

Jannik è super, sempre più votato alle grandi conquiste, ma nel derby di Vienna contro Sonny il buono, spuntano ancora fuori le grandi qualità umane del torinese, un esempio alla… Kipling!
di Vincenzo Martucci | 26 ottobre 2023
Oggi è tutto Sinner, ancora Sinner e decisamente, appassionatamente e giustamente Sinner. Ancor di più con Matteo I (Berrettini) fermo ai box per la caviglia, per il morale e per un bisogno di ricaricare le pile in generale in vista della ripartenza della prossima stagione, con Lorenzo I (Musetti) in anno sabbatico di apprendistato in attesa dell’esplosione del 2024, con Matteo II (Arnaldi) in forte crescita in tutto ma col fattore fisico in bell’evidenza, con gli altri giovani che scalpitano, con Cobolli in testa, epperò ancora non possono alzare la voce così in alto partendo da quota Challenger per farla arrivare fino ai tornei di prima fascia dove invece brilla Jannik il profeta.
Cosicché il livello dell’altoatesino che il tennis ha strappato allo sci spicca ancora di più insieme ai suoi risultati d’eccellenza, alla continuità, ai progressi sull’asse servizio-dritto, alla mostruosa capacità di concentrazione e alla personalità anche nell’affrontare le tempeste mediatiche e quindi gli avversari più forti. Ma chi, umanamente, alla vigilia del derby di Vienna contro super-winner - pardòn, Sinner - che già l’ha battuto 3 volte su 3, tutte quest’anno, non fa un po’ (o un po’ tanto?) il tifo per Lorenzo II (Sonego), il ragazzo con la faccia da buono, il compagno di tutti, l’amico che sorride e abbraccia e fa squadra e accetta - sinceramente e genuinamente contento - qualsiasi gioco del destino, comprese le convocazioni in coppa Davis magari in extremis, o da ripescato?
Chi può dimenticare quali e quanti miracoli ha compiuto il 28enne di Torino forgiato da mastro Gipo Arbino? Miracoli per sé stesso, ma anche per l’Italia, a cominciare dalle semifinali di Roma 2021, quando regalò un doppio squarcio di luce azzurra, in pieno Covid, riportando un giocatore di casa fra i magnifici 4, addirittura 14 anni dopo Filippo Volandri.
CARATTERE
Sinner è Sinner, e continua per la sua strada verso l’immortalità tennistica: per sé e poi per l’Italia, come specifica giustamente lui. Ma Sonego è Sonego, il simbolo più evidente del lavoro e della positività, l’esempio di chi, partendo da basi non eccelse riesce a ottenere il massimo, magari non sempre, ma quantomeno spesso, fino a salire anche al 21 della classifica e a togliersi la soddisfazione di vincere tre tornei su altrettanti superfici e poi rimanere comunque competitivo sulla massima ribalta ATP Tour.
Quello che non ha punti facili e sicuri, e deve sputare sangue su ogni “15”, col rischio comunque di dover ricominciare sempre daccapo, ancora e ancora, per una semplice invenzione dell’avversario. Quello che speri sempre che eviti i più forti già nei primissimi turni e si infili in un corridoio favorevole del tabellone, come a Vienna, dove nel famoso 2020, diede una lezione a Novak Djokovic, partendo da lucky loser come adesso che aveva perso con Alexandre Muller ma, ripescato, ha domato Cerundolo e ora, armato di coraggio e orgoglio, cerca di stoppare Sinner nella sua ennesima scalata al vertice.
“Sonny” il dolce, che qualche volta diventa “Il polpo”, quando entra in trance agonistica e arriva su ogni palla ed in ogni parte del campo, esaltandosi sull’asse servizio-dritto e buttandosi a rete all’arma bianca, si fa valere gettando sempre sul campo anche l’anima. E unico nella sua umanità. Lo sai, lo senti, lo avverti dai commenti di tutti, lo vedi coi tuoi occhi quando batte l’amico Berrettini in crisi nera e si dispiace palesemente della propria felicità e, subito dopo, perdendoci, nel remake, è ugualmente felice perché Matteo si sta riprendendo. Lo percepisci dalle sue parole, sempre buone, sempre oneste, sempre piene di rispetto verso tutto e tutti, a cominciare dalla FITP che l’ha sostenuto e lo sostiene.
ESEMPIO
Sonego è quello che interpreta tutti giorni alla lettera la famosa poesia di Kipling che campeggia all’ingresso dell’All England Club di Wimbledon: "Se saprai conservare la testa, quando intorno a te tutti perderanno la loro e te ne faranno una colpa… Se crederai in te stesso quando tutti dubiteranno, ma saprai capire il loro dubbio… Se saprai incontrare il trionfo e il disastro e trattare questi due impostori nello stesso modo… Se saprai vedere le cose per cui hai dato la vita spezzate, e curvarti e ricostruirle con logori utensili… Se saprai fare un mucchio di tutte le tue vincite e rischiarle in un giro di testa e croce; e perdere e ricominciare da capo senza fiatare sulle tue perdite… Se saprai forzare il tuo cuore, i nervi e i tendini per assecondare il tuo volere, anche quando essi sono consumati; e così resistere, quando non c’è più niente in te, tranne che la volontà che dice loro: 'Tenete duro!'… Se saprai parlare alle folle e mantenerti virtuoso, passeggiare con i re e non perdere la semplicità…”.
Ahinoi, il pareggio nel tennis non esiste e, se non sei un fan sfegatato, in un derby non puoi schierarti. Ma questa volta proprio non riesci a dire: “Vinca il più forte!”. Scusaci, Jannik.
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