Il racconto della finale che il 5 luglio 1975 ha reso Arthur Ashe il primo nero a vincere Wimbledon in singolare maschile
di Alessandro Mastroluca | 05 luglio 2025
Il 5 luglio 1975, alle 14, Arthur Ashe e Jimmy Connors fanno il loro ingresso sul Centrale. Passano per la porta sormontata dai versi immortali di If, la poesia che Rudyard Kipling ha voluto dedicare a suo figlio: If you can meet with Triumph and Disaster / And treat those two impostors just the same (Se sai affrontare il Trionfo e la Rovina / E trattare questi due impostori allo stesso modo). Sta per iniziare uno dei più straordinari trionfi dell'intelligenza sulla forza nella storia di Wimbledon, e non solo.
Ashe si presenta con un giubbotto blu su cui campeggia la scritta rossa «USA», una sorta di monito, consapevole o no, al supposto scarso senso patriottico di “Jimbo” che invece una maglia bianca, rossa e verde. Il confronto stilistico non si limita all'abbigliamento. Come scrive Joel Drucker nel suo memorabile “Jimmy Connors mi ha salvato la vita”, Ashe è come "Pete Seeger che canta(va) sommessamente 'This land is your land' accompagnato dalle chitarre acustiche”. Connors, invece, “elettrico, un Bob Dylan che arriva al Newport Folk Festival (non lontano dalla Hall of Fame del tennis), collega la sua chitarra all’amplificatore e grida: 'How does it feel, to be on your own?'".
Raccontano e rappresentano due mondi diversi. Ashe è cresciuto nell’America segregata in cui i neri potevano al massimo diventare giardinieri nei country club per bianchi. Connors a quei country club guarda con l'invidia di chi sa di non appartenere a quel mondo ma aspira al potere di entrarci per rovinare le feste degli “snob” che li frequentano.
A night to remember with the great Arthur Ashe at the Wimbledon Ball, July 1975.
— Billie Jean King (@BillieJeanKing) April 29, 2025
He was the Men's Singles champion that year, and I was the Women’s Singles champion. ????
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