Il russo doc, tutto difesa, è in netto vantaggio nei testa a testa col tedesco figlio di russi, tutto spinta, ma sta cercando di risalire dopo una crisi terrificante che l’ha anche portato ad abbandonare coach Cervara. Lo snodo può risultare decisivo per entrambi
di Vincenzo Martucci | 29 settembre 2025
La vita si fa beffe degli “enfant gaté” del ’90, Daniil Medvedev e Sascha Zverev. Gli ha dato tanto, gli ha promesso di più, ma non è stata accontentata fino in fondo: sia il russo sbocciato fra Spagna e Francia che il figlio di russi nato e cresciuto in Germania si sono visti sorpassare dalla new generation e dai propri vizietti. Troppo intelligente l’uno, troppo potente l’altro potevano fare di più, e ora sono alla rincorsa del tempo perduto, col fardello dell’età e degli acciacchi, ma soprattutto delle delusioni. E si ritrovano in incroci scomodi come i quarti di Pechino, un confronto delicatissimo per la stagione e per il futuro di entrambe.
Deluso da se stesso, sia come risultati che come comportamenti, fino al punto da implodere platealmente sul campo di New York prendendosela con l’arbitro, la racchetta e il mondo tutto, l’ex Kraken del tennis, Medvedev, da terrore da fondocampo di qualsiasi avversario che cuoceva a fuoco lento chi si trovava di fronte, s’è ritrovato come il fenomenale dio degli scacchi, Bobby Fischer, a spaccare torri e pedoni, furioso e incontrollabile come ad inizio carriera. Tanto che il pazzerello doc della genia tennistica di Mosca, l’amico di sempre Andrey Rublev, malato cronico (e inguaribile) dello stesso poblema, commosso e preoccupato nel veder perdere il capoclasse al primo turno degli US Open contro Bonzi, gli ha offerto il suo incondizionato aiuto psicologico.
L’uomo che stoppò il Grande Slam di Novak Djokovic sull’ultimo ostacolo proprio nella Grande Mela e salì pure al numero 1 del mondo, aveva due strade. Poteva scegliere il ritiro quasi immediato, passando per la commiserazione di sé stesso. “Sono in un momento in cui non ho nessuna fiducia. Tuttavia giocare in queste condizioni rende tutto molto difficile dal punto di vista fisico. E allo stato attuale ho bisogno del mio corpo: se mi abbandona, non c'è nulla nel mio tennis che mi possa salvare. Ovviamente c’è frustrazione e delusione da parte mia, ma situazioni del genere possono accadere nel tennis. Non ho ancora trovato una soluzione e l’unica cosa che posso fare è continuare a cercarla. So che al momento sembra che non sia neanche lontanamente vicino a riuscirci, ma primo o poi ce la farò. Quello che non capisco è perché giocare con questo caldo sia per me fisicamente più impegnativo rispetto agli altri”.
Ha scelto di forzare al divorzio dopo 8 anni di successi coach Giles Cervara, e s’è fatto una squadra nuova con l’ex pro svedese Tomas Johansson e Rohen Goetzke. E, proprio a Pechino, sta rivedendo un po’ la luce coi successi in due set su Norrie, Davidovich Fokina. Due partite che gli alleviano le ferite nei Majors di quest’anno - una sola vittoria in 4 tornei! - e l’etichetta di appena numero 22 nella Race che fotografano il declino del suo gioco troppo passivo da fondocampo in netto contrasto con quello offensivo che, partendo da fondocampo ma spostandosi sempre più in avanti, impera nel nome di Jannik Sinner e Carlos Alcaraz.
Il nuovo confronto con Zverev, vicinissimo nell’età (29 anni contro 28), molto lontano come stile, uguale nell’altezza (1.98), prossimo nei premi guadagnati (47 milioni di dollari contro 54) e nei tornei vinti (20-24), potrebbe dargli una spinta decisiva per il finale di stagione, l’epoca in cui peraltro è risollevato più volte sulle superfici più veloci indoor di Cina ed Europa.
Anche se, psicologicamente, al di là della spinta emotiva di moglie e figlie di cui tanto parla a farsi coraggio, potrebbe temere il boomerang di una sconfitta contro il picchiatore tedesco che ha sempre imbrigliato in difesa battendolo 13 volte su 20, addirittura 4-0 nelle ultime sfide, col souvenir di un Majors (in 4 finali). Mentre Sascha ha solo sfiorato l’impresa fallendo tre volte sotto il traguardo.
Da parte sua, il figlio di papà Alexander senior, pur deluso dagli eventi tennistici e personali, pur assillato dai soliti problemi di diabete, pur demoralizzato dagli schiaffi negli Slam, pur incapace di completare la transizione a rete del suo portentoso gioco di spinta, è rimasto agganciato al vertice. E, da 3 del mondo, chiede ancora strada nel nome di servizio e colpi da fondo sempre di prim’ordine. E, a Pechino, dopo aver schiacciato ancora una volta di potenza Lorenzo Sonego, ha domato di pazienza il coriaceo Moutet, quasi volesse allenare al confronto con luciferino scacchista Medvedev, terrore di tanti suoi sogni. Che potrebbe sbloccargli il momento, verso l’ennesimo tentativo di riscatto.