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Eventi internazionali

Berrettini riparte da Gstaad: "Tanta rabbia, Torino il mio obiettivo (VIDEO)

Quattro anni fa Berrettini vinceva a Gstaad il primo titolo ATP in carriera. Da qui riparte una stagione segnata dalle delusioni per l'infortunio alla mano e il COVID-19. "Sono tutto o niente, è il riassunto della mia vita" ha detto alla vigilia dl torneo

di | 17 luglio 2022

Quattro anni fa Matteo Berrettini, senza mai perdere il servizio, lanciava di fatto la sua carriera. Vinceva il suo primo titolo ATP a Gstaad, sul Centrale dedicato all'australiano Roy Emerson che ancora tiene frequentate clinic in questa rinomata meta turistica svizzera. Da Gstaad il romano riparte dopo il COVID-19 che l'ha privato della possibilità di scendere in campo a Wimbledon. Un colpo che l'ha abbatttuto ma non affondato, come ha raccontato in un incontro con rappresentanti della stampa italiana organizzata via Zoom a cui era presente SuperTennis.

"Quattro anni mi sembrano venticinque - ha detto, ricordando quel primo trionfo -. Ero qui senza allenatore, allora. Non mi aspettavo di giocare così bene, di vincere singolo e doppio. Rispetto ad allora, il posto è esattamente identico, la palla viaggiava come quattro anni fa. Io invece sono una persona diversa, non dico migliore o peggiore, ma evoluta. Allora mi scoprivo partita dopo partita, ora ho un database più importante, un'esperienza maggiore e so meglio quello che affronterò".

"LASCIO LONDRA CON IL RICORDO DEL QUEEN'S"

A Gstaad giocherà il doppio con il fratello Jacopo, a cui ha fatto da coach, mentre si allenava, al Club La Meridiana di Casinalbo dove Jacopo ha preso parte a un ITF da 25 mila dollari. "Mio fratello e mia nonna mi hanno aiutato tanto a Londra. Poi con Jacopo siamo stati benissimo a Casinalbo, il torneo è organizzato benissimo e loro ci hanno trattato benissimo. Mi ha fatto piacere, non ho spesso l'occasione di passare tanto tempo con lui" ha spiegato Matteo.

Resta forte l'amarezza per l'assenza a Wimbledon. "E' stato assurdo. Il mio team cercava di non sembrare troppo triste, a un certo punto mi sono aggrappato alla speranza di essere stato positivo prima e di poter essere negativo il martedì per la partita con Garin. Ma così non è stato. A un certo punto ci siamo detti c'è qualcosa o qualcuno che ci sta maledicendo, non lo so. Ma ho sempre cercato di guardare il lato positivo. Venivo da due settimane in cui non avrei potuto desiderare di meglio. Ho cercato di lasciare Londra con il ricordo del Queen's e non di Wimbledon" ha spiegato.

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"DI WIMBLEDON HO VISTO POCO, MA HO FINITO PEAKY BLINDERS"

Del torneo ha visto pochissimo. "Facevo fatica a guardarlo i primi giorni. Certo essendo tutto il giorno in camera, con il telefono sempre con me, seguivo i risultati. Ho visto qualcosa verso la fine del torneo però non sono un grandissimo appassionato di tornei quando non li gioco. Ho finito Peaky Blinders, ho visto qualche film. Ho letto poco, mi serviva qualcosa che mi distraesse e non che mi concentrasse. Ho ricevuto tanti messaggi di persone che hanno rosicato con me e forse anche più di me".

In quei giorni, nonostante la presenza della famiglia con cui pure non ha potuto avere contatti diretti ma solo a distanza fino all'esito negativo del tampone, non desiderava troppa compagnia. "Non ero nel mood di vedere persone, volevo restarmene per conto mio" racconta.

Anche questo dà la misura dell'impatto di questo stop che arriva dopo l'operazione alla mano per cui ha saltato tutta la stagione su terra, compresi gli Internazionali d'Italia, il torneo di casa che insieme a Wimbledon rappresentava per Berrettini il grande appuntamento del 2022. E arriva dopo lo strappo agli addominali che l'ha costretto al ritiro dopo il primo set della prima partita della prima edizione italiana delle Nitto ATP Finals a Torino l'autunno scorso, e a saltare anche le successive Finals di Coppa Davis. "A Torino l'atmosfera era speciale, poi c'era il fatto di esserselo meritato. Con Zverev stavo perdendo nel primo set ma mi stavo divertendo. Qui a Wimbledon mi sentivo bene in allenamento, anche quando ho giocato con Rafa. C'erano grandi aspettative. Ma Torino forse è stata ancora più grossa come delusione" ammette Berrettini.

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"TUTTO O NIENTE, E' IL RIASSUNTO DELLA MIA VITA"

Questa stagione in cui si alternano lampi scintillanti, come il bis Stoccarda-Queen's, e pause più o meno lunghe è un po' lo specchio di un modo di essere che non sembra conoscere mezze misure. "Che io sia tutto o niente è un po' il riassunto della mia vita tennistica e anche fuori dal campo - racconta -. Le cose o le faccio al massimo o non le faccio. Cerco di vivere ogni cosa e ogni emozione al 100% altrimenti non ne vale la pena. Spingo il mio corpo e la mia mente sempre al limite, e magari è per questo che ho anche questi problemi fisici. Questa è la spiegazione almeno che mi piace darmi".

In prospettiva, il prossimo grande appuntamento a cui guardare anche in previsione della qualificazione per le Nitto ATP Finals, è lo US Open. "Ma prima vorrei fare bene nei due Masters 1000: in Canada non ho mai giocato, a Cincinnati non ho mai fatto grandi risultati - spiega -. Dai prossimi tornei mi aspetto intanto di poterli giocare. Ho tanta motivazione, rabbia agonistica per quello che in questa stagione mi è stato un po' tolto. La stagione è ancora lunga, Torino rimane un obiettivo per tantissimi motivi. Mi sento di appartenere a quel livello, nonostante tutto sono ancora in corsa e voglio fare il meglio per arrivarci".

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Nelle ultime settimane, una volta rientrato da Wimbledon, Berrettini si è dedicato a un'altra sua grande passione: la musica. "Sono andato recentemente a due concerti, ogni tanto bisogna fare anche qualcos'altro oltre al tennis. Con Alessandro Borghi siamo andati al concerto di Salmo, poi con un ragazzo che conosco a sentire Jovanotti - racconta -. Sto ascoltando molto il nuovo disco di Gemitaiz, stiamo cercando di incastrare i nostri impegni per vederci. Sono contento di aver fatto queste esperienze, di aver incontrato chi per certi versi fa cose simili alla mia, anche se in modi diversi, ovvero performa di fronte a tante persone". Ma, conclude, non ci sono possibilità di sentirlo cantare come Lorenzo Sonego o Daniil Medvedev che ha annunciato qualche tempo fa un progetto rap insieme a Denis Shapovalov: "E' più facile che scali l'Everest senza bombole".


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