-
Le storie

McEnroe, Connors e gli altri: le rock star del Madison Square Garden

Per celebrare la cinquantesima edizione delle Finals, l'ATP racconta le grandi storie del torneo. In questo articolo, si ripercorrono gli anni mitici del Masters al Madison Square Garden di New York. Gli anni di McEnroe e Connors, Gerulaitis e Borg, e del dominio di Ivan Lendl

18 novembre 2020

L'ATP racconta le grandi storie del Masters, che oggi conosciamo con la denominazione ufficiale di Nitto ATP Finals, in occasione della cinquantesima edizione del torneo. Andrew Eichenholz racconta le stagioni al Madison Square Garden, segnata dal tifo appassionato dei newyorchesi per le star McEnroe e Connors. Ve ne presentiamo una traduzione in italiano

Il primo giovedì di gennaio 1978 ha forgiato per sempre il futuro del Masters, chiamato oggi Nitto ATP Finals. L'edizione 1977 del torneo di fine anno, organizzata all'inizio dell'anno successivo, aveva una nuova casa: il Madison Square Garden di New York.

Ray Benton era il direttore del torneo, allora sponsorizzato da Colgate. C'erano due match del girone nella sessione pomeridiana, ma durarono più del previsto, oltre l'inizio previsto della sessione serale fissato per le 19. Guillermo Vilas, il campione dello US Open 1977, doveva giocarte contro Jummy Connors, finalista a New York, nell'ultimo match della sera.

"Ricordo che andai all'ultimo piano del Madison Square Garden e guardai verso la Settima Avenue" ha detto Benton. "Erano le otto di sera e c'erano file di persone che volevano entrare lungo tre isolati”.

Il Masters non era solo un torneo di tennis, era uno spettacolo. Nel suo primo anno all'interno dell'"Arena più famosa del mondo", i tifosi erano già al centro dell'azione. I biglietti erano andati esauriti in anticipo, 18.500 spettatori riempiavano gli spalti nella casa della squadra di basket dei New York Knicks e della franchigia di hockey NHL dei New York Rangers. I fan urlavano come se stessero assistendo a uno dei concerti rock organizzati nella stessa arena.

Il declino dell'impero americano

"Era uno di quei memorabili momenti che ogni tanto capitano nella storia dello sport, quando l'emozione e la suspense dell'evento trascendono qualsiasi partita disputata" ha scritto allora Curry Kirkpatrick su Sports Illustrated.

Nessuno l'avrebbe pensato, ma un torneo di tennis ha dimostrato quanto corrispondesse alla realtà l'appellativo di New York come "città che non dorme mai". I giornali dell'epoca raccontavano che Vilas aveva concluso la sua vittoria, 6-4, 3-6, 7-5 su Connors, 42 minuti dopo la mezzanotte. Era il momento di cui l'evento aveva bisogno per attirare l'attenzione dei tifosi.

Era iniziata l'era del Madison Square Garden.

Benton, che ha organizzato il Masters al MSG per otto anni, era convinto che il torneo dovesse essere spostato da dicembre a gennaio per evitare di perdere spettatori a causa della compresenza con il football americano. C'era un intervallo tra i playoff e il  Super Bowl, che permetteva a un evento come il Masters di essere al centro della scena. "Eravamo il più grande show della settimana" ha detto. Dare al torneo una sede fissa per stabilire una presenza è stata l'altra mossa vitale.

Benton ricorda di aver visitato il Madison Square Garden nell'estate del 1977. "Volevano davvero l'evento perché avevano compreso che organizzarlo in quella settimana sarebbe stato un grande affare" ha detto Benton. "Entrammo in ascensore e scendemmo. Mi dissero: Qui organizziamo il tempo libero per i nostri dirigenti. La porta si aprì e davanti ai miei occhi c'erano tre elevanti. In quel momento era in corso lo spettacolo di un circo".

Per certi versi, il Masters diventò un circo sportivo con un vasto cast di protagonisti, da John McEnroe e Jommy Connors a Vitas Gerulaitis e Bjorn Borg. Ivan Lendl ha dominato l'evento a New York, raggiungendo la finale per nove anni di fila.

"Giocare ogni inverno a New York davanti a 19 mila spettatori, e ad alcune delle persone più influenti nelle varie industrie,  rendeva l'atmosfera elettrica. L'enorme tabellone con il punteggio pendeva dal soffitto e riduceva l'altezza massima dei pallonetti che potevi giocare" ha scritto una volta Lendl per ATPTour.com.

“A volte, il fumo di sigarette creava una nuvola nell'aria. I tifosi erano lì in alto e facevano il tifo per Connors, che aveva un enorme seguito al Masters, o per 'Mister New York' Gerulaitis che aveva una grande personalità. Era un'arena che intimidiva alla luce della sua storia. I giocatori si ravvivavano in quell'arena. Giocare il Masters era un grande risultato. Insieme ai titoli e al ranking, era uno di quesi successi che definivano la carriera. Non era mai facile, non potevi mai dare una vittoria per scontata. Anche oggi, quando visito il Garden, vedo la gente con gli occhi sbarrati".

Lendl ha alzato cinque volte il trofeo in quel periodo, dominando sul duro indoor. Ha giocato partite memorabili ma alcuni momenti hanno reso l'evento magico. Alcuni si potevano prevedere, altri meno.

Johan Kriek, due volte vincitore dell'Australian Open, ricorda ancora la sfida contro John McEnroe al Madison Square Garden nel gennaio 1984. "E' impazzito, a un certo punto ha agitato la racchetta e ha tagliato il campo. La racchetta gli è scappata di mano e ha iniziato a roteare in aria in mezzo ai tifosi per una ventina di metri" ha detto Kriek con una risata. "E' stato assurdo. Continuava a guardare incredulo quello che stava succedendo. Era una di quelle cose stupide [che succedevano al Madison Square Garden e lo rendevano così speciale]".

McEnroe vinse 6-4 6-2, ma il divertimento non mancava mai. Nel suo libro "Non puoi essere serio", McEnroe ricorda la semifinale contro Guillermo Vilas nella semifinale del Masters 1982, giocato a gennaio del 1983. "Ero al cambio campo e qualcuno ha iniziato a toccarmi sulla spalla. Cercavo di ignorarlo, ma andava avanti: 'John, John'. Stavo per dirgli di andare a quel paese, poi mi giro ed era Ronnie!".

Ronnie Wood e Keith Richards dei Rolling Stones erano lì seduti con i pantaloni di pelle a guardare il match.

Un altro elemento che rendeva il MSG speciale era il numero di giocatori che era a casa. I tifosi di New York sono molto caldi e con i giocatori del posto sotto i riflettori questo aspetto era ancora più evidente. McEnroe e l'amico Gerulaitis erano di New York. Lendl faceva avanti e indietro dalla casa che aveva comprato in Connecticut. "Volevo dormire nel mio letto, mi piaceva la cucina di casa. A New York c'è troppo rumore" ha detto di recente in un'intervista a Tim Henman per ATPTour.com.

Quell'atmosfera era normale per McEnroe. Chi non è di New York potrebbe non sapere che il Madison Square Garden si trova appena sopra Penn Station, la stazione principale del trasporto pubblico della città. Il mancino ci passava tutti i giorni, ha raccontato suo fratello minore Patrick McEnroe, campione in doppio al Masters 1989. John ci passava per andare alla Trinity High School e da lì tornare a casa a Douglaston, nel Queens.

Da bad boy a capitano: la trasformazione di “Mac”

"Tutte le volte, si fermava a prendere un hot dog da Nathan", il fast food esattamente di fronte alla MSG, ha ricordato Patrick. "L'ha fatto tutti i giorni per quattro anni, per tutto il periodo alla high school".

I newyorchesi chiamano il MSG "La Mecca". E' lì che persone di tutte le età si sono date appuntamento per assistere a un concerto o alle partite della loro squadra del cuore. "Il tennis era la nostra vita, il nostro sport, ma siamo cresciuti guardando i Rangers e i playoff" ha detto Patrick. "Andarci era una gran cosa. Quando eravamo piccoli, era un giorno importante quando andavamo lì".

Per questo, essere al centro dell'attenzione era ancora più speciale per John. McEnroe si annunciò battendo Arthur Ashe in una finale epica in tre set al Masters 1978 a soli 19 anni. L'inimitabile icona è rimasta una presenza fissa nei nove anni del torneo al MSG.

"Era dannatamente figo" ha detto Patrick. "A quel tempo, il tennis era un evento e quel torneo era un evento. Sembrava uno Slam".

McEnroe ha giocato alcune delle sue partite più memorabili al Madison Square Garden contro Bjorn Borg, che l'ha battuto due volte in finale al tiebreak del set decisivo. In una totale inversione dei ruoli, fu Borg a perdere il controllo e non McEnroe al Masters del 1980. Non era d'accordo con le chiamate in campo. "Stavo impazzendo" ha ammesso lo stoico svedese. I giocatori sentivano un'enorme pressione al MSG. Non dovevano solo giocare, erano chiamati a una performance d'alto livello con tutto il mondo a guardarli.

Non tutti hanno avuto successo nel torneo, ma semplicemente esserci e assorbirne l'atmosfera diventava un obiettivo per sé per alcuni. 

L'ex numero 6 del mondo Jose Higueras ricorda che la sede storica del torneo ha costituito una grande motivazione per lui.

"Penso [che qualificarsi] fosse un traguardo importante per ogni atleta vista la città e la storia del Madison Square Garden. Così tanti grandi eventi erano organizzati lì, non solo sportivi. Potersi esibire lì, in qualunque ambito, era la mecca per chiunque" ha detto Higueras, che ci ha giocato tre volte al Masters. "Quando senti Madison Square Garden, avverti qualcosa dentro perchhé ha così tanta storia. Per me era una sensazione fantastica, una delle più belle che abbia mai provato in carriera".

Forse non tutti conosceranno Gerulaitis, ma tutti hanno usato una versione della frase che ha coniato al Madison Square Garden dopo aver interrotto una serie di 16 sconfitte di fila contro Jimmy Connors al Masters 1979: "Che sia una lezione per tutti, nessuno batte Vitas Gerulaitis 17 volte di fila!",

Dopo l'edizione 1989, il Masters si spostò in Germania che era diventata una super-potenza grazie a Boris Becker, Michael Stich e altri. Ma molti altri grandi eventi hanno offerto momenti memorabili nell''Arena più famosa del mondo'. Il Masters, in un certo senso, conteneva tutti gli altri in un evento solo. "In senso buono" ha concluso Benton, "era la tempesta perfetta".

Loading...

Altri articoli che potrebbero piacerti