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Silvia Ambrosio, l’italiana di Francoforte con gli Slam nel mirino

Nata in Germania da genitori di Salerno, Silvia Ambrosio ha giocato il suo primo torneo professionistico a 22 anni e cinque stagioni dopo è nelle prime 300 WTA. A cambiarne le prospettive il college nell’Indiana: cercava una laurea in psicologia, ha trovato anche un tennis che si fa sempre più interessante

11 febbraio 2024

È possibile giocare il primo torneo professionistico a 22 anni e arrivare meno di cinque stagioni più tardi ad annusare le qualificazioni degli eventi del Grande Slam? Difficile, improbabile, raro e forse pure un po’ folle, ma si può. A cancellare gli aggettivi che scoraggiano un percorso iniziato fuori tempo massimo (o così pareva) c’è la carriera di Silvia Ambrosio, l’italiana nata a Francoforte da genitori della provincia di Salerno, emigrati in Germania per cercare fortuna come ristoratori.

Fino a metà del 2023 Silvia ha difeso i colori della sua terra natia, poi ha sentito sempre più forte il richiamo delle origini, così la scorsa primavera ha mandato una mail alla WTA chiedendo cosa dovesse fare per giocare da italiana nel circuito internazionale, in virtù del doppio passaporto. Un mese e mezzo dopo, accanto al suo nome è sparita la bandiera tedesca ed è comparso il nostro caro tricolore, elemento chiave per portare alla luce (in Italia) una storia bella per le sue particolarità, che davvero poco hanno a che vedere con le regole non scritte tipiche del tennis.

Perché Silvia, oggi 27enne, ha giocato sul serio il suo primo torneo ITF a 22 anni, nel 2019, dopo tre stagioni trascorse alla Purdue University di West Lafayette nelle quali si è resa conto che la racchetta poteva davvero rappresentare il suo domani. Non lo immaginava nemmeno lei quando a 19 anni era volata nell’Indiana, sfruttando un buon background tennistico per accaparrarsi una borsa di studio, con l’obiettivo di prendere una laurea in psicologia e allo stesso tempo capire quale strada intraprendere per il futuro. Ma poi i risultati le hanno fatto capire che con la racchetta ci sapeva fare a tal punto da doverci provare.

E pensare che per la gran parte della sua adolescenza tedesca il tennis non era nemmeno stato una priorità. Ha iniziato a giocarlo a 7 anni, ma fino ai 14 l’ha condiviso col calcio. Poi, un giorno si è resa conto che praticare due sport iniziava a diventare troppo impegnativo e così ha preferito il tennis. Giocava discretamente, ma non al punto da immaginare un futuro al pari dell’attuale presente, da n.275 della classifica WTA (nona miglior italiana) e col traguardo delle qualificazioni Slam a un passo.

A cambiare completamente la sua dimensione e le sue prospettive è stato l’approdo al college: è entrata nella squadra di tennis in punta di piedi e tre anni più tardi ha salutato le “Boilermaker” con una laurea in tasca e un posto da top-10 nel ranking individuale delle atlete dei college, frutto di vittorie su vittorie. “In Germania – ha raccontato – c’era questa sorta di trend di trasferirsi negli Stati Uniti per l’università, che anche io ho seguito. Sono sempre stata un po’ spaventata da certi azzardi, ma poi mi sono lasciata convincere e quando sono arrivata a Purdue mi sono trovata per la prima volta in un ambiente tennistico di alto livello. Era pieno di ragazze molto forti, mentre io avevo il solo obiettivo di provare a dare il massimo di me stessa. Ma ho capito presto che potevo diventare una di loro”.

All’inizio Silvia ha raccolto poco, ma poi col tempo l’impegno ha dato i suoi frutti e si è meritata il ruolo da numero uno del team, prendendo coscienza del fatto che una volta ultimati gli studi la strada da percorrere fosse quella del professionismo. Detto, fatto: a nemmeno una settimana dalla proclamazione era già in Messico, per il suo primo torneo internazionale. Dalle qualificazioni si è spinta fino ai quarti di finale, si è convinta della propria scelta e da allora è salita sempre più su.

In termini di tempistiche il suo approdo fra le “pro” non è stato dei più fortunati, perché nel 2020 è arrivata la pandemia e così Silvia ha dovuto attendere fino al 2021 per disputare la sua prima stagione completa. Ma ha sfruttato quell’anno per allenarsi e poi ha bruciato le tappe.

Nel 2022 ha raccolto i primi due titoli internazionali, nel 2023 ha iniziato a frequentare tornei di categoria sempre più importante e vien da pensare che non sia un caso che il risultato sin qui più prestigioso della sua carriera sia arrivato lo scorso giugno, nella prima settimana da italiana anche secondo ITF e WTA. Nell’Itf da 60.000 dollari di montepremi del Tevere Remo di Roma, Silvia è arrivata in semifinale e si è convinta ancora di più delle proprie possibilità.

A settembre ha vinto a Frydek Mistek (Repubblica Ceca) il suo terzo titolo internazionale – e primo da italiana – e a dicembre era numero 242. Le è mancato poco per conquistare un posto nelle qualificazioni dello scorso Australian Open, ma potrà riprovarci al Roland Garros, grazie a un tennis che evolve di settimana in settimana sotto la guida del coach brasiliano Caio Claudino.

Lui e Silvia hanno iniziato a lavorare insieme nell’aprile del 2022 e da lì in avanti la campana – cresciuta parlando italiano – si è migliorata sempre di più. Aveva la tendenza a giocare troppo lontana dalla linea di fondo, ma poi è diventata via via sempre più aggressiva. Oggi spinge, usa a dovere variazioni, slice e cambi di ritmo, i risultati le hanno dato ragione e uno Slam la attende. Se non sarà Parigi potrà essere Wimbledon, oppure New York. In quegli Stati Uniti che già una volta hanno dato la svolta al suo percorso con la racchetta. 


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