

La n. 24 al mondo sostiene il progetto Bring Kids Back, promosso dal presidente ucraino Zelensky dopo la deportazione di circa 20mila giovani ucraini: "La mia missione è portare attenzione sul tema. E sul campo metterò tutto lo spirito combattivo dell'Ucraina
di Samuele Diodato | 28 febbraio 2025
Una piattaforma, un mezzo per unire le persone in nome delle cause più importanti. È questo che il tennis rappresenta per Elina Svitolina, n. 24 WTA. Arrigo Sacchi lo diceva del calcio, ma vale un po’ per tutto lo sport, ovvero “la cosa più importante delle meno importanti”. Soprattutto quando, in quanto tale, riesce a farsi megafono dei temi più scottanti.
E la tennista ucraina, nata ad Odessa nel 1994, ha trovato proprio in questo approccio allo sport la sua missione. Specialmente da quando, tre anni fa, la sua patria vive quotidianamente un tragico conflitto con la Russia. In cui la conta delle vittime cresce e tante altre esistenze cambiano per sempre.
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— Elina Monfils (@ElinaSvitolina) February 24, 2025
Così, mentre lotta sui campi di tutto il mondo, Svitolina è impegnata in una causa che definire nobile è anche riduttivo. “Ho una piattaforma che uso per attirare l'attenzione, per riunire le persone e per il nostro futuro, perché si spera che la guerra finirà presto e poi avremo molto lavoro da fare per ricostruire il nostro paese e costruire il nostro futuro”, ha raccontato in un’intervista al “The National”.
La sua missione ruota intorno al progetto Bring Kids Back UA, promosso dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky, e di cui la tennista è ambasciatrice: “Questa iniziativa sta lavorando molto duramente per riportare indietro i bambini che sono stati deportati dall'Ucraina. Ci sono ancora circa 20mila bambini che sono scomparsi. Sono il nostro futuro”.
Per la precisione, il sito di Bring Back Kids parla, ad oggi, di 19546 giovani vite strappate alla loro esistenza (e alle loro famiglie). L’obiettivo, appunto, è quello di riportarle indietro, in un ambiente sicuro. Impresa che ha già coinvolto 1227 persone tra bambini e bambine.
“Queste storie sono difficili da ascoltare per noi – ha confessato Svitolina -. Ad una giovane ragazza nata nel 2008 a Kherson, e trasferita forzatamente in Russia, hanno detto che dovrebbe preoccuparsi solo di quest’ultima, e che l’Ucraina non è neanche una nazione”. E si tratta solo di una delle tantissime testimonianze presenti proprio sul sito.
Per la precisione, il sito di Bring Back Kids parla, ad oggi, di 19546 giovani vite strappate alla loro esistenza (e alle loro famiglie). L’obiettivo, appunto, è quello di riportarle indietro, in un ambiente sicuro. Impresa che ha già coinvolto 1227 persone tra bambini e bambine.
“Queste storie sono difficili da ascoltare per noi – ha confessato Svitolina -. Ad una giovane ragazza nata nel 2008 a Kherson, e trasferita forzatamente in Russia, hanno detto che dovrebbe preoccuparsi solo di quest’ultima, e che l’Ucraina non è neanche una nazione”. E si tratta solo di una delle tantissime testimonianze presenti proprio sul sito.
La guerra dura da tre anni e “ogni giorno è come uno zaino che pesa sulle spalle degli ucraini”, ha detto. “Questo spirito combattivo cerco di mostrarlo anche in campo. Trovare un modo per vincere le partite, trovare un modo per portare un po' di luce, una piccola vittoria per il popolo ucraino, è qualcosa di cui mi sento responsabile. Lottare sul campo è il minimo che io possa fare”.
La grinta di Elina Svitolina (Getty Images)
Gancio dell’intervista, l’ultima frase, anche per parlare brevemente di quelle che sono le prospettive, in termini prettamente agonistici, della nuova stagione. Iniziata, peraltro nel migliore dei modi, con quarto di finale all’Australian Open nonostante il recente rientro da un intervento chirurgico alla caviglia (con l’innesto di due viti) che l’ha tenuta ai box per quattro mesi.
“Ho sempre grandi obiettivi per me stessa, ma è davvero importante suddividerli in piccoli passi”, ha asserito. “Non è stato facile, ma sento di essere su una buona strada dopo quanto fatto in Australia. Devo solo tornare e ritrovare il ritmo, nei tornei e poi i risultati arriveranno”.
“The National”, testata che opera nel mondo arabo, ha poi interrogato l’ex n. 3 del mondo sul ruolo dello sport in quella parte del pianeta, che dall’anno scorso ospita, nella città di Riad (Arabia Saudita), le WTA Finals. Qui, la campionessa degli Internazionali d’Italia nel biennio 2017-18 ha risposto con lo stesso concetto: “È un passo importante. Sento che stiamo facendo tutto il possibile per coinvolgere i bambini e, per coinvolgere le donne. Che sia professionistico o amatoriale, lo sport unisce le persone. Il tennis per me personalmente, ha portato molto nella mia vita e sono molto grata ai miei genitori per aver scelto questo sport per me".
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