

Battendo De Minaur, Berrettini diventa il secondo finalista italiano nello storico torneo del Queen's, iniziato a fine Ottocento
di Alessandro Mastroluca | 19 giugno 2021
Matteo Berrettini mette le ali anche sull'erba. Il numero 1 d'Italia si prepara alla seconda finale in carriera sull'erba, la prima al Queen's di Londra, complesso aristocratico e storico che si chiama così in onore della regina Vittoria.
All'epoca secondo impianto polisportivo al mondo, è stato progettato da William Marshall, finalista nella prima edizione di Wimbledon nel 1877. Dieci anni dopo ha ospitato il primo evento, l'annuale sfida fra le università di Oxford e Cambridge. Dal 1890 ospita il torneo in cui Berrettini aspira a primeggiare.
L'albo d'oro è impreziosito da future leggende Slam e campioni di Wimbledon (in oltre venti casi chi ha vinto al Queen's avrebbe poi trionfato ai Championships nella stessa stagione). Al Queen's negli anni dei pionieri hanno vinto Joshua Pim, irlandese la cui famiglia aveva fatto fortuna con un cocktail ancora molto apprezzato in Gran Bretagna (il Pimm's, appunto) e Tony Wilding, ultimo divo prima della Grande Guerra: alto, biondo, sempre alla guida di motociclette e auto sportive. Nell'albo d'oro c'è Lawrence Doherty ma non il gemello Reginald. A loro, oggi, sono intitolati i cancelli dai quali si entra all'All England Club che ospita Wimbledon.
Fra le due guerre, hanno impreziosito il torneo i successi di Bill Tilden e di Don Budge, il primo nella storia a completare il Grande Slam. Il secondo Rod Laver, avrebbe ripetuto l'impresa nel 1962 anticipando il successo a Wimbledon alzando anche il trofeo del Queen's. Non ha vinto, invece, nel 1969 quando avrebbe ripetuto lo Slam anche nell'era Open.
Murray ritrova l'erba e la vittoria, ma si ferma con Berrettini
Dal 1981, si sono moltiplicati i casi di doppietta Queen's-Wimbledon nello stesso anno. L'uno due è riuscito a John McEnroe (1981, ’84), Jimmy Connors (1982), Boris Becker (1985), Pete Sampras (1995, ’99), Lleyton Hewitt (2002), Rafael Nadal (2008) e Andy Murray (2013 e 2016), il più titolato con cinque affermazioni nella storia del torneo. C'è anche chi, come Ivan Lendl, si è imposto per due volte qui ma non è mai riuscito ad alzare la coppa d'argento che spetta ai campioni di Wimbledon.
Nella storia del Queen's, Berrettini è il secondo finalista italiano. Il primo, protagonista di un'edizione decisamente particolare, un francofono a suo agio sull'erba, di mamma romana e padre olandese, con la erre francese e la Juventus nel cuore. Si chiama Henri August Laurence Tieleman, parla quattro lingue e sorprende tutti nel club della regina.
E' il 1998, la nazionale di calcio ha esordito ai Mondiali in Francia senza convincere contro il Cile.
Laurence ha lasciato casa a quattordici anni, ha studiato all'accademia di Nick Bollettieri, seguito anche da Peter Fleming, storico compagno di doppio di John McEnroe. Nel 1994 ha fatto già una bella figura a Wimbledon, perdendo 11-9 al quinto contro il russo Yevgeny Kafelnikov, futuro campione Slam e numero 1 del mondo. Nel 1999 sarebbe diventato il primo italiano a battere Roger Federer in un torneo professionistico e avrebbe giocato anche per l'Italia in Coppa Davis.
Al Queen’s, parte dalle qualificazioni, che supera battendo Takao Suzuki, Osorio, e Nainkin. Nel main draw, elimina l'australiano Jason Stoltenberg, testa di serie numero 16 e il canadese Lareau, che sarebbe diventato il primo canadese a vincere uno Slam (US Open 1999, in doppio). Dopo undici anni nelle assicurazioni, è tornato nel 2020 nel mondo del tennis come coach.
Negli ottavi, Tieleman ha approfittato del ritiro del britannico Greg Rudesdski sul 2-2 nel primo set. Nei quarti vince in rimonta su Tim Henman, che avrebbe giocato di lì a poco la prima delle sue quattro semifinali a Wimbledon. In semifinale si ripete ancora, contro l'icona dello Zimbabwe Byron Black. Fanno sei successi su sei partite dopo aver perso il primo set in un solo torneo.
In finale affronta Scott Draper, che la tv australiana in un bel documentario ha definito “Comeback Kid”, il ragazzo del ritorno verrebbe da dire. Draper, nessuna parentela con il Jack che ha eliminato Sinner quest'anno, ha combattuto con una una forma di disordine ossessivo-compulsivo dopo il titolo junior a Wimbledon nel 1992.
Al Queen's ha eliminato Pat Rafter, protagonista fra i più attesi, al secondo turno. Ma ha un segreto che pochi conoscono. Sua moglie Kellie è malata. Ha la fibrosi cistica, malattia che la porterà alla morte un anno dopo.
Draper, numero 108 del mondo al momento della finale, si interessa di psicologia come Tieleman. L'australiano vince in due set, 7-6(5) 6-4, e festeggia quello che resterà l'unico titolo in carriera.
Due anni dopo l'Italia farà sognare ancora nel club della regina. Negli ottavi Andre Agassi si ritira contro Gianluca Pozzi, che diventa in quel momento il più anziano a vincere contro un numero 1 del mondo dal 1980 quando le classifiche vengono aggiornate a cadenza settimanale. Arriverà in semifinale, come Davide Sanguinetti. Si fermeranno entrambi a un passo dal sogno. Il bnarese, nel giorno del 35mo compleanno, contro Lleyton Hewitt; il viareggino, legatissimo a La Spezia, contro Pete Sampras.
Berrettini ha fatto meglio di loro battendo in due set Alex De Minaur. Ora sogna di superare anche Tieleman e diventare re nel club della regina.
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