

Stasera per il ciclo "Us Open Story" alle 21.30 SuperTennis vi propone la finale femminile dell'edizione 2018 vinta da Naomi Osaka su Serena Williams. Una partita rimasta nella storia. Ecco tre motivi per vederla
di Alessandro Mastroluca | 01 giugno 2023
Dopo oltre trent'anni, lo US Open sarà trasmesso in chiaro. Per la prima volta sarà SuperTennis a offrire a tutti gli appassionati, gratis, l'ultimo Slam della stagione.
Per avvicinarci al meglio alla grande esclusiva del 2023 su SuperTennis, durante il Roland Garros e Wimbledon trasmetteremo alcuni grandi match della storia dello US Open. Stasera trasmetteremo la finale 2018 Osaka-Serena Williams: ecco i tre motivi per vederla o rivederla.
1 - Perché è una finale simbolo
Nel cinquantesimo anniversario del trionfo di Arthur Ashe, il primo campione nero nella storia dello US Open, campione peraltro nella prima edizione Open, la sfida per il titolo non potrebbe essere più significativa.
Da una parte Naomi Osaka, prima giapponese in una finale Slam, che con il razzismo convive da sempre perché figlia di un matrimonio misto tra una donna giapponese e un uomo haitiano; dall'altra Serena Williams, simbolo di tutto quello che un atleta nero potrebbe sperare di diventare. Naomi e Serena hanno 16 anni e 20 giorni di differenza. Allo US Open non si vedeva una finale fra due giocatrici con età così distanti dal 1991, quando Monica seles superò Martina Navratilova, più grande di 17 anni e 45 giorni.
2 - Per rivedere Osaka nella sua versione migliore
A vent'anni non è facile misurarsi con una leggenda dall'altra parte della rete. Non è facile restare fedeli al piano di gioco e a un'indole aggressiva contro una leggenda che ha vinto più partite di tutte allo US Open. Eppure Osaka ha breakato Serena due volte per set e chiuso una finale sorprendentemente a senso unico dopo 81 minuti. Di palle break ne ha salvate cinque su sei, e questo porta a 24 opportunità su 28 il suo bilancio complessivo nel torneo. E' il suo capolavoro, il suo primo titolo Slam alla prima finale. Un capolavoro inatteso per misura e precocità: Osaka è infatti in quel momento la più giovane finalista Slam dal 2009.
3 - Perché dopo la partita si è parlato solo di Serena
Rivedere la finale permette di dare il giusto merito a Osaka. Quel merito che la giapponese non ha avuto dopo la partita. Tutti infatti hanno parlato di serena per la protesta contro il giudice di sedia Carlos ramos. E' iniziato tutto nel secondo game del secondo set quando Ramos la ammonisce perché ha ricevuto consigli dal coach Patrick Mouratoglou, che poi ammetterà il coaching. “Non ho mai imbrogliato, piuttosto preferisco perdere”, grida Serena che recupera il break nel quarto game, lo perde di nuovo nel quinto e spacca la racchetta. E' la seconda violazione, Ramos la punisce con un punto di penalità. Di nuovo breakata nel settimo game, Serena esplode verso il giudice di sedia. "Ha messo in dubbio la mia lealtà, ora mi deve delle scuse. Lei non arbitrerà mai più una mia partita per tutto il resto della sua vita". Serena chiama Ramos bugiardo e ladro, l'arbitro allora la punisce ancora, stavolta togliendole un game. La sua rabbia non fa che aumentare. "Ma lo sa quanti uomini dicono nefandezze peggiori e la fanno franca? Ma sono uomini e non gli accade niente. E siccome io sono una donna mi toglie un game?" dice al referee del torneo.
La protesta di Serena Williams contro Carlos Ramos durante la finale dello US Open 2018 (Getty Images)
"Serena Williams è come un super-eroe, e come tutti i super-eroi ha la sua debolezza. Possiamo comprendere l'entità dei fardelli gemelli del sessismo e del razzismo che ha portato sulle spalle, e allo stesso tempo ammettere che avrebbe potuto comportarsi meglio nella parte conclusiva della finale - ha scritto Byan Armen Gragam sul Guardian -. I suoi commenti in campo, anche durante la cerimonia di premiazione e in conferenza stampa, dimostrano la sua abitudine di mescolare tutto insieme, il buono e il non buono, per scusare il suo cattivo comportamento". Tornare a guardare la finale, a cinque anni di distanza, offre nuovi punti di vista su un momento rivelatore. E' come rileggere un bel libro che pensiamo di conoscere bene. Ma se lo rileggiamo dopo qualche anno, quando noi siamo cambiati, ci parla in modo diverso. Come se fosse la prima volta.
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