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Cultura e costume

Elena Stancanelli, scrittrice

A tu per tu con la scrittrice fiorentina finalista allo Strega, autore di un delizioso racconto sul tennis. “E’ un sport letterario perché in fondo si tratta di una magnifica ossessione”

di | 04 maggio 2021

Elena Stancanelli e il tennista Jean Francois Caujolle

Elena Stancanelli, nel suo racconto "6-0 6-0" racconta di quando fece la raccattapalle a un match del tennista Jean Francois Caujolle

“Due cose sanno i grandi che i bambini non sanno: il sesso e la morte. Nel maggio 1978 io avevo tredici anni. Per quaranta giorni i miei, tutti i genitori, avevano scosso la testa davanti al televisore. Una mattina, poi, il cadavere di Aldo Moro era stato ritrovato…Il 21 maggio mi distrassi perchè la mia trasformazione da ragazzina di tredici in una minuscola adulta fu completata dall’irrompere del primo elemento che qualche riga più su ho indicato come necessario. E che si manifestò sotto le mentitissime spoglie di un torneo di tennis”.

Comincia così “6-0 6-0” il racconto che Elena Stancanelli ha pubblicato nel 2016 in una sorta di Zibaldone sul tennis (Smash, ed Nave di Teseo), 15 racconti di autori vari, scrittori che nella vita per un motivo o per l’altro hanno incrociato e ancora incrociano oltre che le parole anche il tennis. E ne hanno colto la dimensione “intima” e “personale”. Talvolta anche agonistica.

Elena Stancanelli è scrittrice, autrice di romanzi e racconti, finalista allo Strega con “La femmina nuda”, opinionista in vari quotidiani e settimanali.  “Per me il tennis è stato una specie di romanzo di formazione” racconta in questa chiacchierata dove campi e racchette non sono il presente (“non gioco più e non riesco a vederlo in tv”) ma, piuttosto, una ricerca del tempo perduto.

Perché non giochi più?

“Ho giocato tanto da piccola fino a quindici anni. Ero e sono una pigra, ricordo ancora il maestro che mi canzonava, ‘se fosse uno sport da giocare da fermi saresti la numero uno’.  Avrei tanto voluto giocare bene. Ora noto che c’è un grande ritorno dei cinquantenni sui campi da tennis… io no, ero e resto pigra. Cioè, faccio proprio il minimo”.

6-0 6-0 è il racconto di una ragazzina di 13 anni che fa la raccattapalle al torneo internazionale nel circolo della propria città. Durante una partita lancia male la palla e colpisce uno dei due giocatori in campo. Che, scherzando, la fissa “in quel modo lì” e poi si butta a terra. Abbattuto dalla pallina lanciata male. O forse proprio da quella graziosa ragazzina. Un episodio minimo…

“Eppure ad alta intensità erotica. In quel campo, quel giorno, credo di aver intuito per la prima volta la differenza tra ciò che qualche anno dopo avrei definito amore e desiderio”.

Quindi potente...

“Sono andata a ripescarlo quando Sandro Veronesi (scrittore e appassionato tennista, ndr) mi chiese di scrivere qualcosa sul tennis. Giocavo al Circolo del tennis a Firenze, alla Cascine, un luogo bellissimo e importante nella mia infanzia…”.

Il tennis è stato una specie di romanzo di formazione. Un’ossessione poi sostituita dalla scrittura

Ne parli anche in un altro tuo libro, “Firenze da piccola”…

“Il tennis per me è stato una specie di romanzo di formazione. Al circolo, nello sport, sono successe le prime cose importanti della mia vita, le amicizie, gli innamoramenti, la coscienza di avere un corpo, la competizione, avere a che fare con le celebrità. Il torneo internazionale maschile dell’Atp ospitato per anni alle Cascine fu la prima occasione di incontrare il mito. Erano gli anni di McEnroe, Vilas, Gerulaitis, Panatta, la stagione delle rockstar del tennis. La fine degli anni settanta. Mi pare che oggi sia una cosa diversa”.

Beh, oggi, il tennis ha a che fare con l’irripetibile stagione di questi tre meravigliosi giganti della racchetta, Nadal, Federer, Djokovic. Più epica che rock, in effetti

“Ecco, il mio tennis era invece quello delle rock star, belle e dannate, sregolate e geniali. Per dire, ero certamente più appassionata di tennis che di musica. A tredici anni vorrà pur dire qualcosa. Il circolo era tutta la mia vita e il torneo, che si svolgeva sempre in primavera, era per noi ragazzini della scuola tennis un po’ come il ballo delle debuttanti, il nostro primo palcoscenico. Nel ruolo di raccattapalle”.

Leggo da “6-0 6-0”: “I raccattapalle venivano scelti tra i giovani tennisti del circolo nella categoria preadolescenti. E capitava talvolta che qualcuna delle femmine avesse già un po’ di seno sotto la maglietta bianca. Così, in eurovisione, il campo centrale del circolo del tennis di Firenze era attraversato in lungo e in largo da lolitine che correvano in pantaloncini bianchi cortissimi, qualcuna facendo pericolosamente ondeggiare delle minuscole tettine”. Da fare invidia a Bulgakov…

“Sono andata a recuperare un episodio che riguarda una bimba e una piccola storia di formazione. Ho ricostruito e contestualizzato quel momento preciso in cui lo sguardo di un giovane uomo si fissa sul corpo di una ragazzina e lei ne è improvvisamente consapevole. In quel caso il marsigliese Caujolle in campo contro l’argentino Alvarez. Colpito per sbaglio dalla pallina lanciata dalla lolita raccattapalle, Caujolle si butta a terra fingendo di essere svenuto. Tutti a ridere, puoi capire. Io assai imbarazzata. Poi si rialza, viene verso di me, ragazzina con una lunga coda di capelli biondi, le gambe lunghe e magre, maglietta e calzoncini, e mi fa l’occhiolino prima di tornare a ricevere. Cioè mi aveva guardato in quel modo lì e io me ne ero accorta”.

Elena Stancanelli è nata a Firenze nel 1965. Il suo romanzo 'La femmina nuda' è stato candidato al premio Strega nel 2016

E infatti scrivi: “Solo i romanzi, i buoni romanzi, e il tennis (e anche altri sport immagino) dicono la verità: l’amore, qualunque cosa sia, perde 6-0 6-0 contro il desiderio”.

“Appunto, come ho detto quella scena fu per me un piccolo rito di formazione. Il tennis è muscoli,  sudore, adrenalina, i corpi nella loro essenziale fisicità e brutalità. E poi amore e desiderio, due terribili equivoci”.

Lo sport, il gesto fisico e atletico, mandano messaggi sessuali?

“Nel tennis non c’è contatto fisico ed è pura estetica. Il corpo in quanto tale in ogni suo movimento manda messaggi sessuali. Non lo dico in senso negativo. E’ naturale. Ora c’è il caso di questa ginnasta americana che ha detto basta ai body, le ginnaste devono gareggiare in pedana con tute lunghe fino ai piedi perché è l’ora di dire basta al gesto atletico che dà messaggi sessuali. Lo considero una follia visto che è impossibile sterilizzare il momento atletico di un corpo che si muove dalla sessualità. Spero non succeda mai che si alzi una tennista a dire basta con gonnellini e palline infilate nelle mutande perché sono richiami sessuali. Io ero una lolita in gonnellino e maglietta che faceva la raccattapalle e sicuramente c’era nel mio corpo di allora un messaggio sessuale. Ma non ci trovo nulla di negativo”.

La pubblicazione di “Open”, la biografia di Agassi ha segnato l’avvio di quello che possiamo definire un filone letterario legato al tennis. Tutta colpa di “Open” oppure il tennis è uno sport letterario? 

“Sicuramente “Open” ha segnato un prima e un dopo. Il tennis è uno sport mentale, individuale, si porta dietro l’epica dell’individuo, del sacrificio, del lavoro, la necessità assoluta di concentrazione, il controllo. E questi sono tutti ingredienti perfetti per una buona trama e un buon racconto.  Per quello che mi riguarda posso dire che nella mia vita il tennis è stato sostituito dalla letteratura. Si sono avvicendati l’uno con l’altro: quando la passione per la lettura è diventata disperata e compulsiva, ha sostituito l’altra passione, anche quella compulsiva, per il tennis. “Open” è la storia di un’ossessione. Credo si possa dire che il tennis è  letterario perché come la letteratura è fondata su un principio di ossessione e racconta di ossessioni, così il tennis si fa raccontare perché è un’ossessione. Fa diventare matti. Una sfida continua con se stessi, claustrofobia, che ha molto a che fare con il controllo di sè”.    

Vuoi dire che si può giocare a tennis solo se si è ossessionati?

“Si può giocare bene solo se si è fissati. Altrimenti si palleggia. Poi, è chiaro, ci sono i consapevoli e i non consapevoli”.

E poi c’è il doppio.

 “Adoro il doppio. Mi piacciono tutte le forme di collaborazione. Il doppio, nel tennis, è forse l’unica forma compiuta e non dannosa di qualcosa che si può fare in due”.

Il tennis ti ha insegnato qualcosa? 

“La totale disistima di me. E lo dico in senso positivo. Sono avversa ad ogni tentativo di self empowerment. Gli esseri umani hanno cominciato ad andare alla deriva quando hanno cominciato a pensare che devono sempre migliorare in ogni cosa che fanno. Il mondo sarebbe migliore se tutti  apprezzassero e rispettassero le proprie debolezze. Che sono punti di forza”. 

Cosa fa ora Elena Stancanelli?

“Sto lavorando all’ultima stesura del mio libro”. Di cui preferisce non parlare.

E venne alla spiaggia un assassino, ultima opera di Elena Stancanelli, racconta la sua esperienza sulla nave di una ONG in soccorso di naufraghi nel Mediterraneo

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