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Nadal: "Mi manca l'adrenalina del campo. Io allenatore? Per ora no"

Lo spagnolo ha parlato in un'intervista a Movistar+: "Mi sono allenato con Eala recentemente: se non devo correre, va tutto bene", ha scherzato. "Alcaraz e Sinner sono giovani e stanno vivendo una grande rivalità: con Federer e Djokovic abbiamo mostrato che non serve odiarsi"

di | 25 novembre 2025

Un Rafael Nadal sorridente (Getty Images)

Un Rafael Nadal sorridente (Getty Images)

È passato poco più di un anno dall’ultimo match ufficiale disputato da Rafael Nadal, nella Final 8 di Coppa Davis del 2024, ed in particolare nel “tie” tra Spagna ed Olanda, vinto da quest’ultima. Era il 19 novembre quando il maiorchino, vincitore di 92 titoli ATP, di cui 22 Slam, salutava dopo la sconfitta patita da Botic van de Zandschulp, e ad un anno di distanza “Rafa” è tornato a riflettere sul proprio percorso e sulla propria vita dopo aver appeso la racchetta al chiodo.

Nell’intervista rilasciata a Jorge Valdano (campione del mondo con l'Argentina nel 1986 e leggenda del Real Madrid) per Movistar+, ha scherzato anche sul suo recente ritorno in campo, con tanto di foto e video, sui campi della sua Academy, a Manacor. Si è allenato insieme ad Alexandra Eala, tennista filippina classe 2005 che ha vissuto proprio lì parte del suo percorso di formazione, e che oggi – dopo la prima grande stagione sul circuito WTA – ha chiuso al n.50 del ranking. Momento sul quale lo spagnolo classe 1986 ha anche scherzato: “Ho giocato 45 minuti con Eala e sono stato felice di farlo. Se non devo correre, va bene”

“Ovviamente mi manca l’adrenalina della competizione ai massimi livelli, ma oggi mi sento in pace con me stesso. Alcuni pensano che avrei dovuto ritirarmi prima, ma io continuavo ad essere felice in campo – ha confessato -. Mi sono ritirato solamente perché il mio corpo non ne poteva più. E dopo l’intervento che ho subito le possibilità per tornare c’erano, ma non ho raggiunto il livello necessario per continuare. Non vale la pena farlo in condizioni non adatte, perché altrimenti rischiavo di non essere felice come dovrei, perché in fondo sono un ‘super fortunato’ nella vita”.

“Non penso di aver fatto grandi sacrifici, ma grandi sforzi. Alla fine, ho sempre goduto di quanto fatto, e ho avuto una vita equilibrata. Non sento di essermi perso nulla nella mia infanzia e nella mia adolescenza, a causa dello sport”, ha continuato. Con la passione e la giusta determinazione diventa più facile superare le difficoltà. Ai bambini nell’accademia dico sempre di divertirsi, e di scoprire se hanno la passione che possa dar loro la possibilità di diventare professionisti”.

Nadal e la sua routine di allineamento delle bottiglie (Getty Images)

Nadal e la sua routine di allineamento delle bottiglie (Getty Images)

C’è stato anche spazio per momenti più leggeri, nella chiacchierata, come ad esempio, quello in cui ha parlato della sue famose – e tanto discusse – routine sul campo. Ringraziando zio Toni Nadal, il suo storico allenatore per avergli trasmesso l’idea di mettere intensità, disciplina e attenzione in ogni momento della sua carriera, ha chiarito di aver provato anche a ridurre la sua routine.

“Rivedendomi da fuori, non mi piaceva. Ma la verità è che ne avevo un enorme bisogno per concentrarmi. Senza quella routine, spesso mi capitava di distrarmi e pensare ad altre cose. Lo sport consiste nel dare il massimo, anche quando sai che perderai. Ciò che mi ossessionava davvero, nella mia carriera, era tornare a casa da un torneo sapendo di aver dato tutto”.

In questo, lo hanno aiutato anche i suoi più grandi rivali, Roger Federer e Novak Djokovic, con cui ha riscritto tutti i record, compreso quello per numero di Slam vinti (che ora appartiene al serbo, a quota 24). “Prima di noi c’era Sampras a quota 14 – ha asserito Nadal – e se fossimo stati soli, probabilmente, ci saremmo fermati appena dopo aver superato la soglia. Ma essendo ai massimi livelli in tre, arrendersi non era un’opzione”.

Nadal: "Mi manca l'adrenalina del campo. Io allenatore? Per ora no"

Un merito che Nadal si riconosce insieme ai due avversari, è quello di aver aperto la strada ad un nuovo modo di vivere la rivalità. Una visione ereditata anche dai due padroni del circuito ATP di oggi, Jannik Sinner e Carlos Alcaraz: “Sono giovani e stanno lottando ai vertici, non è facile e gli va dato credito. Senza nulla togliere a loro, credo che noi tre abbiamo mostrato a tutti che si può competere ferocemente senza odiarsi, continuando a rispettare i propri rivali. Non siamo amici, ma abbiamo un ottimo rapporto personale”.

Per il futuro, invece, il “re della terra battuta” – diventato recentemente padre per la seconda volta – resta concentrato sulla sua accademia, rimanendo piuttosto vago su altre opportunità: “Se facessi l’allenatore, questo non garantirebbe successi al ragazzo. Credo di poter essere un buon mentore, ma i giovani hanno anche bisogno di chi li segue con l’intensità che una carriera richiede, e io oggi non potrei farlo”. Infine, non ha chiuso la porta a quell’ipotetico scenario – tante volte rilanciato dalla Spagna – che lo vedrebbe come presidente del Real Madrid: “Non è dato sapere cosa succederà. Concettualmente, dev'essere qualcosa di meraviglioso. Mi piacerebbe avere la possibilità di farlo, ma dovrò sentirmi pronto, prima di considerare una cosa del genere”.

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