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Renée Richards, una bandiera contro le discriminazioni: lunedì a New York Stories

Lunedì al centro di New York Stories la battaglia di Renée Richards, prima tennista trans in campo allo US Open. Appuntamento alle 13 su SuperTennis

di | 03 agosto 2025

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Nel 1975, un medico oculista di 40 anni, laureato a Yale, arruolato nella marina, sposato con un figlio, ottimo giocatore di tennis e di baseball tanto da essere stato osservato da giovane dai New York Yankees, sente di avere solo due opzioni: cambiare sesso o buttarsi da un tetto. Sceglie la prima. Si chiamava Richard Raskind, per la sua nuova vita sceglie come nome Renée, rinata in francese. All'operazione aveva già pensato anni prima. Era andato a Casablanca dal dottor George Burou, ginecologo francese che nella sua Clinique du Parc iniziava a praticare su larga scala interventi di riassegnazione del sesso. Ma torna indietro perché, racconta a Emanuela Audisio in un'intervista su Repubblica, preoccupata per le condizioni igieniche della clinica.

È a New York che Richard Raskind diventa Renée Richards. Diventa una bandiera, prima atleta trans nel circuito WTA. Dopo una causa pilastro della giurisprudenza sportiva, ha avuto la possibilità di giocare in singolare femminile allo US Open 1977, a 41 anni. Sarà poi allenatrice di Martina Navratilova, che la vorrà accanto a lei per presentarla al momento dell'ammissione nella Hall of Fame. Come ha scritto l'autore di un documentario ESPN sulla sua storia, “voleva giocare a tennis per far sapere a tutti che era una donna. Di sicuro il mondo non l'ha mai dimenticato”.

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La storia di Renée Richards è al centro della terza puntata di New York Stories, il programma realizzato e condotto da Giorgio Spalluto in onda su SuperTennis lunedì alle 13. New York è la città dove tutto succede in questa storia. È qui che Richard, figlio di un ortopedico e di una psichiatra, si opera per il cambiamento di sesso. È qui che nasce Renée Richards.

L'intervento, ha raccontato a Emanuela Audisio su Repubblica nel 2015, dura tre ore. Dopo tiene tutto segreto. “Per 48 ore fu tutto molto insopportabile. Quando lasciai l'ospedale ero sola: senza gruppo di sostegno, senza appoggio psicologico. Avevo già iniziato una cura ormonale a base di estrogeni che in tre anni mi aveva eliminato la barba. Feci altre due operazioni per aumentare il seno. Decisi di scomparire, di vivere la mia nuova identità lontano dai posti dov'ero nato e dove ero Richard”. Per cui va in California, a La Jolla.

Gioca con il suo nuovo nome. In occasione di un torneo vinto a La Jolla il suo tennis, e soprattutto il suo servizio, attirano l'attenzione di un giornalista Dick Carlson, anchorman in tv e padre di quel Tucker considerato il sostenitore di più alto profilo del trumpismo prima di essere licenziato da Fox News nel 2023.

La storia assume interesse nazionale. La United States Tennis Association, la Federtennis USA, e la WTA introducono degli screening genetici per le atlete. Sports Illustrated la definisce uno "spettacolo straordinario" e cataloga così le reazioni nei suoi confronti: vanno "dallo stupore al sospetto, dalla simpatia al risentimento e, più spesso che no, a una totale confusione".

Per il Comitato Olimpico degli Stati Uniti (USOC) “esiste un vantaggio competitivo per un maschio che ha subito un intervento chirurgico di cambio di sesso, a causa dell’allenamento fisico e dello sviluppo come maschio". Richards accetta di sottoporsi al test del corpo di Barr, che però dà risultati ambigui. Ma rifiuta di ripeterlo e viene esclusa dallo US Open 1976.

 

A quel punto Renée decide di battersi e fa causa contro la USTA davanti alla Corte Suprema. “Vinsi, i medici testimoniarono la mia nuova identità. Avevo perso 20 chili e il 30 per cento della mia massa muscolare. A 40 anni giocavo contro le ragazzine di venti, a quali Evert e Austin potevo fare paura? Ma per loro ormai ero un mostro: venuta a deturpare la loro femminilità e i loro incassi. Io che volevo stare in silenzio, mi ritrovai bandiera di un mondo che voleva dignità. Come oculista guadagnavo 100 mila dollari l'anno, secondo le mie colleghe mi ero fatta tagliare il pene per vincere a tennis?" ha raccontato a Emanuela Audisio.

Nonostante il disprezzo di molte delle avversarie, è in campo allo US Open del 1977. Perde al primo turno contro la campionessa di Wimbledon in carica, la britannica Virginia Wade, ma arriva in finale in doppio, con Betty Ann Stuart: si arrendono a Martina Navratilova e Betty Stove.

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Richards continua a giocare negli Stati Uniti e in America Latina fino al ritiro nel 1981. “Non ho mai battuto nessuna delle prime cinque donne al mondo. Non ho battuto Martina, non ho battuto Chrissie Evert, ma ho ottenuto vittorie contro alcune delle giocatrici classificate tra la sesta e la decima posizione. Quindi ero in alto, ma non proprio al vertice” ha raccontato. Ma ha comunque raggiunto la ventesima posizione nel ranking WTA e da coach ha allenato Martina Navratilova che nel periodo trascorso insieme ha vinto almeno una volta tutti e quattro i tornei del Grande Slam.

Gestire la popolarità, ha concluso, non è stato semplice. “Non ero fatta per questo. Non direi che fossi una persona schiva, perché non lo ero — ero capitano di ogni squadra in cui giocavo — ma ero una persona tranquilla e conducevo una vita privata, e ora all’improvviso tutti sapevano chi ero. Sono diventata una figura pubblica, una pioniera riluttante per tutti i gruppi emarginati del mondo”.

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