L'occasione è inclusa nella 'Fan week' ed è stata intitolata 'Stars of the Open': andrà in scena questa notte sull'Arthur Ashe Stadium. Insieme all'azzurra, Flavio Cobolli
21 agosto 2025
Dieci anni dopo, Flavia Pennetta tornerà a scendere in campo nel torneo che ha rappresentato la svolta – e insieme la conclusione – della sua carriera. Un torneo che ha probabilmente iniziato un'epoca, perché da quei magici Us Open del 2015 il tennis italiano non è più stato lo stesso. L'occasione è inclusa nella 'Fan week' ed è stata intitolata 'Stars of the Open': andrà in scena nella giornata di giovedì, nella notte italiana, sull'Arthur Ashe Stadium.
Con un programma extralusso: per cominciare, Coco Gauff e Andre Agassi contro Venus Williams e John McEnroe, poi Joao Fonseca e Juan Martín Del Potro contro Andy Roddick e Alex Michelsen, quindi Gael Monfils ed Elina Svitolina contro Flavia Pennetta e Flavio Cobolli. Per chiudere poi con Dana Mathewson e Jack Sock contro Bethanie Mattek-Sands e Casey Ratzlaff (Mathewson e Ratzlaff sono due campioni del tennis in carrozzina).
Una serata tra presente e passato, dunque, che a noi interessa anche per ricordare quella storia straordinaria di dieci anni fa. Flavia arrivò a New York da numero 26 del seeding, in una lista che vedeva ai primi due posti Serena Williams e Simona Halep. Serena che per giunta puntava diritta al Grande Slam, dopo aver trionfato a Melbourne, a Parigi e a Wimbledon. Ma quello era il torneo dell'Italia, almeno tra le donne. Se da una parte la Pennetta incantava eliminando Stosur, Kvitova e Halep, dall'altra non era da meno Roberta Vinci, capace di interrompere il sogno Slam di Miss Williams al termine di una partita che ancora oggi ricordiamo. Per le magie di Robertina, per l'arrabbiatura di Serena, per un incontro che pareva uscito direttamente dal mondo delle favole. Tanto più che quel trionfo ci garantiva un ultimo atto tutto tricolore per la prima volta nella storia dei Major.
Roberta arrivò al match decisivo in piena trance agonistica, ma quel giorno Flavia era troppo in palla: vinse per 7-6 6-2, poi al momento della premiazione – accanto all'amica che l'aveva accompagnata fin dai tempi dei tornei Juniores, le confidò quel segreto che di lì a poco avrebbe scoperto tutto il mondo: quegli Us Open vinti in quel modo straordinario erano anche la cartolina d'addio della brindisina, che si sarebbe congedata dal suo mondo a fine stagione, al termine delle Wta Finals. Un progetto meraviglioso e audace, quello di lasciare all'apice della carriera, che ha trasformato quella storia in qualcosa di ancora più indimenticabile.
Fu un momento particolare, per tutto il movimento. Perché se il trionfo di Francesca Schiavone al Roland Garros nel 2010 aveva già dimostrato che nessun traguardo era precluso alle nostre campionesse, quegli Us Open dominati da due azzurre così diverse tra loro aggiunsero altra speranza: sapevamo che quel gruppo di ragazze straordinarie stava vivendo la parte finale del percorso, ma nel frattempo stavano crescendo quei ragazzi che di lì a qualche anno avrebbero cominciato a farci sognare anche nel circuito Atp. Per le imprese (la semifinale di Cecchinato al Roland Garros, il trionfo di Fognini a Monte-Carlo) sarebbero serviti ancora alcuni anni. Ma ci sono pochi dubbi sul fatto che quelle due settimane magiche nella Grande Mela siano state un'ispirazione per chiunque, in Italia, avesse a che fare col tennis.
Flavia è diventata la seconda italiana a conquistare un torneo dello Slam dopo Francesca Schiavone e la terza più anziana dell'Era Open a conquistare un Major, a 33 anni e 201 giorni: meglio di lei solo Serena Williams e Martina Navratilova, due delle più grandi di sempre. Il trionfo a New York è stato il coronamento di una carriera che l’aveva vista vincere 11 tornei (il primo in Polonia nel 2004) e quattro Fed Cup (2006, 2009, 2010 e 2013), con 582 successi in carriera (il 61% dei match disputati) e la sesta posizione del ranking come miglior risultato (datata 28 settembre 2015).