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Campioni nazionali

Da Camporese a Musetti, come è cambiato quel numero 18

Omar Camporese (il 10 febbraio 1992), Andrea Gaudenzi (il 27 febbraio 1995) e Andreas Seppi (il 28 gennaio 2013) hanno toccato il numero 18 come best ranking della carriera. Oggi quella soglia, che a lungo è stata il limite del tennis italiano maschile, è solo un punto di passaggio

28 aprile 2023

Uno degli sketch più famosi di quel genio che era Gigi Proietti si fonda sulla ripetizione ossessiva del numero 18 (cercatelo in rete, ne vale la pena). E fino a pochi anni fa anche per l'Italia del tennis maschile, quel numero 18 rappresentava una sorta di ossessione. Dopo i trionfi degli anni Settanta, nel secolo scorso tre dei migliori azzurri si fermarono proprio in quella posizione, ognuno di loro con una buona dose di rimpianti: Omar Camporese (il 10 febbraio 1992), Andrea Gaudenzi (il 27 febbraio 1995) e Andreas Seppi (il 28 gennaio 2013). Sono arrivati vicini al 18, ma senza toccarlo, anche Renzo Furlan (numero 19 il 15 aprile 1996), Francesco Cancellotti (numero 21, il 15 aprile 1985) e – per ora – Lorenzo Sonego (21, il 4 ottobre del 2021), il quale tuttavia ha tutto il tempo per migliorarsi ulteriormente.

Secondo la classifica Atp stilata lunedì scorso, a questo gruppo di affezionati al 18 si aggiunge anche Lorenzo Musetti, con una postilla importante: Lorenzo ha soltanto 21 anni, è in piena ascesa e quella posizione sarà solamente un punto di passaggio verso qualcosa di ancor più significativo. Basti pensare che, nel ranking live, il toscano ha già gli stessi punti di Alex De Minaur, 17°. Lo spunto però è utile perché ci fa capire come e quanto siano cambiate le dinamiche e le aspettative attorno al movimento tricolore. Quando negli anni Novanta prima Camporese e poi Gaudenzi arrivarono a quel livello, agli appassionati dell'epoca parve di toccare il cielo con un dito: Omar che vinceva l'Atp di Rotterdam battendo in finale Ivan Lendl, l'attuale presidente Atp che giungeva agli ottavi del Roland Garros alla sua prima esperienza nel main draw parigino. Roba che allora pareva fantascienza, oggi è diventata la norma.

Sia Camporese che Gaudenzi possono avanzare dei legittimi rimpianti per via di un fisico che non ha risparmiato a entrambi delle situazioni complicate da gestire. Al punto che poi tutti e due hanno deciso di chiudere la carriera appena dopo i 30 anni (anche se il bolognese si è concesso una 'coda' nei Futures). Diverso il discorso per Andreas Seppi, che malgrado abbia avuto ugualmente dei problemi (soprattutto con l'anca) è riuscito a prolungare la carriera fino ai 38 anni, risultando un esempio per tanti suoi connazionali che – mentre lui era impegnato nel Tour – stavano cercando di imparare il mestiere. I rimpianti dell'altoatesino, semmai, riguardano alcuni match (in particolare negli Slam), che avrebbero potuto farlo svoltare, e invece per una manciata di punti sono finiti dalla parte sbagliata. Resta in ogni caso, per tutti e tre, una carriera da mettere in cornice.

Fino al 2019, l'unico che era stato capace di infrangere il tabù del numero 18 era stato Fabio Fognini, in grado di approdare al numero 16 già il 29 luglio del 2013. Fabio in quelle zone ci avrebbe piazzato le tende, con un best ranking di numero 9 raggiunto nel 2019, la stagione del suo trionfo a Monte-Carlo. Ma è proprio dal 2019 che gli italiani hanno trovato modo di abbattere in massa e regolarmente quella barriera psicologica così importante. Ci è riuscito Marco Cecchinato, numero 16 come best ranking nel febbraio di quell'anno, anche se grazie ai punti della semifinale del Roland Garros 2018. Ci sono riusciti poi Matteo Berrettini (numero 6 nel suo momento migliore) e ovviamente Jannik Sinner (oggi numero 8, primato personale). Jannik era già numero 17 nel maggio del 2021, mentre Matteo era passato direttamente dal 25 al 13 dopo gli Us Open del 2019 (quando raggiunse la sua prima semifinale Slam).

Andreas Seppi al servizio

Se già questo confronto tra la situazione attuale e quella di una decina di anni fa è indicativo del percorso tricolore, è utile anche riportare tutta una serie di nomi che si sono fermati un po' più indietro di quel numero 18, e che tuttavia hanno fatto la storia del nostro movimento, in tempi in cui tutta questa abbondanza non ce la potevamo permettere.

A campioni come Filippo Volandri (numero 25), Paolo Canè e Cristiano Caratti (26), Potito Starace (27), Gianni Ocleppo (30), Paolo Lorenzi (33), Simone Bolelli (36), Gianluca Pozzi (40), Stefano Pescosolido e Davide Sanguinetti (42) dobbiamo comunque dire grazie per tutto quello che ci hanno regalato tra gli anni Ottanta e l'altroieri. Nonché per quello che molti di loro hanno dato e stanno dando nelle vesti di coach e maestri. Tuttavia quella di oggi, per il tennis italiano, è un'altra storia: una storia dove il numero 18 non è più un punto di arrivo, ma solo di passaggio.


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