ovviamente, è una battaglia.
Rune adesso è tornato il ragazzino terribile che ha spaventato più o meno tutti, da qualche tempo a questa parte. Il ragazzino che pare distrarsi ma che poi – come fanno solo i grandi – usa le sue distrazioni e le sue arrabbiature a proprio vantaggio. Di più: pare quasi che si diverta, nel caos: tra un litigio e l'altro col pubblico, sotto sotto Holger se la ride. Giusto per far capire come prende una semifinale di un Masters 1000, roba che ad altri farebbe tremare le vene dei polsi. Sinner continua a spingere ma non riesce a variare, anche perché il ritmo tenuto dal rivale è davvero elevato. Il campo umido, inoltre, aiuta le difese del danese, che proprio difese vere non sono, essendo nella maggior parte dei casi travestite da contrattacchi. Così Jannik rinuncia anche a venire avanti, cosa che aveva fatto con maggiore costanza in avvio, con il supporto del vento.
L'inerzia sembra andare verso la Danimarca: Rune abbonda di personalità, è quasi impeccabile al servizio e sembra non soffrire i cambi di ritmo dell'azzurro, che nel frattempo è calato con la percentuale di prime. Serve mezzora per i primi 5 game (3-2 Rune), e ogni gioco rimane in bilico. Sinner rischia parecchio nell'ottavo game, due doppi falli e due palle break che l'altoatesino annulla con molto coraggio. Il problema è che l'altro non sembra soffrire nulla, mentalmente, nemmeno un simil match-point sparato sui teloni dopo una seconda di servizio dell'avversario. Ormai vince chi ha i nervi più saldi, non tanto chi gioca meglio a tennis. Oppure vince chi è più incosciente. Chi ha più faccia tosta. Sul 6-5 in favore del più giovane, Sinner vola 30-0 ma commette un paio di ingenuità. Rune invece resta lì come un avvoltoio in attesa della preda. Si prende quattro punti di fila, la partita e una finale da favorito contro Andrey Rublev. Per Sinner, la terza semifinale di fila in un 1000 ha un sapore amaro. Ma non così amaro da rovinare un'altra settimana importante.
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