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Nick, Bernie e il tennis a modo loro, senza rimpianti

Tornano a intrecciarsi sull’erba le storie di Nick Kyrgios e Bernard Tomic, i due dannati del tennis australiano. Il primo continua invano a tentare il rientro ma è comunque a Londra, mentre il secondo è tornato a vincere una partita nel Tour dopo oltre 4 anni. E mentre il pubblico continua a chiedersi cosa sarebbe successo se, a loro interessa gran poco

25 giugno 2025

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Il tennis adora fare certi scherzetti, stuzzicando paragoni e ricordi. Per alcuni piacevoli, per altri meno. Perché quell’erba che nel 2025 doveva segnare l’ennesima potenziale rinascita del finalista di Wimbledon 2022 Nick Kyrgios, il quale ai prati lega il ricordo più bello della sua carriera ma sostanzialmente anche l’ultimo, ha invece riproposto a sorpresa Bernard Tomic. Proprio lui, l’altra metà della coppia di dannati australiani dalla storia simile, fatta di grandi promesse, qualche exploit, molte più bravate (in campo e fuori), controversie, pochi peli sulla lingua e tanti interrogativi su come sarebbe andata se.

Rimarranno sia per l’uno sia per l’altro, perché Kyrgios ha giocato solo una manciata di tornei dal 2023 in avanti, e causa infortuni continua a vedere rispediti al mittente i suoi tentativi di tornare a competere, mentre Tomic non sembra affatto il tipo che a 33 anni decide di iniziare a fare tutto ciò che non ha fatto negli ultimi quindici. Ma ha comunque un certo fascino ritrovarlo in un torneo del circuito maggiore, dove mancava addirittura dal 2021. Allora era il suo ultimo Australian Open nel main draw, mentre stavolta è il “piccolo” ATP 250 di Maiorca, ma poco importa. Per uno che per quattro anni ha visto solo tornei Challenger e pure qualche ITF, essere tornato almeno una volta in mezzo ai big vale tanto.

Anche perché non solo il burrascoso “Bernie” si è regalato un posto in tabellone via qualificazioni, ma ha anche superato il primo turno azzeccando la rimonta contro il connazionale Rinky Hijikata, uno che – seppur in doppio – ha vinto quell’Australian Open che Tomic vinse solo fra gli juniores nel 2008, ad appena 15 anni. Doveva essere l’inizio e a modo suo lo è stato, ma della fine, lanciandolo in un percorso di autodistruzione che comunque non gli ha impedito – causa talento smisurato – di vincere 4 titoli ATP, arrivare fra i primi 20 del mondo e ai quarti a Wimbledon.

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Seppur a distanza, le chiacchierate storie di Tomic e Kyrgios tornano a intrecciarsi oggi, ad anni di distanza dalle scaramucce che ovviamente fra due così non potevano mancare. La più divertente e infantile fu la discussione su chi dei due fosse più forte: Kyrgios propose un testa a testa ma con in palio un milione di dollari, Tomic una sfida a pugilato. Ovviamente non se ne fece nulla e viene da sorridere a pensarci oggi, quando, ormai si è capito, chi sia stato il migliore conta zero perché nessuno dei due ha più granché da dare alla causa. Tomic pare averlo accettato e col tempo si è calmato, mentre Nick da Canberra ha sostituito l’adrenalina delle vittorie con quelle delle polemiche, puntando il mirino contro mezzo circuito ATP.

Prima il nemico numero uno era Novak Djokovic, poi diventato amico con un doppio riconciliatorio a sancire l’armistizio, mentre oggi l’obiettivo è Jannik Sinner, ormai da mesi vittima preferita di Nick per il caso Clostebol. Ma Kyrgios ne ha e ne ha sempre avute per tutti, ultima la BBC che non gli ha rinnovato il contratto da telecronista per Wimbledon. Come l’ha presa? Da Kyrgios: “Mi dispiace – ha ribattuto – ma ci perdono loro. Il tennis ha bisogno di commentatori che dicano cose che nessuno dice, come me”. Opinabile, ma sentirlo era divertente perché, piaccia o meno, resta un personaggio che fa opinione e qualcosa da dire ce l’ha. Anche se eccede spesso e volentieri, la gente lo ascolta come conferma il sold out di martedì sera al New Wimbledon Theatre di Londra, per la puntata “live” del suo podcast Good Trouble With Nick Kyrgios. Non dovesse più riuscire a giocare, può continuare a divertire così.

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Tomic, invece, seppur a modo suo dal campo non ci è mai uscito, anche se per ritrovarlo fra i primi 100 del mondo bisogna tornare alla classifica ATP del 26 agosto 2019. Da allora, quasi sei anni nell’anonimato lontano dalle rotte del tennis frequentato sin da teenager, fino allo squillo sull’erba di Maiorca, da numero 248 del mondo. Presto sapremo se rimarrà un ultimo exploit a certi livelli oppure no, ma nel mentre si può dire che col tempo l’ex bad boy di Gold Coast ha imparato a tenersi alla larga dai guai, o almeno a dribblare meglio gli occhi indiscreti.

E dopo avergli visto frequentare negli ultimi quattro anni una ventina di tornei ITF sembra caduta anche una delle sue storiche posizioni: per anni ha raccontato di giocare solo per soldi, ma i fatti lo smentiscono. Altrimenti non sarebbe partito per trasferte in India, Qatar, Kuwait o Messico, con la prospettiva di chiudere in pareggio nella migliore delle ipotesi. Evidentemente, seppur a modo suo, anche lui una certa passione per il tennis la conserva ancora.

Coi 33 anni dietro l’angolo, non fa altro che aumentare le riflessioni, su cosa lui, ma anche Kyrgios, avrebbero potuto combinare con un percorso più comune, più lineare, con meno sbandate, bizze ed eccessi. Ma guai a parlare di rimpianti: conoscendoli, due così non ne vogliono sapere. Hanno semplicemente deciso di vivere il tennis a modo loro. Giusto o sbagliato che sia, di sicuro non può essere una colpa.

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