

I miracolosi US Open del 20enne rivelazione incrociano il terribile Novak: la potenza, l’effervescente fisicità, il sorriso e la freschezza possono fare la storia come Becker a Wimbledon?
di Vincenzo Martucci | 07 settembre 2023
Ben Shelton può ragionevolmente pensare di battere Novak Djokovic nelle semifinali di New York? Lui che due anni fa brillava all’Università come campione NCAA, l’anno scorso dopo 3 titoli Challenger decideva di abbandonare gli studi per diventare tennista professionista, anche se nel fare capolino agli US Open, targato 165 ATP, perdeva subito col portoghese Nuno Borges (104), lui che quest’anno ha stupito coi quarti agli Australian Open, ma poi s’è eclissato aggiudicandosi al massimo un turno a torneo, non superando il terzo nemmeno nei Challenger (a Cagliari contro Djere) e poi è riesploso all’improvviso agli US Open battendo Cachin, Thiem, Karatsev, Paul e Tiafoe e quindi schizzando dal numero 47 al 27 della classifica, lanciassimo verso i top 10 ad appena 20 anni?
SORPRESA
Servizio-bomba, anche a 149 miglia (240 chilometri all’ora), dritto al fulmicotone, rovescio che migliora di partita in partita, fulminee, frequenti e vincenti discese a rete, inventiva su ogni colpo e prorompente fisicità. Certo le armi del mancino sono tante e diverse dal campionario tradizionale, ma la sua corsa è talmente sorprendente che ha stupito anche lui e il suo team. Meno papà Bryan, l’ex pro che gli fa da coach: “L’esperienza può essere una cosa fantastica, giocando un paio di mesi sulla terra rossa ha dovuto imparare la pazienza, ha imparato a giocare un po’ in difesa, ha imparato ad attaccare quando davvero può, sa che se fa tutto giusto nella preparazione e nell’esecuzione può fare sempre male coi suoi colpi, ha capito che la risposta al servizio non è un optional ma fa parte integrale del gioco e deve continuare a migliorarla continuamente, e ci sta lavorando seriamente. Ha compreso che ha un’arma importante nel servizio ma che può usarlo anche meglio se ci mette un po’ di varietà e non va sempre per la botta a 149 miglia. Ecco, l’esperienza l’ha fatto maturare un bel po’ come giocatore, e i risultati sono venuti fuori tutti assieme in queste due settimane”.
Shelton Senior è giustamente orgoglioso del lavoro del figlio e suo. Ma, ragionevolmente, chi si aspettava che Shelton Junior andasse così avanti in singolare? Infatti l’ha iscritto anche al doppio e al misto, dove Ben ha perso con l’amico Chris Eubanks e con l’amica Taylor Townsend, facendo anche temere che il risentimento muscolare alla coscia destra di cui già portava i segni nella semifinale contro Tiafoe si sia pericolosamente risvegliato. Del resto, mai era andato tanto lontano in un torneo ATP, figurarsi in uno Slam, mai aveva vinto tante partite di fila in un appuntamento solo, figurarsi al meglio dei 5 set.
Quindi, ora, dopo aver eliminato l’eroe di casa dell’anno scorso, l’istrionico Tiafoe, come può ragionevolmente sperare di disarcionare anche il primatista dei 23 Slam maschili, l’espertissimo, furbissimo, fortissimo Novak Djokovic? Per di più il campione di gomma serbo, alla 47a semifinale-record Slam è incattivito dal ko nella finale di Wimbledon e quindi è decisissimo a prendersi la rivincita contro Carlitos e sfatare il tabù Us Open dopo un digiuno che dura dal 2018, in quell’America che l’ha respinto da No Vax alla frontiera. Dove ha buttato via due titoli tirando una pallata addosso a una giudice di linea e poi crollando di nervi e di fisico contro Medvedev a un passo del Grande Slam.
FISICO & TESTA
Ragionevolmente, Ben dovrà accontentarsi delle straordinarie sensazioni di questa cavalcata da sogno e dalla sua nuova dimensione come giocatore. “Contro Frances, ho sentito intimamente una gioia profonda durante un match pur così duro e così fisico, quando alzavo lo sguardo verso il mio box e vedevo amici e parenti, i loro sorrisi e i loro segnali divertenti, godevo. Così come per la interazione col pubblico e col tennis. Mentre mi asciugavo il sudore, nel quarto set, mi dicevo: 'Questo è uno dei momenti più grandi della mia vita su un campo da tennis, ho tanti dolorini fisici ma amo questa situazione'”.
Così si supera la soglia della fatica: “Mettiamoci anche il lavoro in palestra che m’ha fatto migliorare tanto la condizione atletica e anche quella mentale. Perché ci sono stati tanti momenti in cui passando sotto il mio box avrei potuto dire: 'Ragazzi, sono cotto, sono stanco, non non so se posso andare ancora avanti'. Invece mi ripetevo: 'Sto bene, anche lui sta sentendo le stesse cose che sento io'. Farti rimbalzare questi pensieri nella testa vale già metà battaglia. Tante partite, tanti allenamenti duri, ed ecco i risultati”.
EVEREST
Però Djokovic è di più, è molto di più, infatti l’ultima speranza americana, Tylor Fritz, ci ha perso per l’ottava volta su 8. Ben sorride, sorride sempre, pacifico, sereno, sicuro dei suoi mezzi e della sua spensieratezza fuori dal campo che gli è stata inculcata dai genitori: “Ho due giorni di riposo, sono abbastanza carico per l’opportunità di tornare là fuori e ritrovare la stessa sensazione che ho avuto contro Frances anche contro un altro avversario tanto più forte. Lo so, nel profondo della mia testa lo so bene che non ho mai giocato una partita così importante a questo livello di uno Slam, che lui è stato tantissime volte nella stessa situazione e ne è venuto fuori vittorioso tante volte. So quant’è solido come una roccia di fisico e di testa. Ma so anche che il fatto che non ci siamo mai affrontati può essere un vantaggio col mio stile di gioco. Penso di poter mettere in campo cose che normalmente non si vedono sull’ATP Tour, e spero che quelle cose possano diventare distruttive”.
Parole così le diceva, sempre col sorriso sulle labbra, sempre senza paura di nascondersi, sempre usando proprio quel termine, "distruttivo", qualcun altro. Un certo Bum Bum Becker, che esplodeva, 17enne, a Wimbledon 1985, proprio come uno dei famosi uragani così distruttivi e frequenti in zona alla fine dell’estate. Boris era prepotente, sorridente, euforico, teatrale, una forza della natura, diverso, unico, giovane, nuovo. Proprio come questo Ben Shelton che avrà un’arma in più nel pubblico americano che sogna un altro campione di casa nello Slam di casa da Andy Roddick nel 2003 e sa che Ben ha sangue nero da parte di papà Bryan, e da Arthur Ashe, addirittura nel 1968, non può salutare un campione nero nel Major a stelle e strisce. Di sicuro Ben sogna di fare un’altra telefonata, cioè quel particolare gesto che fa dopo le vittorie, mimando una chiamata telefonica: “L’ho visto fare la prima volta a Grant Holloway, che ha vinto anche i Mondiali tre volte di fila, perché sono amico di certi atleti dell’Università della Florida, dove vivo, a Gainesville. Quella era un po’ la sua firma sulle vittorie. E, insieme ai suoi colleghi, ho cominciato ad imitarlo. E’ rimasto un modo per rimanere connesso con gli amici che sono a casa”.
Una telefonata ti allunga la vita. Come in una bella pubblicità col sorriso, alla Ben Shelton. Che, ragionevolmente, non può battere anche Djokovic. Ma somiglia così tanto a un altro Bum Bum…
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