-
Eventi internazionali

Italia, cento anni di Coppa Davis: che storia!

Dalla prima sfida del 1922 ad oggi, l'Italia ha regalato grandi emozioni in Coppa Davis. In questa antologia, che celebra i 100 anni dell'Italia nella manifestazione (con un logo ad hoc), le prime finali che hanno fatto sognare con Pietrangeli e Sirola, il trionfo del 1976, il sogno infranto del 1998 e la rinascita dell'ultimo decennio

di | 19 giugno 2022

Fillol, Cornejo, Panatta, Bertolucci e Pietrangeli con la Coppa Davis in occasione della finale del 1976 in Cile (Tonelli)

Fillol, Cornejo, Panatta, Bertolucci e Pietrangeli con la Coppa Davis in occasione della finale del 1976 in Cile (Tonelli)

Il primo match ufficiale dell'Italia in Coppa Davis è datato ufficialmente 1 giugno 1922, contro il Giappone, ma in realtà è una falsa partenza perché il 5-0 è in realtà segnato a tavolino, per rinuncia. Il vero esordio azzurro slitta quindi così al 19-21, sempre di giugno, ma in condizioni diametralmente opposte, emblema di un percorso emozionante che sarà sempre caratterizzato da alti e bassi, salite epiche e dolorose cadute. Una storia di cui si celebra oggi il centenario.

Nei quarti di finale di quel 1922, Cesare Colombo e Mino Balbi di Robecco, insieme al capitano Mario Brian, furono dunque scaraventati nella tana dei maestri inglesi, sull’erba di Roehampton. Che non è un circolo qualsiasi, è un po’ il quartier generale, il cuore del tennis su erba brit, un club storico a Londra, datato 1901. E solo a risultato acquisito gli azzurri strapparono il punto della bandiera sulla superficie più ostica e solo per rinuncia di Algernon Kingscote. Che, dopo aver vinto singole e doppio, lasciò via libera a Baldi di Robecco.

Mino Balbi di Robecco e Cesare Colombo, protagonisti dell'esordio azzurro in Coppa Davis

L'Italia di Davis del 1928: da sinistra Gaslini, De Stefani, Bocciardo e De Morpurgo

PRIMA FINALE INTERZONE

Nel 1928, il barone Uberto de Morpurgo, dal carattere forte, e quindi inviso a molti, assume il doppio ruolo di capitano-giocatore. E, con Giorgio de Stefani e il doppista Placido Gaslini, mette insieme una formazione per la prima volta competitiva: così, nel 1928 e nel 1930 gli azzurri vincono il tabellone europeo anche se poi si arrendono inesorabilmente agli Stati Uniti nella finale interzone. Anche nel 1932 raggiungono una finale europea, poi il filone d’oro s’esaurisce.

DUE FINALI DI FILA

L’avvento di Nicola Pietrangeli, cui s’aggiunge Orlando Sirola, come secondo singolarista e ideale “spalla” di doppio, rilancia l’Italia in una nuova dimensione. Non ci sono limiti di superficie, come dice il 4-1 contro gli inglesi sull’erba di Wimbledon e il 3-2 contro gli statunitensi sul verde di Perth, dove gli azzurri mettono una pietra miliare nel Guinness dei primati: dopo che Buchholz ha battuto Sirola in 4 set e McKay ha domato Pietrangeli per 13-11 al quinto set, la coppia italiana rompe l’incantesimo in doppio contro Buchholz-McKinley, quindi Nicola si riscatta in 5 set contro Buchholz firmando il 2-2 e Sirola decide in tre set contro McKay. Purtroppo la finale, sull’erba di Sydney è chiusa dai grandi attori dei gesti bianchi Rod Laver, Roy Emerson e Neale Fraser che firmano il 4-1. La replica dell’anno successivo è ancor più evidente, col 4-1 di Roma, sulla terra rossa contro gli USA, e poi ancora la finale contro i “canguri” che finisce in modo ancor più netto: 5-0. Malgrado un bellissimo Laver-Pietrangeli a risultato acquisito che Rocket si aggiudica per 8-6 al quinto. 

Italia e Australia schierate con la Coppa Davis in occasione della finale del 1961

IL TRIONFO DI SANTIAGO

Nicola Pietrangeli, tuttora primatista assoluto in coppa Davis con 164 match mate giocati, si ritira come giocatore ma diventa il capitano della nazionale ereditando da Mario Belardinelli il formidabile quartetto Adriano Panatta, Corrado Barazzutti, Paolo Bertolucci e Tonino Zugarelli. “La squadra” quattro finali in cinque anni, e si aggiudica la Coppa a Santiago del Cile nel 1976, per poi ripresentarsi sotto il traguardo - ancora e sempre in trasferta - nel ’77 (in Australia), ’79 (Usa) e ’80 (Cecoslovacchia).

SETTIMA FINALE 

L’unica finale dell’Italia disputata in patria è la più sfortunata di tutte. La FIT fa riempire di terra rossa il Forum di Assago, a Milano, per contrastare la corazzata della Svezia. Ma, al primo singolare, il leader della squadra, Andrea Gaudenzi, già sofferente da tempo alla spalla destra che gioca imbottito di antidolorifici, si rompe definitivamente un tendine sul 7-6 6-7 6-4 3-6 6-6 contro Magnus Norman. E con lui, che il giorno dopo deve operarsi, vanno mestamente a picco in un attimo tutta la squadra e i sogni italici. 

RITORNO DALL’INFERNO

Dopo la prima retrocessione in serie B e quindi addirittura in C, nel 2011, dopo undici anni, l’Italia torna nel Gruppo Mondiale battendo il Cile 4-1 nello spareggio grazie al quartetto Fognini, Bolelli, Starace e Bracciali. E, nel 2014 deve arrendersi in semifinale a Ginevra alla Svizzera di Federer e Wawrinka, firmando l’ultimo acuto della formula tradizionale di coppa Davis. Con il nuovo formato la squadra si arricchisce di talento, gioventù e anche quantità, con Berrettini, Sonego, Sinner e Musetti. E con l’apporto dei veterani Bolelli e Fognini rilancia la sfida al livello più alto. 

Loading...

Altri articoli che potrebbero piacerti