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Alcaraz, quell’io bambino e quell’insostenibile presenza del colosso Nadal…

Frantumando sul campo la prima racchetta, Carlitos perde la sfida del comportamento col suo idolo Rafa. D’accordo il caldo umido e i campi veloci di Cincinnati, l’imprevedibile Monfils, le pressioni, ma la continuità del campione di Murcia è sempre più in discussione

di | 17 agosto 2024

Carlos Alcaraz esce a testa bassa dopo la sconfitta contro Gael Monfils a Cincinnati (Getty Images)

Carlos Alcaraz esce a testa bassa dopo la sconfitta contro Gael Monfils a Cincinnati (Getty Images)

Non è facile essere Alcaraz. C’è una faccia della medaglia, quella più evidente di quanti lo invidiano per il talento tennistico e atletico, per la precocità, per le vittorie, per gli Slam già vinti, per il numero 1 del mondo conseguito da giovanissimo, per il futuro da ricco e famoso dello sport, magari anche per la bella famiglia appassionata e corretta che l’accompagna nei tornei. Ma poi c’è la solitudine del tennista, le ambizioni, le difficoltà di esprimersi sempre al massimo, i giorni no, le aspettative, le rivalità, l’opinione pubblica della sua Spagna, la pressione del clan, le diversità di vedute, che sono cambiate, strada facendo, col coach, Juan Carlos Ferrero (ex numero 1 della classifica ATP anche lui), l’esplosione mediatica e al pubblico.

Eppoi, comunque, ci sono gli avversari che hanno la sua faccia nel mirino come i Wanted del Far West e danno sempre quel qualcosina in più per sventolare il suo scalpo. Ma soprattutto nella testa di Carlitos c’è l’opprimente e inevitabile presenza del fenomeno Rafa Nadal che sembra proprio poter sostenere sotto il profilo dei risultati. Anzi, in certi casi, è già andato anche oltre, come completezza tennistica a pari età. Ma che fatica a sopportare come atteggiamento e comportamento sul campo, con avversari e pubblico. L’ultima conferma a Cincinnati dove - udite, udite - il ragazzo di Murcia è imploso e ha fracassato sul terreno una racchetta.

PERCHE’

Il Masters 1000 in Ohio, a ridosso di quello in Canada, tanto amato in passato da Roger Federer, è particolarmente duro, con quel caldo umido asfissiante e i campi velocissimi. Il match dello spagnolo contro Gael Monfils dai sette spiriti era stato sospeso il giorno prima sul 6-4 6-6 e racchiudeva tutte le insidie di una storia interrotta, col favorito per numeri e classifica che aveva tutto da perdere contro un veterano di 37 anni rilanciato dallo stop e quindi dalla ricarica delle batterie, oltre che dalla superiore esperienza in altre mille battaglie simili.

Peraltro particolarmente “on fire” al servizio. Ci sta che, non riuscendo a prendere il comando delle operazioni e sbagliando troppo, il più giovane frantumi una racchetta contro un avversario inatteso che si esprime ai livelli di quand'era top 10. Ci sta anche che poi racconti la sua frustrazione per le difficoltà tecniche e anche umorali del momento per spiegare perché perda la partita e anche nuove speranze di scalzare il rivale diretto, Jannik Sinner, dal primato ATP. Tutto questo sulla scia di altre altalenanti prestazioni che lo hanno già portato in un amen dalle stelle alle stalle aprendo molti dubbi sulla sua continuità.

La stretta di mano tra Gael Monfils e Carlos Alcaraz a Cincinnati (Getty Images)

SPETTACOLO

Così come per Djokovic con Djokovic, il nemico più grande di Carlitos è Carlitos stesso. Tutti e due questi assoluti protagonisti dello sport vogliono stravincere: il serbo insistendo magari su un colpo che non gli riesce (le smorzate) e in barba al pubblico contrario, ingiusto e  a volte anche scorretto, lo spagnolo esagerando coi colpi ad effetto, con l’eccessiva euforia agonistica e il conseguente dispendio di forze che poi gli vengono inevitabilmente a mancare nei momenti topici, guarda caso proprio al al Roland Garros - il regno incontrastato del suo idolo Rafa con 14 inimitabili urrà - nelle semifinali del torneo di 12 mesi fa e nella finale olimpica appena conclusa, due partite importantissime perse entrambe da favorito sia pure contro un campione come Novak.

Può Alcaraz diventare più diligente ed essenziale? Sì. Ma a discapito del suo io bambino. E comunque come si trova la formula magica se poi nelle due ultime finali di Wimbledon, giocando il suo stile di gioco, ha deluso proprio Djokovic? Del resto anche l’anno scorso nelle particolari condizioni di Cincinnati aveva perso in finale sempre contro Nole con un 5-7 7-6 7-5 che ricorda tantissimo il 7-6 7-6 della sfida decisiva ai Giochi e sintetizza la capacità del primatista di 24 Slam di saper resistere alle impetuose fiammate di Carlitos, stancarlo e poi giocare al meglio i punti importanti magari al tie-break. 

GLI ALTI E BASSI DI ALCARAZ

Già numero 1 sulla scia del primo Slam, gli US Open 2022, da più giovane di sempre a 19 anni, 4 mesi e 6 giorni, curiosamente, a ogni nuova tacca che mette nei Majors, sembra sempre che Carlitos debba fare una scorpacciata di successi e di rivali, invece poi accusa sistematicamente brusche frenate. L’anno scorso, dopo il primo trionfo a Wimbledon, s’è bloccato a New York contro Medvedev e, complici i problemi fisici, è tornato a ruggire solo a maggio col primo successo al Roland Garros, che ha bissato col secondo titolo ai Championships, presentandosi da superfavorito all’Olimpiade sia in singolare che in doppio.

E, ancora scosso da quella delusione, al rientro sul circuito, ha perso con Monfils. Come si presenterà adesso all’ultimo Slam della stagione? Come reggerà alla pressione psicologica dei media che gli ricordando che il maestoso Nadal mai e poi mai ha rotto una racchetta, come gli aveva insegnato zio Toni, mentre lui, Carlitos, il suo erede naturale, ha violato la promessa, scadendo al rango di un qualsiasi umano con una racchetta in mano?

Tranquillo, i punti di contatto con il colosso di Maiorca sono sempre tanti: Rafa temeva fortissimamente Monfils che chiamava La pantera, al di là dei suoi colpi secchi e perentori, al di là di quella capacità di giocare tre metri fuori dal campo, non riusciva a gestire quella straordinaria produzione di soluzioni offensive inedite del pivot francese. Estemporanee, sì, ma a volte imparabili.


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