

Con la finale delle Next Gen di Milano di novembre il 21enne ceco, che tanto somiglia a Berdych, ha preso coraggio stupendo anche l’Australia coi primi quarti Slam
di Vincenzo Martucci | 22 gennaio 2023
Noi italiani non siamo sorpresi come gli australiani del colpaccio di Jiri Lehecka che si qualifica ai primi quarti Slam eliminando Coric, Norrie e anche Aliassime, il suo primo top 10 dove sfata il tabù primo turno Slam.
Come spesso succede al Festival di Sanremo, anche nella finale dei migliori under 21 della Next Gen a Milano chi aveva colpito di più non era stato il vincitore, Brandon Nakashima già strutturato come giocatore e delineato nei limiti tecnici, tattici e fisici, ma lo sconfitto, Jiri Lehecka, 21enne boemo che mostrava di declinare al meglio la tecnica completa della famosa scuola ceca e il sempre più veloce tennis moderno.
Cresciuto nel mito dei connazionali Tomas Berdych e Radek Stepanek, illuminato dai trionfi Slam di Petra Kvitova, si è ispirato “alla flessibilità di Djokovic, al tocco di Federer, alla mentalità guerriera di Nadal”, ma aveva mostrato anche una bella personalità sia in campo, annullando in semifinale il bombardiere Dominic Stricker: “Io e il mio team abbiamo preparato il match tatticamente per farmi giocare il più aggressivo possibile e andare a rete”.
E anche davanti al microfono, era stato stringato ma chiarissimo: “Voglio creare il mio gioco, con il mio stile da mostrare sul campo, cercando sempre di cogliere qualcosa dai più grandi”.
Bello da guardare, sempre giusto nelle scelte, con un ottimo bagaglio tecnico, Jiri è un bell’atleta e, come gli altri cechi, affonda le sue radici nella tradizione: “Abitavo molto vicino al campo da tennis, nonna, che è stata una buona tennista nazionale, mi ha portato a giocare la prima volta a 3 anni con mia madre e all’inizio giocavo con mia sorella più grande, Veronika, che ho sempre imitato in tutto”.
Col DNA dei genitori ex atleti, mamma Romana nell’atletica leggera, papà Jiri Senior nel nuoto: “Aiuta avere in casa dei genitori che sono stati sportivi e sanno come funziona il corpo e come sostenerti di testa e di fisico”.
Vedendolo sparare dritto e rovescio spicca la somiglianza con Berdych, ex 4 del mondo, con 13 tornei vinti e una finale di Wimbledon, che anche Jiri ha captato: “Da piccolo è stato la mia più grande fonte di ispirazione. Quando lui e Berdych hanno vinto nel 2012 e 2013 la coppa Davis, è stato importantissimo osservare i miei eroi ed esaltarmi insieme ai 20mila tifosi del mio paese. Quella vittoria mi ha motivato tantissimo”. Il secondo passaggio decisivo è stato, a 15 anni, il trasferimento da Mlada Boleslav, dov’è nato, al centro tecnico federale di Prostejov.
Così Jiri ha vinto il doppio a Wimbledon juniores 2019 e ha preso fiducia. “All’inizio il tennis mi sembrava solo un divertimento, non avevo mai avuto l’ambizione di farne un lavoro, di diventare un tennista professionista dell’ATP Tour, era un hobby, uno dei tanti sport che mi piaceva praticare. Ma piano piano mi sono detto: “Posso giocare anch’io questo sport”. Poi ho anche notato somiglianze col gioco di Tomas: un buon equilibrio, la velocità, la tecnica del diritto simile, il servizio. E’ stato sicuramente un esempio da seguire, e un grande stimolo”.
Piano piano, due anni dopo, ha cominciato a vincere i Challenger, quindi s’è affacciato sull’ATP Tour, sempre facendo un passettino alla volta. Anche l’anno scorso, con l’unico acuto ATP di febbraio a Rotterdam dove, sull’amato veloce indoor, ha superato le qualificazioni e poi ha infilato a sorpresa Shapovalov, Van de Zandschulp e Musetti, arrendendosi solo a Tsitsipas in semifinale in tre set, ed entrando fra i top 100. Per poi riaccendersi, non a caso, solo a novembre alle Intesa Sanpaolo Next Gen ATP Finals coi migliori under 21 di Milano sulla velocissima superficie del Palalido: “Non è solo questione di superficie ma anche di condizioni sempre uguali, e di palle. Così riesco a controllare al massimo la situazione”.
Ognuno ha i suoi tempi, quelli di Lehecka sono forse più lenti, ma sicuramente sono molto ragionati. “Ci sono state tante prime volte, come quando sono entrato in tabellone a Montecarlo superando le qualificazioni. Ho anche cercato di affinare il mio gioco, ho fatto tante piccole-grandi esperienze, mi sono preso la grande soddisfazione di vincere il primo torneo di casa, a Liberec, dove giocavo da ragazzo, a due passi da casa, col tifo della mia gente, vivendo una grande emozione”.
Passo dopo passo, Jiri è cresciuto sempre più. Anche grazie a coach Michal Navratil, ex guida di Vesely, che gli ha insegnato a credere in se stesso, transitando per la prima regola: “Mi piace chi lavora duro e non cerca scuse”. Così, nel primo Slam dell’anno, dove le condizioni esterne cambiano in fretta e drasticamente, lui compensa tutte incognite con l’attitudine sulla superficie (“che esalta il mio gioco”) e se la sta cavando eccezionalmente bene.
“Sentivo che il mio gioco era lì, ma ho avuto bisogno di focalizzarmi su alcuni dettagli che mi possono far superare questi duri match, i risultati sono frutto del duro lavoro una allenamento. Restare concentrati è fondamentale”.
Gli amici di Bologna, gli ex uomini Davis, Omar Camporese (oggi maestro al TC Garden di Mestre diretto da Fabio Sapori) e Paolo Cané (maestro a Gorle, Bergamo), si destreggiano oggi anche come talent tv.
Da Eurosport, Paolino è rimasto molto colpito da Lehecka per il bagaglio tecnico, la facilità dei colpi e anche per la propensione a rete che, contro Aliassime, gli ha fruttato l’80% dei punti (33/41): “Mi ricorda Fabio Fognini per la fluidità e per la presa del rovescio”. Fa anche sempre la cosa giusta, sceglie i tempi esatti e così, da 71 del mondo, ad appena 21, coi sinceri e convinti applausi di Aliassime (“Ha giocato meglio di me, ha meritato”), Jiri Lehecka, che per gli australiani era una senza nome e per gli italiani grazie alle Next Gen di Milano no, si candida a maggior sorpresa degli Australian Open 2023.
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