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Personaggi e interviste

Valeria Solarino, attrice: “Nadal è arte viva”

La popolare attrice ha scoperto il tennis leggendo Open, l’autobiografia di Agassi e se ne è innamorata. “Quel libro mi ha mostrato una strada per mettere ordine nella mia vita”. Da allora gioca regolarmente e non si perde una partita in tv

di | 09 giugno 2021

Valeria Solarino, una delle più popolari e apprezzate attrici italiane, è nata a Barcellona il 4 novembre 1978

Valeria Solarino, una delle più popolari e apprezzate attrici italiane, è nata a Barcellona il 4 novembre 1978. Il tennis è la sua grande passione

Dici Valeria Solarino e pensi all’attrice affermata, bella, affascinante, impegnata. Poi cerchi un po’ e scopri quello che non t’aspetti: una persona disperatamente e irrimediabilmente innamorata di tennis. Solo grazie alla parola magica “tennis” riusciamo a rubarle un po’ di tempo, tra un set e l’altro, tra cinema e teatro. 

Valeria Solarino, ho trovato una sua intervista in cui dice: “La prossima volta parlo solo sul tennis…”. Eccoci qua. Solo tennis.  Cominciamo con una domanda che è anche un test. Giocare a tennis un’ora con un partner qualsiasi o guardare dal vivo una partita di Federer o Nadal: cosa sceglie?

“Non ho dubbi: guardare dal vivo un match di Nadal. Con tutto il rispetto per la grandezza dell’atleta e dello sportivo, sarei meno interessata se in campo ci fosse Federer.  (Solarino prende un attimo di tempo e sorride). Ovvio poi che se il partner dell’ora di gioco dovesse essere  Nadal …preferirei senza dubbio il campo”

Passione a senso unico per lo spagnolo 

“Sono affascinata dal suo modo di stare in campo, di lottare, di non mollare mai. Una partita di Nadal è arte viva, quella del corpo umano in movimento”.

 

Questo riguarda a maggior ragione Federer… 

“Lo svizzero non è in discussione. Ho grande rispetto e ammirazione per questi tre giocatori, Djokovic compreso, che da quindici anni stanno scrivendo una nuova epica del tennis. Però Nadal è e resta il mio preferito. Il suo modo di grignare mi coinvolge e mi emoziona. C’è sempre più sangue, lotta e vita”.

Ok, abbiamo capito: Nadal è indiscutibile. Torniamo a noi. Lei parla di “ossessione tennis”. Perchè? E’ l’ossessione per un gesto sportivo, per uno stato mentale legato a questo sport o cos’altro?

“Mi sono avvicinata al tennis grazie ad un libro, Open, la biografia di Agassi. Prima non conoscevo nè il tennis nè Agassi. Eppure io vengo dallo sport, dalla pallacanestro. Era il 2012. Ricordo che iniziai quel libro, rimasi illuminata e fui presa in modo totalizzante”.  

Lei una volta ha detto: “Quando non ho un set, ho un campo”.

“Mi sono chiesta tante volte cosa ha fatto clic dentro di me leggendo quel libro che ho divorato. Le risposte in realtà sono tante: il rapporto fra Andre e il padre, la sfida, il superamento degli ostacoli e dei limiti, il continuo alternarsi nella pagine di amore e odio, passione e fastidio. Tutto questo è stato assai affascinante. In sintesi potrei dire che Open ha indicato una strada per mettere ordine nelle cose e nella vita. Usando come strumento uno sport. Il tennis è regole, disciplina, obiettivi. Sul piano fisico ma soprattutto su quello mentale. Iniziai a giocare proprio per capire meglio quel libro. E già nella prima lezione in campo capii che seguendo regole e disciplina, riuscivo a fare le cose necessarie.  Tutto questo all’epoca per me fu molto utile. E’ stata una lezione. Quindi quella che è stata un’ossessione posso dire che adesso è diventata una passione.  A cui sono molto grata. Ho anche rivisto le partite di Agassi…”.   

Guarda molto tennis in tv?

“Tantissimo. E devo dire che mi interessano a volte più i dettagli della partita in sè. Mi fisso ad esempio sul movimento dei piedi, la preparazione di un colpo, cosa fanno i giocatori al cambio campo o tra un colpo e l’altro, cosa dice il corpo dei giocatori. Dal vivo o da remoto, in presenza o davanti ad un monitor, in genere mi collego sempre prima per non perdere neppure un commento, una ripresa e una statistica”.

Se la può rassicurare, gli ossessionati-appassionati di tennis  sono tanti. Siamo tanti. Ognuno ha un motivo particolare, un “X factor” anche se magari non lo sa: un rumore, un gesto, un preciso stato d’animo, il rito della preparazione all’ingresso in campo, il controllo del proprio corpo.  Qual è l’ “X Factor” di Valeria Solarino?

“Tanti e tutti mi fanno scattare dentro un clic: la terra rossa appiccicata al corpo; il rumore della terra rossa sotto le scarpe; le calze che si macchiano di terra rossa che poi non va più via; il segno del calzino, del polsino o della fascetta che invidio ai miei allenatori. Invidio anche i calli sulle dita della mani…  non sono mai riuscita ad averli”.

Una sorta di galleria legata all’estetica della fatica. Che c’entrano i calli sulle mani con un’attrice raffinata ed elegante come lei che deve comunque curare anche l’estetica del corpo.

“Coltivo l’estetica della fatica e quella del corpo. Non sono in contraddizione. Anzi. A me del tennis piace anche la stanchezza che senti dopo e che non è mai debilitante. Mi piace quando sento il rumore perfetto della pallina sulle corde, quello che vuol dire che hai fatto tutto giusto, senza strappi. Il risultato del coordinamento perfetto. E tutto fila via liscio”.

Che in effetti è ciò a cui aspiriamo nella vita: il coordinamento perfetto tra noi, le cose e gli altri. L’armonia. Ma torniamo al tennis…

“Ma questo è tennis…mistica, estetica, più che in altri sport ugualmente individuali. David Foster Wallace ci ha regalato pagine sublimi su questo”.

Verissimo. Si allena e basta o fa anche gare?

“Mi piacerebbe fare gare ma non riesco.  Quelle poche che faccio perdo sempre. Non ho spirito competitivo.  Se perdo il primo quindici, mi convinco che perderò la partita. Mi piacerebbe superare questa cosa. Ci devo lavorare”.

Singolo o doppio, cosa preferisce?

“Singolo. Mi da fastidio l’altro in campo, chi ci fa quell’altro lì accanto a me? Concepisco solo il singolo. Capisco poi che si tratta di due sport diversi”.

Ci dica una cosa pazzesca che ha fatto per colpa o grazie al tennis? Scendere da un treno, fermarsi in una città solo per giocare un’ora; dedicare l’unico giorno libero al tennis; rinunciare a una cena importante pur di giocare. Ho conosciuto persone che hanno “giocato” anche durante una malattia, pur di sentire quelle sensazioni scendevano in campo e colpivano la palla. Tutto pur di sentire quell’X Factor.

“Beh, io ho fatto una cosa anche un po’ grave. Non dico l’anno per non dare riferimenti. Comunque era maggio ed ero riuscita ad avere il pass per gli Internazionali a Roma. Ero impegnata in due set diversi, un film per il cinema e una serie tv. Non sapevo come fare perchè per me in quel momento esisteva solo la prospettiva di arrivare al Foro Italico la mattina alle 10 e andare via la sera dopo aver scrutato il numero più alto di partite.  Insomma, alla produzione della fiction dissi che in quella settimana ero purtroppo impegnata e assorbita totalmente dalla produzione cinema. La stessa cosa ho ripetuto alla produzione del film. Insomma, risultata indisponibile per entrambe le produzioni, potetti godermi dalla mattina alla sera quell’edizione degli Internazionali”.

L’hanno beccata?

“No, l’ho passata liscia. E sono contenta di averlo fatto”

 

Preferisce il tennis maschile o femminile?

“Seguo più il maschile. Ho seguito il femminile quando le ragazze italiane erano in vetta al mondo, Pennetta, Schiavone, Errani, Vinci grazie a tutte per quello che avete fatto. Aspettiamo la next gen …” 

Ha mai seguito un match di Camila Giorgi. Cosa ne pensa?

“Grande talento e grazia e mi spiace che non possa essere tra le top ten. Il tennis, soprattutto a quei livelli, è un complesso incastro di equilibri. Non c’è dubbio che Camila deve cambiare oppure rompere qualcosa in questi equilibri. Solo lei lo può sapere. Mi chiedo se lo voglia anche fare”.

Il ritorno in campo di  Federer a Parigi…

“A me fa impazzire che questi tre giocatori, Roger, Rafa e Nole, che tutti di tanto in tanto hanno dato per finiti, quando decidono di tornare, lo fanno e vincono. Eppure hanno già fatto tutto e non devono più dimostrare più nulla a nessuno. Sono storia, leggenda e cronaca insieme. Non credo che una congiuntura così si potrà ripetere spesso”.

Ha sentito cosa ha detto Djokovic a Roma…

“Che lui, Roger e Rafa stanno forse dando vita ad una nuova Next Gen. Ho adorato quella dichiarazione”.

Veniamo all’Itatennis maschile: undici giocatori in tabellone a Parigi. Riesce a definirli, ciascuno di loro, con un aggettivo. Faccio elenco: Berrettini, Sinner, Musetti, Sonego, Fognini, Mager, Seppi, Travaglia, Caruso, Giannessi,  Cecchinato.

“Non li conosco abbastanza da poterli definire con un aggettivo. Qualcuno di loro è certamente più predestinato di altro. Credo però di poter dire che tutti condividono  l’etica del lavoro, dell’impegno, delle regole. Sono ragazzi consapevoli che il talento è un regalo ma non basta. E che servono anche sacrificio, disciplina e lavoro.  Del resto Nadal, Federer e Djiokovic hanno continuato a cambiare i propri colpi per restare sul tetto del mondo. Altra lezione del tennis o forse degli sport individuali: fare sempre il possibile per migliorarsi,  non accontentarsi mai e non smettere mai di imparare”.

Gira un aneddoto sul suo rovescio a una mano che avrebbe avuto la benedizione di re Roger in persona. E’ vero?

(Sorriso) “Non fu una benedizione. In una occasione pubblica incontrai Federer e ci fecero una foto insieme. In quella occasione gli spiegai che io faccio il rovescio a una mano in suo onore. Lui fu gentile, sorrise ma credo abbia pensato “questa non c’è tutta”…”

Una domanda a cui può rispondere solo Valeria Solarino, nella sua doppia veste di tennista e attrice.  Il tennis è uno “sport letterario”, definizione che ho conquistato intervistando due scrittori come Elena Stancanelli e Sandro Veronesi. Ma non è uno sport da scena, poco cinema e quel poco non un granchè, zero teatro.  C’è una spiegazione?  

“E’ uno sport con tempi lunghi, difficile da raccontare in un film con una storia che deve iniziare e finire. E non è semplice anche trovare la controfigura per i momenti di tennis giocato. Il migliore che hanno fatto forse è stato Borg-McEnroe che poi è la storia di un match e di come ci si arriva. Diciamo la verità: i non tennisti non sono impazziti per quel film. Dunque va trovata una chiave per raccontare il tennis a tutti. Forse i conflitti mentali legati a questo sport?. Mi ha colpito molto la scelta di Osaka di togliersi da Parigi per una depressione che le impediva di affrontare le conferenza stampa. Le vedi in campo e sembrano tutte leonesse ma sono anche giovani donne piene di fragilità.  Ecco, forse questo aspetto sarebbe bello da raccontare!”.

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