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Abbigliamento e scarpe

Il nuovo trend made in USA riparte dagli Anni ‘90

Andre è stato il testimone ideale dell’abbigliamento sportivo, a cominciare dai famosi short jeans che sbancarono il mercato dei teenagers. Trent’anni dopo la multinazionale statunitense si ispirerà ancora all’ex punk di Las Vegas con la collezione 2020 US Open Challenge Court

di | 24 agosto 2020

 

Andre Agassi a Roma

Prima di essere un campione, un numero 1 del tennis, un esempio e poi anche il protagonista dell’autobiografia più famosa dello sport, Open, Andre Agassi è stato il testimone ideale dell’abbigliamento sportivo. Segnatamente, della Nike, che, dopo il fallimento come modello di John McEnroe  lo vestì coi famosi short jeans, sbancando il mercato dei teenagers. Trent’anni dopo le due prime, sfortunate, finali Slam, al Roland Garros e agli US Open 1990, con la collezione “Hot Hava”, dal 31 agosto a New York, il marchio col baffo si ispirerà ancora all’ex punk di Las Vegas, con la collezione 2020 US Open Challenge Court.

LE IMMAGINI DELLA NUOVA COLLEZIONE MADE IN USA 2020

Al di là dell’età e dei capelli, che all’epoca erano una chioma fluente e oggi sono a zero, quell’Agassi ribelle, presuntuoso e fluorescente è totalmente diverso dall’Agassi odierno, modello di vita per i giovani disadattati della Streep, padre e marito esemplare, relatore di conferenze sui valori della famiglia. “Quella campagna rappresentava me, a vent’anni, che facevo lo spaccone e la Nike che voleva allargare i propri orizzonti: ero motivato dall’idea di rompere gli schemi. Ricordo quei momenti e quella collezione come l’inizio di una esplorazione, verso una trasformazione dei costumi”.

Camicie larghe, al neon, capelli bicolore, orecchino, Andre portava nuova energia e adrenalina allo stato puro al tennis pro. E conquistava i giovani proponendo un abbigliamento casual che andasse bene sul campo da tennis come per il tempo libero: la nuova frontiera invano inseguita per anni dall’intero mercato.

Oggi come allora, Agassi può aiutare la crisi delle vendite statunitensi di scarpe da tennis che sono in nettissimo calo. Secondo NPD Group, Nike ha una quota del 26% del settore, che lo scorso anno ha fruttato “appena” 35 milioni di dollari nel panorama di 22 miliardi di dollari. E l’azienda di Beaverton, Oregon, ha dichiarato in un post che la collezione 2020 combina “un’inconfondibile bagliore con una tavolozza di materiali contemporanei”, e sarà caratterizzata da un mix di denim, neon, spandex e il logo Challenge Court. Insomma, un ritorno al passato, nel nome del colore.

All’epoca, dopo la firma del 1988, Agassi era stato individuato dalla Nike come “il bad boy”, il successore di John McEnroe. Poi, però, con l’ascesa del rivale Pete Sampras, il fondatore della casa di abbigliamento più famosa, Phil Knight, ha commercializzato Andre creando lo “yin e lo yang del tennis maschile”. Vestendo i due assi yankee con una linea di prodotti molto diversa, anche all’antitesi. “Non solo dovevamo soddisfare noi stessi, ma anche le sue esigenze andando da una prospettiva funzionale a una prospettiva di stile”, ha spiegato il designer di quei modelli, Tinker Hatfield. 

Dopo 17 anni marchiato dal famoso baffo dello sport, nel 2005, Agassi passò alla rivale della Nike, la Adidas tedesca – la marca che ha accompagnato per tutta la carriera la collega, e moglie, Steffi Graf - e vi rimase per otto anni prima di tornare alla casa Usa nel 2013. Che, come tutte le aziende non è immune al Covid-19 e ha visto il fatturato scendere del 38% nell’ultimo trimestre dopo che il 90% dei suoi negozi è stato costretto a chiudere durante la pandemia.

In una video conferenza su Zoom, Agassi ha rivelato di aver testato la nuova collezione Nike sul figlio tennista, 16enne, di un amico che era in visita a casa sua. “L’ho messo alla prova per vedere se gli piaceva. Così, guardandogli quella roba addosso è stato divertente osservare che reazione avesse un ragazzo di quell’età. E ho quasi avuto voglia di mettermela io stesso e andar fuori a giocare a tennis. Così, mi sono convinto ancor di più di aver dato dei giusti suggerimenti al designer in fase di progettazione della collezione”.

Chissà se la Nike troverà ancora, sul campo, un interprete così spontaneo e coinvolgente come Agassi. “Penso che, in generale, i pantaloncini di jeans abbiano rappresentato un po’ una reazione che ho avuto, un’attrazione gravitazionale verso la ribellione. Ma c’è stato anche il fattore-prestazioni. Così, il pantaloncino spandex sotto il denim è stato il primo esempio di questo. Poi venne la camicia. Non solo aveva un’estetica singolare, ma ha risolto il problema che avevo di torcerla costantemente e arrotolarla prima di ogni punto. La gente sentiva la libertà di potersi muovere più liberamente”.

Andre incoraggiò la Nike a modificare la cerniera sulla camicia e a inserire tante piccole sfumature, i particolari che fecero diventarono un successo fra i giovani tutta la collezione. Anche i pantaloncini in denim - non il denim di oggi, ma il vero denim pesante - avevano la tecnologia integrata con i bottoni sui lati. Che Andre poteva regolare continuamente, identificandosi nel personaggio in evoluzione, volubile, sempre in movimento anche caratteriale ed emotivo.

Un personaggio che oggi, nel ricordare quei momenti di trent’anni fa, dice: “Ero seduto con i designer Tinker Hatfield e Wilson Smith, stavamo lavorando sul verde lime che giocava in primo piano su una varietà di pezzi dell’epoca e la “barra” simile alla “Z” delle prime collezioni dell’Air Tech Challenge. E io parlavo di un’auto che mii piaceva che sembrava stesse andando a 100 miglia all’ora, anche quando era parcheggiata. Ricordo tutte le sfumature delle ispirazioni, e le vivo con molta nostalgia, ma è difficile contestualizzarle nelle prospettive di oggi”.

In definitiva, per Andre, questa degli Us Open 2020, sarà un’esperienza eccitante: “Sarà strano per me vedere grandi giocatori che sfruttano i nuovi materiali e le cose che avrei voluto avere anche allora. Ma ho vissuto ogni momento di questa evoluzione, lungo un lungo cammino. Ero solo un adolescente disposto a correre rischi con una azienda che a sua volta era disposta a correre rischi. Negli anni ci siamo anche divertiti e ora riviviamo alcuni di quei momenti”.

 

 

Andre Agassi

Camicie larghe, al neon, capelli bicolore, orecchino, Andre portava nuova energia e adrenalina allo stato puro al tennis pro. E conquistava i giovani proponendo un abbigliamento casual che andasse bene sul campo da tennis come per il tempo libero: la nuova frontiera invano inseguita per anni dall’intero mercato.

Oggi come allora, Agassi può aiutare la crisi delle vendite statunitensi di scarpe da tennis che sono in nettissimo calo. Secondo NPD Group, Nike ha una quota del 26% del settore, che lo scorso anno ha fruttato “appena” 35 milioni di dollari nel panorama di 22 miliardi di dollari. E l’azienda di Beaverton, Oregon, ha dichiarato in un post che la collezione 2020 combina “un’inconfondibile bagliore con una tavolozza di materiali contemporanei”, e sarà caratterizzata da un mix di denim, neon, spandex e il logo Challenge Court. Insomma, un ritorno al passato, nel nome del colore.

All’epoca, dopo la firma del 1988, Agassi era stato individuato dalla Nike come “il bad boy”, il successore di John McEnroe. Poi, però, con l’ascesa del rivale Pete Sampras, il fondatore della casa di abbigliamento più famosa, Phil Knight, ha commercializzato Andre creando lo “yin e lo yang del tennis maschile”. Vestendo i due assi yankee con una linea di prodotti molto diversa, anche all’antitesi. “Non solo dovevamo soddisfare noi stessi, ma anche le sue esigenze andando da una prospettiva funzionale a una prospettiva di stile”, ha spiegato il designer di quei modelli, Tinker Hatfield. 

Dopo 17 anni marchiato dal famoso baffo dello sport, nel 2005, Agassi passò alla rivale della Nike, la Adidas tedesca – la marca che ha accompagnato per tutta la carriera la collega, e moglie, Steffi Graf - e vi rimase per otto anni prima di tornare alla casa Usa nel 2013. Che, come tutte le aziende non è immune al Covid-19 e ha visto il fatturato scendere del 38% nell’ultimo trimestre dopo che il 90% dei suoi negozi è stato costretto a chiudere durante la pandemia.

La nuova linea Nike 2020 US Open Challenge Court

In una video conferenza su Zoom, Agassi ha rivelato di aver testato la nuova collezione Nike sul figlio tennista, 16enne, di un amico che era in visita a casa sua. “L’ho messo alla prova per vedere se gli piaceva. Così, guardandogli quella roba addosso è stato divertente osservare che reazione avesse un ragazzo di quell’età. E ho quasi avuto voglia di mettermela io stesso e andar fuori a giocare a tennis. Così, mi sono convinto ancor di più di aver dato dei giusti suggerimenti al designer in fase di progettazione della collezione”.

La nuova linea Nike 2020 US Open Challenge Court

Chissà se la Nike troverà ancora, sul campo, un interprete così spontaneo e coinvolgente come Agassi. “Penso che, in generale, i pantaloncini di jeans abbiano rappresentato un po’ una reazione che ho avuto, un’attrazione gravitazionale verso la ribellione. Ma c’è stato anche il fattore-prestazioni. Così, il pantaloncino spandex sotto il denim è stato il primo esempio di questo. Poi venne la camicia. Non solo aveva un’estetica singolare, ma ha risolto il problema che avevo di torcerla costantemente e arrotolarla prima di ogni punto. La gente sentiva la libertà di potersi muovere più liberamente”.

Andre incoraggiò la Nike a modificare la cerniera sulla camicia e a inserire tante piccole sfumature, i particolari che fecero diventarono un successo fra i giovani tutta la collezione. Anche i pantaloncini in denim - non il denim di oggi, ma il vero denim pesante - avevano la tecnologia integrata con i bottoni sui lati. Che Andre poteva regolare continuamente, identificandosi nel personaggio in evoluzione, volubile, sempre in movimento anche caratteriale ed emotivo.

Un personaggio che oggi, nel ricordare quei momenti di trent’anni fa, dice: “Ero seduto con i designer Tinker Hatfield e Wilson Smith, stavamo lavorando sul verde lime che giocava in primo piano su una varietà di pezzi dell’epoca e la “barra” simile alla “Z” delle prime collezioni dell’Air Tech Challenge. E io parlavo di un’auto che mii piaceva che sembrava stesse andando a 100 miglia all’ora, anche quando era parcheggiata. Ricordo tutte le sfumature delle ispirazioni, e le vivo con molta nostalgia, ma è difficile contestualizzarle nelle prospettive di oggi”.

Andre Agassi con il famoso pantaloncino denim

In definitiva, per Andre, questa degli Us Open 2020, sarà un’esperienza eccitante: “Sarà strano per me vedere grandi giocatori che sfruttano i nuovi materiali e le cose che avrei voluto avere anche allora. Ma ho vissuto ogni momento di questa evoluzione, lungo un lungo cammino. Ero solo un adolescente disposto a correre rischi con una azienda che a sua volta era disposta a correre rischi. Negli anni ci siamo anche divertiti e ora riviviamo alcuni di quei momenti”.
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