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Regina Aryna, persona prima che campionessa, ma anche tanto altro. Il tennis è fiero della sua numero 1

La numero 1 si racconta dopo il trionfo agli US Open che la consola dalle altre delusioni Slam della stagione: dalla morte del padre ai problemi al servizio, dalla psicologa alla gestione delle emozioni, dall’amico Djokovic alla gaffe con Alcaraz che chiama.. “Jann…”

di | 13 settembre 2025

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Una campionessa, certo, potente e moderna, in linea col tennis uomini, ma soprattutto una persona sincera e lineare, forte e capace di confessare i suoi momenti difficili, di esternarli e di riviverli insieme al pubblico. Il movimento delle racchette donne esulta per la sua numero 1 forse più completa, Aryna Sabalenka, Tigre di Minsk, ma anche micino da coccolare quando, commossa, parla del padre, morto a 43 anni nel 2019 a causa di una meningite: “Quand’è successo, mi sono sentita molto depressa. E’ stato un periodo difficile per me e la mia famiglia, ho cercato di continuare anche per lui. In off season non volevo lasciare la mia famiglia, non ero motivata emotivamente a ricominciare. Mentalmente è stata durissima. Ma in quel momento ho deciso di usarlo come motivazione per scrivere la storia della nostra famiglia.Voglio credere che sento la sua protezione dall’alto, e so che è diventato la mia forza. Questo significa molto. Oggi penso di aver vinto perché ho trovato la forza di lottare ancora. Mio padre voleva che diventassi numero 1, questo mi aiuta a continuare ed essere forte”.

CRISI SERVIZIO 

All’indomani del successo agli US Open, col quale cauterizza le ferite degli altri Slam dell’anno, tutti persi da favorita, tutti di pochi punti, tutti per clamorosi black out di nervi, la 27enne finalista degli ultimi tre anni degli Slam sul cemento, e cioé Australian Open e US Open, ha rivelato: “Quattro anni fa ero davvero sul punto di smettere. Facevo troppi doppi falli, sempre e ancora. Non riuscivo più a servire. Non so cosa mi sia successo, si è rotto qualcosa nell’ingranaggio e il movimento non funzionava più. Nonostante ciò, continuavo a giocare e sono comunque finita nella top 10. Ma ero sul punto di smettere perché non sapevo come risolvere il problema. E’ stato un processo così lungo… Il tennis è soprattutto una questione mentale: si parla da soli e si gestiscono le emozioni. Col team abbiamo provato davvero di tutto per migliorare il servizio, ma niente ha funzionato. Sono arrivata a pensare che fosse il segno che dovevo arrendermi, smettere con il tennis e passare ad altro. Invece quel punto così basso è diventato un punto di svolta. Ho insistito. Ho lavorato ancora più duramente e, mentalmente, ho trovato me stessa. Ci sono riuscita provando e riprovando. Ho parlato molto con il mio team e ho integrato nuove persone. E’ molto importante essere circondati dalle persone giuste, soprattutto in quei momenti: tutto si riduce al sostegno che ti danno e come te lo danno. Abbiamo poi ingaggiato un esperto in biomeccanica che mi ha aiutato a capire alcuni dettagli. Sono stata brava: dovevo per forza attraversare quel periodo, restare forte e non arrendermi. Dopo di che, sono riuscita a vincere il mio primo Grande Slam. Ma, a livello emotivo, è stato un percorso completamente folle”.

Aryna Sabalenka (USTA)

Aryna Sabalenka (USTA)

PSICOLOGO

Ormai non c’è tennista che prima o poi, per periodi più o meno lunghi, si appoggia a uno psicologo per trovare quell’apporto mentale indispensabile per sostenere il duro tran-tran  di allenamenti, spostamenti, tornei, gestione delle emozioni dopo le sconfitte e magari gli infortuni, e poi le riprese, i picchi e i cali di forma, eccetera. “Per 4/5 anni ho lavorato con una psicologa dello sport: mi faceva fare meditazione o esercizi di quel tipo per richiamare certi movimenti e certe sensazioni che poi ritrovavo in partita. E’ stato all’inizio della mia carriera, quando facevamo davvero tante cose insieme, ma mi sono resa conto che contavo troppo su di lei, mi aspettavo che fosse sempre lei a risolvere i miei problemi, e mi accorgevo che, nei fatti, ripetevo lo stesso errore ancora e ancora. Così iniziavo a essere contrariata con me stessa, perché in realtà non stavo concludendo nulla. Quindi mi sono detta: “Ok, devo prendermi la responsabilità delle mie azioni”. E ho smesso di lavorare con la psicologa: è stato il momento esatto in cui ho iniziato a conoscermi un po’ meglio e a capirmi un po’ di più. Da quel momento in poi sono riuscita a gestire meglio le mie emozioni”.

Intelligente e sensibile com’è Aryna sa di non essere guarita completamente da certi corti circuiti. Ma, ha imparato a ragionare in positivo, a prendere i meglio degli avvenimenti e quindi ad esaltare l’ultimo successo, nella finale di New York, contro la sua bestia nera, Amanda Anisimova, che l’aveva sorpresa a Wimbledon: “Aver condotto la battaglia e aver saputo gestire le mie emozioni come ho fatto agli US Open significa molto. In questo momento sono molto orgogliosa di me stessa”.

GRANDE IMPOSTORE

Le ultime affermazioni cozzano con quelle di fine luglio, quando, sulla spiaggia di Mykonos, invece di trovare distrazioni, si auto-flagellava: “Vinco e sono la persona più felice che ci possa essere. Ma quando perdo, è davvero difficile godere. Sono un tale perdente. Mi odio…”. Tempo fa avevo anche confessato: “In campo, posso dire di essere una persona molto sgradevole, sono davvero cattiva. Anzi, non cattiva, no, molto tenace, con un temperamento forte. Fastidiosa, direi. Voglio dire, str****, sì. E’ proprio così che mi chiamano sul Tour. Credo di avere avidità e tenacia atletica. Ma credo anche che in campo bisogna proprio essere cattivi. Certo, puoi essere una brava persona, una brava ragazza, ma fuori dal campo. Quando giochi la partita devi essere arrabbiata, affamata, avida e molto sgradevole”.

UMORISMO 

Aryna è autoironica. E’ un personaggio positivo che mostra sempre le sue emozioni, con un body language sempre evidente, urlando, sorridendo, piangendo sul campo, davanti al pubblico, e poi ridendo e scherzando con tutti, a cominciare dal suo team che coinvolge in balletti e in scherzi continui, per continuare col suo idolo tennistico, Novak Djokovic, col quale spesso si cimenta in qualche fase dell’allenamento.

E’ la stessa che, nel talk show subito dopo il quarto trionfo Slam, insieme a Carlos Alcaraz, rivolgendosi a lui, ha fatto una clamorosa gaffe, chiamandolo “Jann…”. Non ha completato, la parola che l’avrebbe portata a chiamarlo dichiaratamente Jannik Sinner, che è rimasto sul trono della classifica per 65 settimane e chissà quante altre volte aveva accompagnato in eventi simili, visto che lei è la numero 1 da 47 settimane di fila. Ma è scoppiata in una risata coinvolgente, sincera, senza malizia, che ha tranquillizzato anche Carlitos. “Scusa! Ok? Nessuno lo saprà mai, non preoccuparti”. Ma ovviamente la scenetta è diventata virale sui social, insieme al suo commento: "E’ la peggior figuraccia mai fatta in vita mia”.

SEGRETI

Nel suo personalissimo e spontanissimo rapporto con la telecamera, in un blog su YouTube, Aryna ha mostrato una tasca del suo borsone piena di soldi quando si allena, “la tasca di beneficenza”, con banconote di diverse valute. “Il mio allenatore mette dei soldi in gioco quando giochiamo un set o una partita con il palleggiatore. Di solito è una discreta quantità di denaro e sapete, i soldi che guadagni dal tuo allenatore sono i soldi più dolci. Anche se una volta ho perso 5mila euro. L’ultima invece ho vinto e sono stata molto contenta. E’ stata una sensazione incredibile, e onestamente mi ha aiutato a sentire la pressione anche sul campo di allenamento, cercando di superarla”.

A quanto pare poi quello che resta viene donato in beneficenza. Sull’avambraccio, Aryna ha un enorme tatuaggio di una tigre, il suo soprannome, ma non se ne farà altri: “L’ho preso a mia madre. Perché sentivo che se avessi iniziato, avrei potuto finire ricoperta di tatuaggi, e non voglio che accada”. E a New York, sul campo di gioco, ha sfoggiato una combinazione collana/orecchini di oro e topazi del valore di 65mila dollari. Da vera regina.

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