

"La Federazione ha grande merito, abbiamo tanti eventi in Italia che ci aiutano a crescere", ha detto Musetti. Berrettini guarda anche ai giovani: "C'è un ambiente sano, e molti di noi sono cresciuti in casa, senza dover andar via"
di Samuele Diodato | 29 maggio 2025
Mentre il tennis nostrano continua a regalarsi grandi sorrisi anche al Roland Garros, anche l’ATP celebra i risultati sui quali spicca la bandiera italiana. Proprio un giorno prima dell’inizio del secondo Slam stagionale, Flavio Cobolli ha conquistato il titolo più importante della sua carriera, all’ATP 500 di Amburgo. A lui e a tutti gli altri esponenti del movimento, capeggiato al maschile da Jannik Sinner (n. 1 al mondo e tre volte campione Slam), con ben sette rappresentanti nella Top 50, l’ATP ha dedicato un focus nella newsletter.
“Come ce l’hanno fatta?”, si legge, in riferimento a quanto sopra. E la risposta arriva per prima dalle parole di Lorenzo Musetti. “È la domanda che ci viene posta più spesso", ha detto all’ATP Tour Insider. “Penso che in parte sia merito della federazione (Federazione Italiana Tennis e Padel), che fornisce alle squadre private ciò di cui hanno bisogno. Il secondo fattore è che abbiamo molti tornei in Italia: Challenger, Futures, eventi ATP, opportunità per i giovani di farsi strada fino al Tour. E in terzo luogo: un po’ di fortuna. Non so se sia una coincidenza o no, ma probabilmente siamo uno dei migliori, se non il miglior Paese al mondo nel tennis”.
Musetti incanta (di nuovo) il Foro Italico
Musetti, si legge, “fa parte della profonda rosa di giocatori italiani che si stanno facendo notare”. Definito un giocatore “atletico a tutto campo, con le sue canottiere e il suo elegante rovescio a una mano, ha raggiunto il miglior ranking in carriera (attualmente n. 7) dopo la sua prima finale in un ATP Masters 1000 a Monte-Carlo, e due semifinali consecutive a Madrid e Roma”.
Prima ancora, Sinner ha trionfato per il secondo anno di fila agli Australian Open, dove Lorenzo Sonego (n. 44) ha raggiunto per la prima volta i quarti di finale in uno Slam. Luciano Darderi (n. 45) vincitore a Marrakech e Flavio Cobolli (n. 26) che – oltre ad Amburgo – aveva conquistato il suo primo titolo in carriera all’ ATP 250 di Bucarest. “Sul circuito WTA”, conclude il pezzo, “Jasmine Paolini (n. 4) è recentemente diventata la prima donna italiana a vincere gli Internazionali BNL d’Italia dopo 40 anni”.
Jasmine, credici: hai vinto Roma!
Ultimi, ma non meno importanti, Matteo Arnaldi (n. 36) e l’ex n. 6 al mondo (oggi n. 30) Matteo Berrettini che, “nonostante stia ancora lottando con il proprio fisico, ha ottenuto vittorie di prestigio su giocatori come Novak Djokovic (anche Arnaldi, a Madrid) e Alexander Zverev nel 2025". Col serbo, n. 7 al mondo all’ATP 500 di Doha, è arrivato il primo successo in cinque precedenti, mentre Zverev (n. 2 a Monte-Carlo) rappresentato lo scalpo più importante della sua carriera.
Anche il romano, in un’intervista one-to-one, ha detto la sua sul momento d’oro del tennis italiano: “A volte ci vuole fortuna. A volte arriva una generazione di talento che non ti aspettavi. A volte devi solo aspettare che accada. La FITP sta facendo un ottimo lavoro. E tutti i ragazzi che stanno giocando provengono da un ambiente davvero sano, senza troppa pressione addosso. Sono cresciuti per lo più a casa, e penso che questo sia davvero importante. Per i ragazzi di oggi non è facile lasciare casa quando si è così giovani. Credo sia un mix di tutti questi fattori. E anche il fatto che ci stiamo aiutando a vicenda per migliorarci sempre di più. Siamo molto competitivi. Vogliamo essere migliori di tutti. Allenarci insieme, stare insieme anche in giro per il Tour, vedere volti familiari, aiuta davvero tanto”.
Berrettini e Zverev, che lotta
In ultimo, ha ricordato anche tutti i suoi momenti di difficoltà derivanti dagli infortuni, dai quali, però, è sempre tornato con la giusta energia e la volontà di fare ciò che ama. Ingredienti, però, a cui se ne aggiunge un terzo: “Il punto di svolta per me è stato quando ho accettato di poter essere debole, di poter essere triste, di dover lavorare per ricostruire la mia forza mentale".
"Nel 2023, mi sono rotto la caviglia (durante lo US Open), e ricordo che non riuscivo a tornare alla riabilitazione - ha affermato -. Non volevo andarci. In passato, quando mi infortunavo, soffrivo per tre o quattro giorni, poi sentivo quell’energia dentro di me e lavoravo duramente per tornare. Ma non è accaduto in quel caso, perché quando usi tutta quell’energia extra per tornare, il serbatoio si svuota sempre di più. Ho dovuto fermarmi e riflettere seriamente su cosa volevo fare. Pensavo che mi sarei solo infortunato di nuovo, quindi ho dovuto lavorare sulla mia mente prima ancora che sul mio corpo”.
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