-
Atp

Paul: "Off-season troppo breve, servirebbe più tempo"

L'americano, fermo ai box da tre mesi, è tornato in campo lunedì scorso per un'esibizione a New York: "Chiudere la stagione dopo gli US Open sarebbe meglio"

10 dicembre 2025

20250831_bublik_paul__4_.jpg

La sua ultima partita risale allo scorso settembre, quando al terzo turno degli US Open fu battuto in cinque set dal kazako Alexander Bublik. I mesi successivi per Tommy Paul sono trascorsi alla ricerca del plantare giusto grazie a cui riuscire a debellare definitivamente il dolore al piede sinistro che era andato accumulando e sopportando nelle settimane precedenti con ripercussioni su postura e articolazioni dell'ex top10 americano. Individuata la soluzione e rimessosi in forma, Paul è ora atteso a Brisbane il prossimo 4 gennaio per la sua prima uscita ufficiale cui ne seguirà una seconda la settimana successiva in quel di Adelaide per poi far rotta su Melbourne dove l'obiettivo sarà quello di provare a difendere il quarto di finale conquistato dodici mesi fa. 

"Non mi ero mai preparato così tanto per un'esibizione - ha dichiarato Paul in un'intervista a Tennis.com - Di solito inizio sempre a giocare le prime partite d'allenamento quando mancano due settimane alla partenza per l'Australia, ma quest'anno ho già iniziato da due settimane e ne sto giocando parecchie".

Tuttavia il tempo trascorso lontano dai campi, oltre a consentirgli di pianificare il suo prossimo matrimonio con l'influencer Paige Lorenze ("Se ne sta occupando lei per la maggior parte e io mi fido ciecamente di quel che fa: ha buon gusto e sarà stupendo"), ha permesso lui di riflettere sul peso della off-season nell'economia di uno sport la cui stagione dura ben undici mesi. "La maggior parte degli altri sport concede più tempo ai suoi atleti per prepararsi alle fatiche di una stagione - ha sottolineato l'ex campione del Queen's - Gli ultimi due mesi in tal senso sono stati eccellenti, sono riuscito a prendere una buona routine e ora voglio presentarmi in Australia in buona forma e carico in vista dell'anno".

"Noi giocatori ci lamentiamo sempre di quanto sia lunga la nostra stagione e di come il circuito dovrebbe fermarsi dopo la fine degli US Open. E' proprio quello che ho fatto io quest'anno e devo dirvi che non è niente male!".

In attesa di verificare le sue condizioni e quanta ruggine si sia depositata sul suo gioco in questi mesi di inattività, Paul ha però riconosciuto quanta differenza ci sia tra i match e i punti giocati in allenamento e durante la off season rispetto all'adrenalina e alla condizioni che caratterizzano un match ufficiale. "Puoi pure giocare match d'allenamento e dirti di aver spinto molto, ma non c'è niente che ti costringa a farlo come una vera partita - ha riflettuto il ventottenne del New Jersey - E' lì che ci si spinge al limite e che si è costretti a spingere ancora di più. Sono cose il cui pensiero ora mi emoziona, adoro la competizione ed è questo il motivo per cui ho iniziato a giocare".

Sulla lunghezza della stagione, e su quanto compressa sia la schedule dei giocatori sul circuito, si era espresso pochi giorni fa Brad Stine, coach dell'americano nonché una delle voci più autorevoli presenti sul circuito. Una posizione, la sua, non in linea con le lamentele inoltrate dalla maggior parte dei giocatori: "Credo che i giocatori si siano dimenticati che questo non è uno sport di squadra, non siamo in una lega come la NBA, siamo imprenditori indipendenti e questo è un libero mercato - ha dichiarato lo statunitense - Nessuno punta loro una pistola alla testa imponendogli di giocare. Si è liberi di prendersi tutte le settimane libere che si vuole. Conseguenze? Ce ne sono ed è giusto che ci siano"

"Guadagnano abbastanza da poter permettersi di saltare un Masters1000, perdere quel montepremi e con lui una percentuale dei guadagni complessivi di fine stagione - ha ancora aggiunta Stine - Ma va bene così, è un lavoro. I ragazzi che giocano nel circuito Challenger o in quelli minori lavorano ogni settimana perché devono farlo. Sono convinto che il nostro sport sia costruito sulle tradizioni e che i tornei più importanti sono quelli che hanno storia e tradizioni più importanti. La tradizione si costruisce lasciando le cose come stanno, non cambiando tutto". E il riferimento è al nuovo format dei Masters1000, diluiti su due settimane e più in linea quindi con i Grand Slam, che a suo dire concedono "troppi giorni liberi e troppo a lungo così da far perdere interesse a metà torneo". Lunga ancora si presenta quindi la strada che porta all'armonizzazione del calendario del circuito.

Loading...

Altri articoli che potrebbero piacerti