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Campioni internazionali

Attente alle pericolose K: a Melbourne rispuntano Kanepi e Keys…

La prima prova stagionale dello Slam ritrova due potenti protagoniste che per vari motivi si erano perse per strada

di | 25 gennaio 2022

Madison Keys è allenata dallo svedese Thomas Hogstedt (Foto Getty Images)

La statunitense Madison Keys è allenata dallo svedese Thomas Hogstedt (Foto Getty Images)

Il fattore K nel tennis è molto forte, al di là dei ‘5K’, Kyrgios e Kokkinakis, amici e compagni di doppio che stanno facendo impazzire il pubblico di casa in quest’edizione degli Australian Open.

In campo femminile, Angelique Kerber, già numero 1 del mondo e 3 volte regina Majors, e Petra Kvitova, 2 volte campionessa di Wimbledon, hanno lasciato una bella scia nella quale s’è infilata l’altra ceca Barbora Krejicikova, aggiudicandosi a sorpresa l’ultimo Roland Garros.

Approfittando del ritardo della K annunciate, ma mai spuntate davvero, le 24enni Daria Kasatkina e Veronika Kudermetova, del miraggio Sofia Kenin, esplosa nel 2000 col successo a Melbourne e la finale al Roland Garros e oggi 13 Wta, e dell’eclissi di due temibili K di potenza del circuito: la 36enne estone Kaia Kanepi, “la specialista delle sorprese” che ha collezionato 14 scalpi di top ten, 9 negli Slam ma, scaduta al numero 115 della scena WTA, ha passato il testimone alla connazionale Anett Kontaveit (altra K…) di 10 anni più giovane - oggi 7 della classifica -, e Madison Keys, a sua volta 7 nel 2016 e finalista agli US Open 2017, che è scivolata al 51. Però, poiché a volte ritornano, sia Kanepi che Keys si ripresentano da protagoniste, qualificandosi la prima ai quarti contro Swiatek la seconda alle semifinali che aveva già toccato nel 2015, contro la numero 1 Barty.

ESPERIENZA

Madison Keys ha sparato addirittura 157 vincenti in questo torneo, ma la chiave per la statunitense è la maturità, a 26 anni, con coach Thomas Hogstedt, dopo tanti infortuni: “Esperienza, riuscire a riconcentrarmi subito sul punto successivo senza pensare a quello che è appena successo, ricordare quanto successo altre volte e cercare di riapplicarlo, anche se la situazione che vivi non è mai completamente uguale”.

La statunitense doveva essere l’erede delle sorellone Williams ma nel derby con l’amica ha ceduto la finale di New York a Sloane Stephens, e non si è più espressa a quei livelli, perdendo fiducia e anche la guida tecnica e gestionale degli inizi, l’ex numero 1 del mondo Lindsay Davenport.

Ora, dopo il Covid, che ha accusato come tanti altri, dopo la pandemia che l’ha scombussolata ancora un po’, ha recuperato qualche certezza aggiudicandosi il torneo di Adelaide, prologo degli Australian Open. Il segreto? “La cosa più importante è continuare a concentrarmi dalla mia parte della rete, sul mio piano di gioco, giocando dentro di me, senza preoccuparmi dell’esito del match, anzi, senza preoccuparmi proprio e pensando punto per punto”.

Così, Madison dai colpi pesanti, ha imparato ad alleggerire la pressione della grande promessa che l’ha soffocata per anni: “So che ho un servizio abbastanza buono e un diritto abbastanza buono, ma ciò che la gente nota di più è quanto forte posso colpire la palla e quanta potenza c’è dietro i miei colpi”. Così, ha infilato Badosa e Krejicikova, rovesciando il pronostico e riproponendosi in alto, anche se in semifinale deve fare i conti con la più in forma di tutti, Ash Barty.

BUM BUM KANEPI

Kaia Kanepi non è nuova alle grosse prestazioni negli Slam: quarti a Wimbledon e agli US Open 2010, quarti al Roland Garros 2012, a Wimbledon 2013 e agli US Open 2017. “Forse in questi tornei sono più concentrata perché mi piacciono i tornei più grandi e questo sono anche i più importanti. Inoltre mi piace il giorno di pausa fra un match e l’altro, e il fatto che si giochi in grandi città con belle atmosfere”. Ma da allora è scomparsa dai radar e, agli Australian Open, non aveva mai superato il terzo turno. Invece rieccola, terza più anziana ad arrivare ai quarti dal 1980, dopo la leggenda Serena Williams (2019 e 2021).

KAIA, CHI L’AVEVA PIU' VISTA?

Ma dov’era finita? Nel 2016 le hanno diagnosticato il morbo di Epstein-Barr, una rara forma di virus del DNA, ha cercato di continuare comunque l’attività ma poi, incorrendo sempre più in un infortunio dietro l’altro, s’è dovuta fermare per forza: ha ritrovato il coraggio con l’aiuto dell’olimpionico del disco, Gerd Kanter, ma per ritrovarsi ci ha messo di più.

 L’ha aiutata due volte, sicuramente contro la sua volontà, la collega Arina Sabalenka: l’anno scorso, Kaia l’ha infatti battuta nel secondo turno nel torneo minore disputato nella stessa arena di Melbourne degli Australian Open, tornando quindi, sullo slancio, a disputare una finale WTA, e quest’anno, proprio nella prima prova stagionale dello Slam, ha nuovamente superato negli ottavi la potente bielorussa, raggiungendo i quarti anche a Melbourne, l’ultimo Slam che le mancava alla collezione di grande prestigio. Rispolverando servizio, risposta e botte da fondo, come se il tempo si sia fermato. 

Nel segno delle pericolosissime K.


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