Possono il numero 7 e 8 del mondo invidiare dei colleghi che stanno alle loro spalle? Sì, perché altri hanno vinto almeno un titolo o raggiunto almeno una finale, loro mai. Hanno perso sei semifinali contro Coello/Tapia e altrettante contro Galan/Chingotto: questione di inferiorità tecnico-tattica, ma anche di uno scoglio psicologico via via sempre più grande
di Marco Caldara | 12 novembre 2025
Lo sport, a volte, sa essere strano, ingeneroso, persino un tantino crudele. Perché tanti seminano, non tutti raccolgono. Di certo lo è nel caso di Mike Yanguas e Coki Nieto, il duo che meglio di ogni altro simboleggia la distanza fin troppo spesso dibattuta fra le prime tre coppie del mondo (o volendo solo due) e tutte le altre. Il loro è un caso particolare: il primo è numero 7 del ranking mondiale, il secondo numero 8, con un margine enorme nei confronti del nono, staccato di quasi 2.000 punti. Insieme i due spagnoli formano la quarta coppia del circuito Premier Padel e ci sono centinaia e centinaia di colleghi che firmerebbero col sangue per raggiungere anche solo la metà dei traguardi che per loro sono diventati una costante, quasi un’abitudine.
Eppure, c’è da scommettere che pure loro scambierebbero volentieri buona parte di quanto fatto quest’anno, in termini di quantità, a favore di un aumento della qualità. La statistica parla chiaro: da inizio stagione hanno raggiunto la semifinale in 12 dei 18 tornei giocati, mostrando una regolarità impressionante. Sono arrivati al sabato nei primi quattro tornei dell’anno, poi hanno incontrato un piccolo momento di difficoltà a cavallo fra primavera ed estate, ma hanno presto rilanciato giocando altre sei semifinali consecutive. Poi un piccolo passo falso a Milano, quindi altre due di fila, in Egitto e la scorsa settimana nella World Cup Pairs a Kuwait City.
E allora dove sta il problema? Facile: che le dodici semifinali le hanno perse tutte, una dopo l’altra, sempre contro Coello/Tapia o Galan/Chingotto, sempre pagando un divario tecnico, tattico e fisico che col tempo si è esteso alla sfera psicologica, creando un ostacolo –quello sì – davvero complesso da superare.
Nel corso della stagione Premier Padel cinque coppie diverse hanno vinto almeno un torneo, altre hanno raggiunto almeno una finale, mentre Mike e Coki, Miguel e Jorge secondo le rispettive carte d’identità, si sono costantemente fermati un turno prima, come se non ci fosse verso di modificare nemmeno una sola volta un destino già scritto. Potrà cambiare da qui a fine stagione? Difficile, perché rimangono tre soli tornei: il P1 di questa settimana a Dubai, il Major di Acapulco in Messico e le Tour Finals di Barcellona. Coki le vinse a (super) sorpresa lo scorso anno con Jon Sanz, ma i miracoli sono tali proprio perché accadono una volta sola.
La storia delle semifinali perse da Nieto/Yanguas contro Coello/Tapia o Galan/Chingotto è praticamente scientifica, come se fosse calcolata a tavolino. Si sono arresi sei volte alla coppia numero uno e sei volte alla coppia numero due, raccogliendo solamente un paio di set contro entrambe. I primi due li hanno vinti fra Miami e Malaga contro i “Chingalan”, i successivi contro i leader della classifica fra Tarragona e Rotterdam. E contro entrambe le coppie sono stati per una volta in vantaggio di un set, senza riuscire a trasformare la situazione favorevole in un successo.
A onor del vero, contro Coello e Tapia non sono comunque mai arrivati vicini al successo, ma contro Chingotto e Galan sì, eccome, trascinandoli in entrambi casi fino al tie-break del terzo set. L’esito? Sempre lo stesso: gli avversari col sorriso, loro con la testa basta per l’ennesima delusione, quella che miscela la consapevolezza di esserci (che comunque non è poco) con la nuda e cruda realtà di una inferiorità impossibile da negare. Proprio da lì nasce il paradosso: la classifica dice che è meglio la loro situazione rispetto a quella di quasi tutti gli altri giocatori del mondo, e il conto in banca lo ribadisce. Ma altri hanno vinto, altri hanno giocato almeno una finale. Loro no. O almeno non ancora.