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Campioni nazionali

Piraino, tiro mancino: "Nadal e Sinner gli esempi. Sicilia luogo del cuore"

"Adesso - spiega il 21enne di Palermo - c'è molta fiducia che deriva dai risultati: sta andando tutto per il verso giusto, quest'anno ho giocate tante partite di buon livello e ho pure vinto molto, dunque sto continuando a fare quelle cose che mi hanno portato sin qui”

10 agosto 2025

Gabriele Piraino colpisce di diritto

Gabriele Piraino colpisce di diritto

Gabriele Piraino, 21 anni, palermitano, è uno degli scalatori della stagione in casa Italia. A inizio 2025 era numero 471 Atp, nella classifica aggiornata è 343, frutto di una serie di risultati importanti a livello Itf. Nell'ordine, i titoli nel 15 mila dollari di Antalya, nel 25 mila di Santa Margherita di Pula, nel 15 mila di Gubbio e ancora nel 25 mila di Wetzlar, in Germania. Il tutto, con in mezzo la prima esperienza al Foro Italico, per gli Internazionali BNL d'Italia.

Dunque: cosa è cambiato quest'anno, per trovare questa continuità?

“Ho lavorato tanto – spiega il mancino siciliano – ma non saprei individuare una singola cosa che spicca rispetto alle altre o qualcosa che ho fatto di diverso rispetto al passato. Sono semplicemente riuscito a mettere insieme i pezzi del puzzle, con i miei coach Paolo Cannova e Daniele Capecchi. In più, adesso c'è molta fiducia che deriva dai risultati: sta andando tutto per il verso giusto, quest'anno ho giocate tante partite di buon livello e ho pure vinto molto, dunque sto continuando a fare quelle cose che mi hanno portato sin qui”.

Mancino, giovane, amante della terra. E poi?

“Credo di potermi definire un giocatore molto energico in campo, con un certo spirito combattivo: baso il mio tennis sulla solidità e sullo scambiare da fondo costruendo il punto, ma essendo mancino un po' di estro non mi manca. Il mio idolo? Rafael Nadal, mi piaceva tutto di lui. L'atteggiamento battagliero, almeno quello, cerco di copiarlo, visto che è più facilmente riproducibile rispetto alla parte tecnica”. 

Gabriele Piraino

Gabriele Piraino

Quanto si sente lontano dal suo potenziale?

“Secondo me sono ancora abbastanza distante. Devo migliorare tante cose: in particolare nell'organizzazione, nell'ordine dentro e fuori dal camp, ci sono parecchi dettagli che devo sistemare, anche se qualche progresso di recente l'ho fatto e si vede nei risultati. In generale, credo di dover arrivare a una mia maturità personale, che poi si riflette nella professione. A volte ho un po' la sensazione che la dedizione alla professione non sia ancora al massimo livello richiesto”.

Come è arrivato a costruire il suo team attuale?

“Il mio maestro storico è stato Davide Cocco al Ct Palermo. Poi ho vissuto un incontro fortunato: è venuto ad allenarsi al circolo Salvatore Caruso, e una volta che mi sono separato dal mio maestro è stato naturale chiedere consiglio a lui, che mi ha indirizzato verso Paolo Cannova. Capecchi lo conoscevo bene perché ci avevo pure giocato contro e peraltro mi aveva sempre battuto, due volte su due. Ho saputo che era disponibile a viaggiare e a me serviva una figura del genere. Così il passo da amici a colleghi e poi a coach-giocatore è stato breve. Per la parte atletica invece mi segue Piero Intile”.

Piraino, tiro mancino: "Nadal e Sinner gli esempi. Sicilia luogo del cuore"

Come mai emergono tanti pro di alto livello dalla Sicilia?

“Perché la Sicilia è il posto migliore del mondo, si sta bene, c'è un clima perfetto sia sotto il profilo meteo, sia per le persone che rendono l'impegno nel lavoro più semplice da gestire e più rilassato. Al momento non ho mai pensato di andare via per trovare una situazione migliore di quella attuale, anche perché vivo di fronte al circolo in cui mi alleno e non potrei chiedere altro. Mi hanno sempre detto che fin da bambino prendevo il telecomando per cambiare canale e guardare il tennis ogni volta che si vedeva in televisione. Dunque, pur non essendo nato in una famiglia di tennisti, la racchetta ha sempre fatto parte della mia vita”.

Cosa le ha dato e cosa le ha tolto questo percorso verso il tennis dei pro?

“Mi ha dato tantissime esperienze importanti, la scoperta di culture diverse e posti nuovi, oltre che una certa disciplina. Mi ha tolto la vita normale di un ragazzo di 20 anni, le uscite con gli amici e tutto il resto, ma di certo sono molti più i pro dei contro. Anche se non ci sono tanti giorni liberi, non mi pesa troppo fare il professionista”.

Dopo questa splendida stagione a livello Itf, cosa si attende dal passaggio ai Challenger?

“Il passaggio ai Challenger è uno degli step fondamentali nel percorso, quest'anno sta andando bene a livello Itf e in fondo non c'è tanta differenza di livello, soprattutto se parliamo di 25 mila dollari. Credo che salendo di classifica e avendo la possibilità di giocare spesso le qualificazioni dei Challenger, contro giocatori superiori a me, potrò alzare ulteriormente il mio livello, vedere cosa fanno loro e quanto sono lontano. Diciamo che già mi sto accorgendo di non essere così distante: per esempio a Perugia contro Pellegrino lui si è salvato da una situazione difficile, poi è andato a vincere il torneo. E parliamo di uno che vale già i top 100 Atp”.

Gabriele Piraino (foto Sposito)

Gabriele Piraino (foto Sposito)

Ci parli dell'esperienza romana.

“Fantastica: venivo dal torneo vinto a Santa Margherita di Pula, ero carico e nelle pre-quali volevo confermare il pronostico: per me è stata una gioia immensa essere promosso alle qualificazioni, anche perché non ero mai riuscito ad avere questa continuità. L'ambiente del Foro Italico poi è il massimo, è stato utile vedere come i pro di alto livello vivono la loro giornata, vedere certe reazioni e soprattutto certe non reazioni. Di cosa mi sono reso conto? Che anche loro sono persone normali, anche loro hanno delle giornate no. E che è possibile arrivare a quel livello”.

A parte Nadal, c'è qualcuno ancora attivo che prende a modello?

“Jannik Sinner, perché è italiano e perché è numero 1 del mondo, con una forza mentale quasi sconvolgente, fuori dalla portata di un essere umano. Mi piacerebbe tanto un giorno poter parlare con lui, sono sicuro che avrebbe un sacco di cose da dirmi su come gestire tutto questo processo”.

Lei è nato e cresciuto sulla terra. Come si vede su altre superfici? 

“Quest'anno avevo in programma di giocare più sul veloce, anche se poi i piani non sono andati allo stesso modo. Ma non mi vedo male, solo mi manca un po' di abitudine e ho caratteristiche più adatte alla terra”.

Cosa le manca per un altro salto di qualità?

“Sicuramente la continuità in partita e anche nell'arco della stagione, sapendo che ci sono giornate in cui viene tutto più facile e altre meno”.

Il suo programma da qui a fine anno?

“Giocare più Challenger possibile in Italia, se riesco a non spostarmi è meglio”.

Il sogno?

“Diventare la versione migliore di me stesso. Niente numeri, mi spiace”.

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