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Campioni internazionali

Tiafoe, il pepe del tennis che l’Italia si eviterebbe volentieri in Davis

Fantasia e personalità: il castigatore di Nadal a New York e di Federer a Londra non ha paura di niente e di nessuno! A Tokio si è qualificato per la sua quinta finale in carriera: affrontrà il connazionale che battendo Shapovalov entra per la prima volta nella Top 10 mondiale

di | 08 ottobre 2022

Taylor Fritz, 24 anni, da lunedì sarà per la prima volta Top 10 (Foto Getty Images)

Taylor Fritz, 24 anni, da lunedì sarà per la prima volta Top 10 (Foto Getty Images)

Una finale tutta a stelle e strisce: Frances Tiafoe sfiderà domani a Tokyo il connazionale Taylor Fritz che ha superato il solito altalenate Denis Shapovalov 6-3 6-7(5) 6-3. E’ una passerella per le due nuove stelle del tennis statunitense che saranno il punto di riferimento per la squadra di Coppa davis che l’Italia dovrà affrontare a Malaga nei quarti di finale delle Davis Cup by Rakuten Finals il prossimo 24 novembre.

Tiafoe, che ha superato in tre set il coreano Soonwoo Kwon, comunque vada ha già garantito lunedì il suo best ranking: sarà come minino n.17 del mondo. Lo stesso vale per Taylor Fritz, giunto a Tokio all’ultimo momento dopo una settimana di clausura a Seul, che entrerà per la prima volta in carriera tra i Top 10, grazie al successo su Shapovalov, che è arrivato a servire sul 3-2 del terzo set, dunque avanti di un break, poi si è dissolto mentre Taylor Fritz ha mostrato la sua maturità di Top Player.

Il californiano ha già fatto anche un grosso passo avanti nella graduatoria ATP Peppertone Race to Turin, avvicinandosi a Felix Auger-Aliassime e Hubert Hurkacz che lo precedono al 7° e 8° posto. Dovesse trionfare a Tokyo li scavalcherebbe entrambi e si troverebbe in pole position per l’ultimo sprint verso le Nitto ATP Finals di Torino. Ma ora torniamo a Frances Tiafoe, il vero super emergente di questo 2022, nel ritratto del nostro Vincenzo Martucci.

Tiafoe, il pepe del tennis che l’Italia eviterebbe volentieri in Davis

Frances Tiafoe, primo finalista all'ATP di Tokyo, ha qualcosa in più, qualcosa di diverso. Il pubblico di Milano che è abituato alle prelibatezze anticipate del tennis mondiale, fra il Trofeo Bonfiglio e le Next Gen Finals, non lo ha capito al primo sguardo nella passerella del 2018 fra i migliori under 21 del mondo, quando il ragazzo era ancora una pietra grezza, ma nel 2019 quando Jannik Sinner esplose direttamente dal pianeta Challenger.

Il figlio di immigrati della Sierra Leone (che in semifinale a Tokyo ha superato 6-2 0-6 6-4 il coreano Soonwoo Kwon) cresciuto nel Maryland, non era il più alto, non era il più potente, non era il più talentuoso, ma sprizzava personalità ed entusiasmo, contagiando tutti con un sorriso da pubblicità, e in campo faceva quelle due-tre cose diverse, istintive, inimitabili. A cominciare dal personalissimo timing, dal micidiale anticipo, per continuare con gli sprazzi di fantasia, vuoi al servizio, vuoi da fondo, vuoi negli attacchi in controtempo, vuoi alla volée. 

 

TALENTO PRECOCE

La gente non sapeva, i colleghi conoscevano da tempo sia i suoi sprazzi di gioco geniali e disarmanti, sia la storia sofferta, da povero figlio del custode del circolo, il più classico dei “self-made man” della cultura americana che sfrutta l’occasione di uno sponsor e con mille sforzi e sacrifici trasforma l’esistenza sua e di tutta la famiglia.

A 15 anni Francis aveva vinto l’Orange Bowl under 18 da più precoce di sempre, a 17 era stato il più giovane in tabellone al Roland Garros dopo Michael Chang nel 1989 ed aveva spopolato fra i coetanei aggiudicandosi i campionati nazionali di categoria e 4 titoli Challenger in 9 finali, a 18 anni era già top 100 nell’ATP Tour, a 20 ha vinto il primo titolo e finora unico titolo del massimo circuito pro a Delray Beach (più giovane da Andy Roddick nel 2002) chiudendo il 2018 al numero 39, a 21 ha fatto il primo exploit negli Slam, arrivando ai quarti agli Australian Open. Poi ha avuto una crisi di crescita umana, prima che tecnico-tattica-fisica nello sviluppare quel gioco difficile e rischioso.

RIPARTENZA

L’anno scorso Tiafoe ha ripreso a correre a spese di Tsitsipas a Wimbledon, bissando gli ottavi agli Us Open dell’anno prima per poi raggiungere la finale di Vienna. Dove ha sfruttato anche troppo il pubblico per smantellare le sicurezze di Sinner ma rispolverando personaggi istrionici del passato del calibro di Connors e McEnroe, di cui il tennis ha bisogno.

Quest’anno, l’americano che non t’aspetti ha fatto un salto di qualità dietro l’altro: sulla terra rossa, con la finale all’Estoril e sfatando dopo 6 bocciature il tabù-primo turno al Roland Garros, sull’erba di Wimbledon, coi primi ottavi e la sconfitta con Goffin solo dopo 4 ore e mezza, e quindi sul cemento dello Slam di casa, agli Us Open, battendo nei quarti Nadal, primo yankee a riuscirci in uno Slam da Blake a New York nel 2005, più giovane americano ad arrivare così lontano nell’ultimo Major stagionale dopo Roddick nel 2006.

Poi ha insistito superando anche Rublev e toccando le semifinali, rispolverando non solo il record del solito Roddick ma anche quello del mitico Arthur Ashe, l’ultimo afroamericano ad arrivare così lontano agli Us Open nel 1972. Contro Alcaraz ha perso, ma ha venduto cara la pelle, cedendo solo al quinto set, dopo oltre 4 ore di battaglia. E poi trattenendo a fatica le lacrime.

DELUSIONE

In campo aveva eccitato rubando il tempo agli avversari con accelerazioni improvvise e attacchi a rete alla baionetta, trovando finalmente continuità con la prima di servizio e sfoderando un rovescio sensazionale, ma soprattutto proponendo un gioco offensivo assolutamente diverso da tutti gli altri. E imprevedibile. Col microfono in mano aveva commosso tutti: “Nelle ultime due settimane ho dato tutto, sono venuto col desiderio di vincere gli US Open e ho la sensazione di avervi deluso. E questo è quello che più mi fa male”.

Il suo gesto di aggiungere un po’ di pepe, sfregando il pollice e le altre dita della mano dopo un bel colpo è diventato un “must” e ha irradiato il senso del piacere originale del gioco, coinvolgendo tutti, colleghi inclusi. Poi ha promesso: “Sono sempre stato discontinuo: giocando bene per un po’ e poi deviando un po’, ora mi sento pronto per il prossimo passo. Stavolta Carlos è stato troppo bravo, ma tornerò e un giorno vincerò io”.

Dopo di che ha disertato la Coppa Davis a Glasgow anche se i compagni sono comunque riusciti a qualificarsi alla fase finale di Malaga, e si è ripresentato sulla scena a Londra per la Laver Cup dov’è stato ancora protagonista in campo come fuori.

Dopo aver maltrattato infatti in doppio Federer & Nadal, tirandogli addosso insieme all’amico Jack Sock, ha risposto a brutto muso ai media che l’incalzavano e ai puristi: “Non gli chiederò scusa, sarò felice di ringraziarlo per avermi invitato in questo fantastico torneo e per tutto quello di bello ha fatto per il tennis. E’ una persona di classe, sarò felice di conoscerlo, di chiamarlo amico e collega, e di fargli i migliori auguri per la sua seconda vita. Ma non ho niente di cui scusarmi. Avrebbe tanti motivi di farlo lui dopo 24 anni a battere tutti sul Tour…”.

Quanti altri avrebbero avuto la stessa reazione e avrebbero mostrato tanta personalità? Anche per questo il Dream Team azzurro di coppa Davis si eviterebbe volentieri la sua presenza nei quarti a Malaga, ma per gli appassionati di tennis Frances Tiafoe aggiunge davvero un po’ di indispensabile pepe che dà sapore al gioco moderno. 


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