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Racchette e corde

Tutti i segreti della vecchia, grande Max 200G

Un attrezzo che più di altri segnò il passaggio dal legno alla grafite: è la Dunlop con cui McEnroe vinse gli ultimi major e la Graf realizzò il Golden Slam. È l'unica che reagiva diversamente a seconda della forza dell’impatto

di | 30 maggio 2019

Gli Anni ’80 hanno decretato l’affermazione delle fibre sintetiche nel tennis. È stato un periodo di grandi sperimentazioni sui materiali per le racchette. La graphite, nel corso di un decennio ha dapprima affiancato il legno, poi si è combinata alla fibra di vetro, poi alle fibre aramidiche, al boron, al silicio carburo e dopo aver sperimentato i mix più esotici, si è affermata nella sua purezza e unicità.

John McEnroe al Roland Garros con la storica Dunlop Max 200 G

PIù POTENTE, PERCHé?

In passato erano i telai elastici ad essere considerati idonei ai meno esperti. Il motivo era la ricerca del comfort, mentre la potenza si pensava servisse solo agli agonisti. Con l’irrigidimento estremo causato dall’allargamento dei profili, alla fine del decennio si giunse alla soluzione opposta. Il tennis di oggi ha compreso, contrariamente agli Anni '80, che i telai più rigidi facilitano il gioco e, uniti a sistemi che limitino lo shock da impatto, vengono messi in mano soprattutto a principianti e giocatori da club. Gli elementi che quindi concorrono all’incremento della potenza sono la rigidità del telaio, la grandezza del piatto corde, il pattern d’incordatura diradato, il bilanciamento in testa, il tipo di corda, il suo spessore e sicuramente il peso del telaio.

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Le rivoluzioni degli Anni Ottanta

Nel 1983 però la situazione era ben diversa. I telai da amatori sviluppavano rigidità davvero basse, intorno ai 40/45ra e quelle da agonisti raggiungevano raramente i 55/57ra. Riguardo alle dimensioni, il mid size 85/90sq.in, era la soluzione più classica, pochi midplus e i 100sq.in venivano chiamati mid-over e la loro diffusione era minima. Quasi tutti i telai venivano coniugati in tre tipologie di peso: L (340g circa), LM (350g circa) e M (360g circa).
L’esplosione del concetto “all sintetic fibers” avvenne pressappoco con il trionfo di Mats Wilander e della sua Rossignol “F200” al Roland Garros del 1982.
Lo sdoganamento della fibra sintetica fu quindi compiuto e la fiducia nelle qualità dei nuovi materiali si diffuse in tutto il mondo. Martina Navratilova legò il proprio nome a Yonex “R7”, Ivan Lendl a Adidas, con la mitica “GTX Pro”, John Mc Enroe trasformò la “Maxply” in “Max 200g” e anche Chris Evert e Jimbo, poco dopo, avrebbero abbandonato il legno e il metallo per la nuova “Pro Staff”. Si stava per sviluppare la grande stagione delle sperimentazioni, un periodo di oltre dieci anni nei quali l’ingegneria tennistica raggiunse vette eccezionali.

Un progetto fuori dal coro

In questo contesto, Dunlop si giocò la propria credibilità con un progetto fuori dal coro, un progetto destinato a diventare mito. Inizialmente prodotta negli stabilimenti Dunlop tedeschi, e poi rilocalizzata nella patria d’origine, a Wakefield, la “Max 200g” rappresentò fin da subito un’icona orgogliosamente differente dalla produzione massificata di Taiwan. Questo telaio evidenziava un processo di lavorazione denominato “injection moulded frame (IMF)”. La prima fase del processo di costruzione consisteva nella realizzazione di uno stampo in lega di zama che fungeva da anima. All’esterno di questo scheletro veniva iniettato un composto di nylon e graphite. Successivamente gli stampi ricoperti di graphite venivano alloggiati in forni a temperatura costante che scioglievano l’anima interna in lega e lasciavano integra la parte in graphite.

La Dunlop Max 200G nelle mani di Diego Nargiso

PRESENTATA NEL 1982

Tutto questo procedimento, piuttosto complesso, in effetti fu l’eredità della versione antecedente alla Max 200 G, la misconosciuta “Max 150 G”, un telaio che a causa delle ridotte dimensioni del piatto corde (a malapena più estese di quelle di una standard size) non ebbe nessuna fortuna commerciale.
La Max 200 G venne presentata nell’estate del 1982 con uno slogan pubblicitario che la definiva “la racchetta da tennis più potente del mondo”, affermazione quanto mai curiosa viste quelle che sono le apparenti caratteristiche strutturali del telaio. Il tecnico della Dunlop Rick Perry, Direttore Ricerca e Sviluppo affermava però una caratteristica chiave di questa racchetta: “Quando la pressione è applicata ad un ritmo lento, come ad esempio su una macchina Babolat RA o RDC, il telaio sembrerà molto flessibile. Durante oscillazioni veloci, però, il telaio flette meno e quindi, restituisce più energia”.

Nell’87 supera il milione di pezzi

Dal 1983, ufficialmente sul mercato, divenne l’attrezzo più in voga degli Anni ’80, superando nel 1987 il milione di pezzi venduti in tutto il mondo e terminando l’infinita epopea nel 1995. Nel 1989 fece scalpore mediaticamente (ed ebbe ripercussioni anche in sede legale) Martina Navratilova che sotto contratto con un’altra azienda, con un imbarazzante paintjob “all black”, utilizzò la Max 200 G credendo di poter riequilibrare il gap con la Graf, che all’epoca era la portabandiera proprio di Dunlop. Il nostro Omar Camporese, sotto contratto con un’altra azienda italiana, non potendo più fare a meno della Max 200 G, la fece colorare di rosso fuoco, creando un caso mediatico che smosse i pubblicitari di Dunlop. Dopo qualche mese infatti, per stigmatizzare la vicenda, su tutti i giornali di tennis italiani, comparve una pagina che recitava “Nera, rossa o Dunlop Max 200g!”.

Ancora ricercata nelle aste online

7 versioni e “special edition”, record di esemplari venduti e amata da tutti, principianti e agonisti, grandi e bambini, donne e uomini. 38RA, 84sq.in, tre tipologie 345g(L) / 355g (LM) / 365g (M) di peso. La mitica Max 200 G ancora oggi sulle aste di tutto il mondo è ricercatissima e se per un esemplare usato si possono spendere anche soli pochi euro, per uno nuovo le cifre sono davvero impegnative.

Poco più rigida del legno

Ma passiamo all'analisi tecnica del telaio. La Max 200 G è un telaio piuttosto massiccio, come detto realizzato per iniezione di una miscela di nylon e graphite in polvere, che veniva riscaldata per ottenere il processo di sinterizzazione del materiale che consentiva di estrarre le racchette finite direttamente dallo stampo senza la necessità di realizzare le forature in una fase successiva mediante un vera e propria operazione di drilling.
Il telaio ha uno spessore costante di circa 22mm, 21.7mm per la precisione con un front-beam di 11mm per l'ovale e di 15mm per gli steli.
Il flex misurato con un diagnostic, nella fattispecie con il pro-t-one racquet-lab, definisce le caratteristiche di un telaio estremamente flessibile, con valore a racchetta incordata di circa RA46 corrispondente ad un valore flessionale di circa 450g/mm.
Per avere un riferimento, le vecchie racchette in legno del tipo Dunlop Maxply possedevano flex intorno ai 38-42 punti di rigidità. Le successive evoluzioni rappresentate dalle racchette in legno-fibra del tipo HEAD Vilas, erano caratterizzate un valore di rigidezza del tutto comparabile con quello della Dunlop e in questo senso la Max200 si configura come una sorta di naturale evoluzione dei telai in legno, rappresentandone una rottura nella continuità.

Una pubblicità Anni '80 con John McEnroe

Costruita per iniezione, feeling ‘old style”

Proviamo ad approfondire l'analisi considerando i valori di flessione non soltanto nel punto collocato a 32.5 cm dalla testa della racchetta ma in ogni punto lungo il telaio per determinare l'esistenza di "flexpoint" collocati in altra posizione del fusto, come spesso capita di riscontrare per modificare il comportamento dinamico del telaio.
Il profilo costante e la tecnica costruttiva per iniezione (che non funziona per stratificazione successiva di materiale in fogli), suggerirebbero un comportamento molto lineare e progressivo senza punti di marcata flessione ed in effetti questo emerge dall'analisi flessionale statica (eseguita a bassa velocità di deformazione) del telaio.
La racchetta è assolutamente lineare, non possiede punti di variazione flessionale e lascia dunque presupporre un comportamento in campo assolutamente lineare e prevedibile, molto "old style" come da attese.
È un fusto con spiccate caratteristiche di elasticità che si tramuta in un'arma pronta a scoccare fucilate quando sollecitato

Un telaio mutevole: se picchi si irrigidisce

Però qualcosa ci deve fare riflettere. Prendiamo in esame il comportamento in campo e quella che viene solitamente definita rigidità dinamica del telaio, quella percepita quando il telaio risponde alle sollecitazioni rapide imposte dall'impatto con la sfera.

Proviamo a spiegarci meglio. In altre parole, alcuni materiali, sollecitati in modo rapido tendono ad irrigidirsi fornendo una risposta molto più nervosa di quanto ci si aspetterebbe deformandoli in modo lento e progressivo, questa è la rigidità reale, quella "dinamica" percepita realmente dal giocatore.

Se proviamo a studiare la risposta vibrazionale del telaio ci accorgiamo infatti che a differenza di quanto accade solitamente con telai del tipo tradizionale realizzati per laminazione progressiva, in questo caso la risposta è molto più ampia, il suono più secco e la frequenza di risonanza, elemento che ci indica la rigidezza dinamica del telaio, spostata più in alto, rispetto ai telai tradizionali.

Il grafico che mostra l'analisi dei punti di flessione della Max 200G

Questo ci lascia dunque intuire che la Max 200G è un telaio mutevole, che possiede come caratteristica peculiare quello di essere molto flessibile a bassi regimi ed irrigidirsi se colpito con violenza, cosa non da poco!
Non siamo in presenza dunque di un telaio del tipo molla, ma di un fusto con spiccate caratteristiche di elasticità che si tramuta in un'arma molto reattiva pronta a scoccare fucilate secche e nette quando sollecitato in modo brutale…
La racchetta è lineare, senza punti di variazione flessionale e lascia dunque presupporre un comportamento in campo molto old style

Uno sweet spot ampio per un fusto senza grommet

Per quanto riguarda lo sweet-spot, ci si aspetterebbe poco da un ovale di soli 85". In realtà l'area utile di impatto è molto ampia per un ovale di dimensioni 548cmq ed occupa tutta la parte medio alta del piatto corde a garanzia di massimo confort in ogni condizione di gioco, tolleranza ma anche potenza e presa delle rotazioni.
Forse sino ad ora non ci si è soffermati sul fatto che le corde sono montate direttamente sul fusto senza interposizione dei grommet e che le corde, in modo del tutto futuristico rispetto alle concorrenti dirette risultavano… sospese e potevano lavorare sfruttando l'ovale dalla parte esterna del piatto, come si sarebbe visto anni dopo con sistemi di sospensione! La zona utile di impatto così ottenuta è molto ampia a riprova del fatto che il telaio è molto fruibile a discapito delle dimensioni non propriamente ampie dell'ovale anche se, è bene sottolinearlo, non siamo in presenza di un fusto destinato a giocatori dotati di tecnica non avanzata, dato pure il peso e l'inerzia molto elevate.
Colpire nel centro del piatto corde consentiva di generare colpi secchi e precisi, vere e proprie staffilate, violente e decise, che dato pure il pattern 18x20 garantivano comunque ottimale controllo.
Il back era di riferimento, non a caso Steffi Graf la adottò per lunga parte della sua carriera ed il gioco di volo: per quanto il telaio fosse piuttosto massiccio, consentiva di assestare voleè in sicurezza e giocate di fino di riferimento assoluto.

L'analisi di laboratorio dello sweetspot della Max 200 G

Da notare la presenza di tripli “shared holes” in alto ed in basso che consentivano di ottimizzare la risposta della corda, non indebolire troppo il telaio e assicurare un pattern di incordatura semplice e pulito che consentiva di passare le verticali dall'alto al basso naturalmente senza uso di pattern ATW.

Una vera “mazza”, con spinta e stabilità

Per quanto riguarda infine i dati del telaio siamo in presenza di una "mazza" di considerevoli dimensioni. Descrivono un attrezzo particolarmente impegnativo per gli standard di oggi ma dotato di ottima capacità di spinta e di stabilità ovviamente se maneggiato da un braccio in grado di metterne in moto la massa elevata. Sicuramente incordato con una corda elastica è un telaio che non poteva dare problemi al gomito data la massa e la capacità di assorbire vibrazioni ma al limite alla spalla per la necessità di richiamare forza in fase di esecuzione dei colpi.
Ma quale era dunque il segreto della Max 200g ? Forse il, segreto della Dunlop che più caratterizzò il destino della casa britannica era di non avere particolari segreti eppure di condensare al proprio interno una serie di soluzioni tecniche talmente innovative forse da passare inosservate o quantomeno ignorate e non sbandierate come si farebbe oggi per i moderni telai.

Il cosiddetto 'paintjob' in rosso: qui in mano a Omar Camporese

CHI L'HA USATA: McEnroe, Graff e non solo...

Tra attività giovani e grandi trionfi adulti la Dunlop Max 200G è stata fedele compagna di tanti campioni, italiani e stranieri. In particolare John McEonroe ci vinse Wimbleodn e gli Us Open. Steffi Graf realizzò con questa racchetta il suo Golden Slam del 1988 (i quattro Slam più la medaglia d’oro olimpica a Seul).

Ecco alcuni altri utilizzatori di rilievo: Omar Camporese, Paolo Canè, Cristiano Caratti, Peter Fleming, Andrea Gaudenzi, Ramesh Krishnan, Patrick McEnroe, Martina Navratilova, Diego Nargiso e Gianluca Pozzi.

Tutte le 7 versioni...

  • 1.0 1982: fondo nero, frecce oro e verde - 2 strisce verdi (3 differenti molds, il primo leggermente rastremato in testa e grommets less con fori rotondi. Secondo profile costante con fori rotondi, terrzo con profile costante e fori rettangolari (questo mold continuerà fino al 1992).
  • 2.0 1986: fondo nero, frecce oro e verde – strisce nero e oro - scritta "Graphite Injection". Firma di John McEnroe a lato ( esiste una versione differente che celebra la vittoria di Wimbledon e Us Open 1984).
  • 3.1. 1988: Fondo nero, frecce oro e verde – striscie oro e verde - dicitura "Grafil Injection"
  • 3.1. 1988: Variante: fondo verde sfumato, frecce rosso e bianco
  • 4 1989: Golden Grand Slam – Edizione numerata, 2000 pezzi. Frecce piccole e stilizzate con bordi arrotondati, cuoio Fairway.
  • 5 1990: fondo Nero lucido, frecce oro/turchese
  • 6. 1991: PRO – fondo porpora con scritte verdi.

 

...e i dati di laboratorio *

  • Peso (incordata) = 366 g
  • Bilanciamento = 313 mm
  • Swing-weight = 340 kgcmq
  • Spin-weight = 356 kgcmq
  • Twist-weight = 16 kgcmq
  • Recoil-weight = 174 kgcmq
  • Polar-index = 0.95 7.5/10

* misure rilevate con pro-t-one racquet-lab

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