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Djokovic, c'è ancora domani?

Il serbo col ritiro da Bercy chiude il suo 2024 rimettendo la sua partecipazione alle Nitto ATP Finals ai risultati altrui. Strategia, gestione, voglia di rilancio: il 2025 dirà quanta voglia e quanto tennis siano rimasti all'unico superstite di Big3

di | 23 ottobre 2024

Novak Djokovic (Getty Images)

Novak Djokovic (Getty Images)

E quindi non gioca. Chiude qui. Fin troppo coerente con una programmazione diventata negli ultimi anni selettiva e con quanto dichiarato dopo l'uscita di scena al terzo turno degli US Open: "Ranking e Finals non sono obiettivi che inseguo, ho già dato". Grazie, arrivederci, e nel 2025 vedremo. Novak Djokovic, stando alle ultime indiscrezioni, non sarà al via dell'ultimo Masters1000 di Bercy - di cui era campione in carica - mettendo la parola fine a una stagione che iniziata da numero uno del mondo lo ha visto progressivamente perdere posizioni senza riuscire ad aggiungere - prima volta nella sua carriera - alcun titolo alla sua bacheca. Sesto nella Race, la sua presenza a Torino dipenderebbe quindi dai risultati altrui, e a meno di un'ecatombe collettiva il serbo non dovrdifendere dunque nemmeno il successo lì ottenuto un anno fa. 

Lo aveva detto, Nole. Non ho programmi a lungo termine, ed è la prima volta che mi succede. La pausa lo aiuterà a schiarirsi le idee e a rilanciare, nel caso, una candidatura per un ruolo da protagonista lì dove più conta esserci o a deporre definitivamente i suoi propositi di rivincita. Difficile. Ma anche rinnovarsi, per chi in quasi vent'anni ha saputo sempre evolversi, è oggi un'opzione complicata. Sfogli le carte del mazzo e ti rendi conto di averle giocate quasi tutte; e, quel che più conta, ora sai che dall'altra parte della rete c'è chi ha imparato a riconoscerle e a capire come neutralizzarle. 

Il tempo. Anche nel tennis, sport dell'eterno presente, arriva il momento in cui è il futuro a prendersi la scena. Col passato, Nole i conti li ha chiusi conquistando quell'oro olimpico a lungo inseguito. Una parentesi felice, tra il ritiro di Andy Murray e quello di Rafa Nadal a ricordargli l'imminente tramonto di un'era che lui stesso ha contribuito a scrivere in prima persona e in cui ora si ritrova solo, unico superstite a far la conta di record e statistiche che non sembra intenzionato ad osservare ancora dalla giusta distanza ma che sente di non essere più in grado di aggiornare. Resta la fame, ma al banchetto ormai si son seduti in tanti. 

Il fisico c'è ancora. Anche solo su una gamba, come disse il suo ex coach Goran Ivanisevic, Djokovic è in grado di battere quasi tutti. Dimostrazioni non sono mancate. A Wimbledon è arrivato in finale senza alcuna preparazione. Alle Olimpiadi si è presentato con poco tennis nelle gambe, ma tanto è bastato per mettere in campo quello che è stato il miglior match del suo 2024, la finale vinta contro Carlos Alcaraz. Successo di testa, come nella sua miglior tradizione. Ma anche quella, oggi non sembra più bastargli contro avversari - ed è il caso di Jannik Sinner - che proprio sulla forza montale hanno fondato i loro ultimi successi; che hanno quindici anni in meno di lui; e che nelle ultime uscite lo hanno sempre battuto, annullando match point e non concedendo più alcuna palla break.

Resta allora la curiosità. Di capire come Nole vorrà vivere quest'ultimo snodo della sua carriera. Se prevarrà in lui l'amore per il gioco, come accaduto a Nadal, e di rincorrere un'immagine di sé che lo specchio del campo continuerà a proiettare sempre più sbiadita e fuori fuoco, accettando sconfitte e mancando appuntamenti, ma sereno nell'incertezza di scoprire questa nuova versione di sé. O se, una volta tornato in campo e incappato nelle prime debacle, decidere che quell'abito sbiadito non fa più per lui e che il vivacchiare da comparsa equivale a recitare un copione senza più stimoli. Arrivare in vetta è più facile del riuscire a mantenerla. Ma anche abbandonarla, abituandosi all'idea di non poterci più tornare non è semplice.

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