

Il serbo, reduce dalla soddisfacente campagna del Roland Garros, torna a parlare della sua rivalità con Federer e Nadal: "Ero il terzo incomodo arrivato dicendo di voler diventare il numero uno"
13 giugno 2025
Prestazioni e ranking non sempre coincidono con le due facce della stessa medaglia. Novak Djokovic, ad esempio. Vincitore poche settimane fa a Ginevra del suo 100° titolo in carriera, il serbo sottotraccia si è presentato al Roland Garros togliendosi la soddisfazione di battere Alexander Zverev ai quarti ("Sono queste le partite per cui ancora gioco a tennis", ipse dixit) e inchinandosi in semifinale al solo Jannik Sinner. Con lo swing sull'erba appena iniziato e Wimbledon ancora distante all'orizzonte, ma non poi così tanto, il serbo sta pianificando le sue prossime mosse. Mosse che in questo caso coincidono proprio con quel medesimo orizzonte: senza coach, con un calendario da definire un po' alla volta, e un fine carriera che sente avvicinarsi ma a cui non ha ancora intenzione di fissare il capolinea.
Intervistato dall'edizione tedesca di "20 minutos", l'ex n.1 del mondo è tornato a parlare della relazione intessuta negli anni con i suoi colleghi, in particolare con Roger Federer e Rafa Nadal, rivali recentemente incontrati a Parigi in occasione della cerimonia di congedo allestita dallo Slam parigino per il 14 volte campione di Manacor. "Non sono mai stato amato come loro perché non avrei dovuto essere lì - ha dichiarato Djokovic - Ero il più piccolo, il terzo che è arrivato dicendo di voler diventare il numero uno. E a molte persone non è piaciuto".
100 volte Nole
Tuttavia, la carenza di affetto patita è stata per lui legna da aggiungere al fuoco che sentiva bruciargli dentro. Tanto da riuscire nel corso degli anni a ribaltare tutti i bilanci negli scontri diretti con i suoi eterni rivali e attestarsi in vetta alla classifica dei giocatori con più Slam in bacheca. "Il fatto che qualcuno sia il mio più grande rivale non significa che gli auguri del male, lo odi o faccia qualcosa in campo per sconfiggerlo - ha aggiunto ancora il serbo - Abbiamo lottato per la vittoria e ha vinto il giocatore migliore".
Il prezzo per aver alterato una rivalità che a tutti pareva perfetta è stata la disaffezione di buona parte del pubblico, una condizione che faceva sentire Djokovic "come un bambino indesiderato, mi chiedevo perché e faceva male. Poi ho pensato che i tifosi mi avrebbero accettato se mi fossi comportato diversamente, ma non fu così".
Leader di primati ma underdog nel cuore della gente, Djokovic alla fine ha accettato questa condizione non nascondendo di "essere un uomo con molti difetti, ma ho sempre cercato di vivere con il cuore - ha riflettuto ancora - e con le buone intenzioni cercando di restare me stesso". A prescindere dalla ricompensa ottenuta. Un percorso con cui oggi Novak ha fatto definitivamente i conti e che non gli impedisce di dire come "abbia sempre rispettato Federer e Nadal, non ho mai detto una sola brutta parola su di loro e non lo farò mai. Ma - ha poi concluso - sono sempre andato più d'accordo con Rafa che con Roger".
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