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Le storie

Internazionali BNL d'Italia Story, anni '70: il boom del tennis azzurro

La storia degli Internazionali BNL d'Italia. Siamo agli anni Settanta, segnati dai successi degli azzurri che hanno trionfato in Davis nel 1976

di | 05 maggio 2024

Gli Internazionali d'Italia diventano uno show rock negli anni Settanta, gli anni del boom per il tennis in Italia. Il decennio lo inaugura Ilie Nastase, showman dal talento straordinario, capace di portare all'esasperazione gli avversari e spesso dalla sua parte i tifosi, che pagano il biglietto anche per assistere ai suoi siparietti in cui protesta contro tutti. Vincitore al Roland Garros e allo US Open in singolare, simbolo insieme a Ion Tiriac della Romania che insieme conducono tre volte in finale di Coppa Davis, trionfa a Roma in finale su Jan Kodes nel 1970 e di nuovo nel 1973, in una particolare edizione disputata dopo il Roland Garros.

 Nastase, campione quell'anno a Parigi, vince anche a Roma battendo Castigliano, Di Matteo, Zugarelli e, in semifinale, Paolo Bertolucci. Il match, interrotto all'inizio del quinto set per oscurità, si conclude con un quinto parziale a senso unico. La notte, infatti, Bertolucci ha praticamente rigiocato in mente tutti i primi quattro. E otto set in una sola giornata non si recuperano facilmente. Con quella vittoria, Nastase ha praticamente vinto il torneo. Diventerà pochi mesi dopo il primo numero 1 del nuovo ranking computerizzato dell'Atp.

La semifinale di Bertolucci annuncia l'avvento sulla scena tennistica di quattro azzurri cresciuti al Centro Tecnico Federale di Formia con il maestro Mario Belardinelli che in anticipo sui tempi esalta l'allenamento sul fisico, con i preparatori dell'atletica leggera, ma cura anche la mente dei giocatori e la loro alimentazione.

Il veterano Rod Laver riesce ancora a incantare i tifosi e a depotenziare gli avversari nel 1971. Ma il tennis sta entrando nel futuro e ha il volto di Bjorn Borg, il primo campione-atleta che spinge il gesto atletico nell'era della ripetitività tecnica: la pop-art applicata al tennis. 

Lo svedese porta il suo fascino all'apparenza glaciale anche a Roma con il trionfo del 1974 (e poi con il matrimonio con la cantante Loredana Bertè), gli italiani iniziano a schierarsi con sempre maggior forza, e indisciplina, per Bertolucci, Corrado Barazzutti (Primo italiano a vincere uno Slam junior, due volte fermato ai quarti agli Internazionali) Tonino Zugarelli e soprattutto Adriano Panatta, il figlio del custode del Circolo Parioli a Roma. Le sue prestazioni molto spesso sono caratterizzate da clamorose rimonte e match vietati ai deboli di cuore. Al Foro Italico Panatta sembra spacciato come in tutte le sue apparizioni al più importante torneo nazionale, racconta Luca Marianantoni su SuperTennis.

"L'avversario di primo turno, l'australiano Kim Warwick, arriva per undici volte al match point (in dieci occasioni con il servizio a disposizione), ma resiste e da 5-2, 40-15 sotto, vince 8-6 al tie-break. Poi si libera di Zugarelli e Franulovic, si avvantaggia del ritiro di Solomon nei quarti, mette ko Newcombe in semifinale e poi in finale stronca la resistenza e le rotazioni maligne di Vilas che manca tre set point consecutivi per approdare al quinto set. Così, il primogenito di Ascenzio, custode del TC Parioli, finisce sulle spalle dei tifosi e nelle braccia di Mario Belardinelli. E' lui l'ottavo re di Roma". 

Vincerà anche al Roland Garros, guiderà l'Italia al primo trionfo in Davis e salirà alla posizione numero 4 nel ranking AT : resterà la più alta in singolare maschile per un italiano prima di Jannik Sinner. 

L'anno successivo alla ribalta sale Zugarelli, ex raccattapalle, e portatore sano del potere operaio, sigla extraparlamentare di sinistra che a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta ha scandito una fase armata e sanguinosa della lotta di classe.

Il 1977 è l'anno più buio in Italia, tra spontaneismo armato (che poi tanto spontaneo non è, ma lo avremmo scoperto solo anni dopo), attentati continui, gambizzazioni. L'impegno politico è questione di vita o di morte, e a Roma si spinge in finale chi gioca per mantenere la famiglia come Zugarelli, che pure quell'anno si era ritirato dal tennis: Belardinelli però lo ha convinto a rientrare. Al Foro elimina Roberto Lombardi, a cui oggi è intitolato l'Istituto Superiore di Formazione, Steve Krulevitz, Franulovic, Victor Pecci e in semifinale il potente Phil Dent. Ma si ferma contro quel Vitas Gerulaitis che sembra anticipare quel riflusso nel senso del disimpegno vitale e dell'ottimismo che avremmo definito reaganiano grazie alla fulminante definizione di Roberto D'Agostino.

Un anno dopo in finale torna Panatta, che al primo turno ha eliminato proprio Gerulaitis. Lo scontro con Borg è memorabile. Si gioca in un'atmosfera che definire infuocata è dir poco, con i tifosi che lanciano monetine ma non scalfiscono l'apparente freddezza dello svedese che trionfa ma non si ripresenta nel 1979. Trionfa Gerulaitis: gli anni Ottanta al Foro arrivano un anno prima.Lorem ipsum

LE GRANDI CAMPIONESSE

Nel torneo femminile il decennio si è aperto con il successo di un'icona, della donna dei record: Billie Jean King (39 titoli Slam complessivi, 7 affermazioni in Fed Cup). Leader e guida del primo circuito professionistico femminile, fondatrice e prima presidentessa della WTA, nell’ottobre del ’73 avrebbe accettato la sfida di Bobby Riggs – n. 1 del mondo negli Anni Trenta – e l'avrebbe battuto a Houston di fronte a 30 mila spettatori. A Roma darà spettacolo anche con la corsa fino alla semifinale nel 1938, a 38 anni e dopo operazioni a tutti e quattro i menischi.

L'albo d'oro di questo decennio al Foro racconta di un torneo di elevato prestigio internazionale. Nel 1971 vince Virgina Wade, battuta in finale da King l'anno prima. La britannica, a segno in tutti gli Slam ma non al Roland Garros, aveva già conquistato al Foro un titolo in doppio nel 1968 con Margaret Court Smith. In quel magico 1971 ha centrato il titolo in singolare contro Helga Niessen e con lei vince anche il torneo di doppio, che conquisterà ancora nel ’73 con Olga Morozova. E' l'anno del trionfo in singolare di Evonne Goolagong, la campionessa aborigena, ultima star australiana prima della numero 1 WTA Ashleigh Barty.

Billie Jean King: una regina rivoluzionaria

Cambia il mondo, e insieme cambia il torneo nel 1974. Il Foro conosce quella che sarà la campionessa più titolata nella storia degli Internazionali, l'allora 19enne Chris Evert. In quella edizione del torneo Evert incrocia in finale, per la prima volta fuori dagli USA, l'amica 17enne Martina Navratilova. E' solo il quarto capitolo di una rivalità sportiva senza precedenti e con pochi eguali. Dodici mesi dopo si replica, sempre in finale: Evert è feroce, vince 61 60, il punteggio più netto di sempre nei loro 80 scontri diretti. Navratilova non vincerà mai il titolo in singolare a Roma.

Gli anni Settanta restano un decennio per campionesse precoci come Tracy Austin, la più giovane campionessa degli Internazionali BNL d'Italia, che trionfa nel 1979 in finale su Sylvia Hanika. Il suo è un successo sbalorditivo non tanto e non solo per la dua età (17 anni), quanto perché riesce a interrompere la serie di 125 vittorie consecutive sulla terra battuta di Chris Evert che piega a conclusione di un’autentica battaglia: i primi due set durano 2 ore e 40 minuti, e includono anche un quindici con 78 scambi; il terzo finisce al tie-break e Austin ribalta il match da 2-4 con una serie spettacolare di giocate. 

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