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Giustino e quella vittoria su Vacherot: "I match si decidono sul 2% dei punti"

Professionista dal 2007, un best ranking di n.127 Atp (oggi è n.272) e 15 titoli in carriera tra ITF e Challenger, nel suo passato il campano vanta scalpi eccellenti. A giugno, è stato l’ultimo azzurro a battere (e nettamente) il recente campione del Masters 1000 di Shanghai Valentin Vacherot

14 ottobre 2025

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Nonostante i suoi 34 anni, Lorenzo Giustino non ha ancora smesso di pensare in grande. Anzi, la figlia avuta a inizio anno sembra avergli dato nuovo smalto. Professionista dal 2007, un best ranking di n.127 Atp (oggi è n.272) e 15 titoli in carriera tra ITF e Challenger, nel suo passato vanta scalpi eccellenti. A giugno, ad esempio, è stato l’ultimo azzurro a battere (e nettamente) il recente campione del Masters 1000 di Shanghai Valentin Vacherot.

Lorenzo, quest'anno ha vinto a Saragozza, Gijon e Badalona, tre tornei M25. Questi ultimi mesi sono stati molto positivi.

“Per l’età che ho, direi che sono molto soddisfatto (ride, ndr). In estate ho provato a giocare la Bundesliga nei weekend e i Challenger all’inizio della settimana, ma è stata una scelta infelice… Non ho più 20 anni e onestamente non ce la faccio. Meglio una programmazione più tranquilla, anche perché non ho nemmeno più tanta voglia di viaggiare”.

Lorenzo Giustino colpisce di rovescio (foto Eletto)

Lorenzo Giustino colpisce di rovescio (foto Eletto)

Forse perché all’inizio di quest’anno le è nata una bimba?

“Da quando è arrivata Ginevra (il 29 gennaio, ndr) ho diminuito i tornei e ho scelto di giocare più vicino casa e intorno a Barcellona, visto che ce ne sono davvero tanti. In quasi tutti gli ITF che ho giocato quest'anno ho fatto bene: 3 vittorie e 4 finali, tutto a livello di '25 mila'. Ho sfatato un po' quella piccola maledizione che mi vedeva fermarmi dopo aver vinto un titolo. Sarà l’energia di essere padre che mi dà la forza. A tutti i tornei vengono anche mia figlia e mia moglie, quindi sono super motivato. Voglio provarci, allenarmi più duramente, metterci più intensità, soprattutto fisicamente. Più ore di corsa, più profondità, più resistenza, che è quello che mi mancava un po' in passato”.

E i risultati lo testimoniano.

“Quando sto bene, esprimo ancora un buon tennis. Il problema è che oggi, anche a livello di punti, il nostro sport è un po’ più complesso. Bisogna essere in grandissima forma, soprattutto mentalmente, per riuscire a giocare tutte le settimane. È necessario vincere tanto per salire nel ranking mentre cinque anni fa, ad esempio, con 200 punti guadagnati eri già nei primi 200 ATP”.

Che valutazione darebbe alla sua stagione, a un paio di mesi dalla fine?

“Questo per me è il miglior anno di sempre. È nata mia figlia e questo ha messo il tennis in secondo piano. Anche la mia programmazione è stata fatta in funzione della famiglia”.

Giustino e quella vittoria su Vacherot: "I match si decidono sul 2% dei punti"

In quasi due decadi da professionista come ha visto cambiare il circuito?

“Onestamente, le condizioni oggi sono più semplici. A mio parere è più facile giocare a tennis. Le palline un tempo erano molto più veloci, così come le superfici, e questo creava condizioni complicate: solo chi aveva la velocità di gambe e l'abilità della mano per riuscire a controllare la pallina e a muoversi bene, riusciva ad avere un controllo e quindi ad arrivare a un livello più alto. Adesso è tutto molto più lento: le palline, i campi, e risulta più facile non sbagliare, tirare dentro le righe e arrivare prima sulla palla e colpirla meglio”.

La sua vita è ancora intrecciata tra l’Italia e la Spagna.

“Mi alleno ancora a Matarò con il grande José María Díaz (storico coach di Albert Ramos, ex n.17 Atp, che proprio la settimana scorsa ha deciso di ritirarsi, ndr). Rimarrò qui perché abbiamo già il progetto di fare qualcosa insieme quando smetterò di giocare. Mi lusinga che voglia continuare a lavorare con me… dice che non conosce nessun altro con tutte le mie conoscenze tecniche e tennistiche. A casa, a Napoli, ormai ci vado poco. Mia moglie è spagnola e ormai la mia vita è qui. Però voglio che mia figlia conosca l’Italia e le sue tradizioni, e che impari a parlare bene la nostra lingua”.

Scorrendo tra i risultati di quest’anno ce n’è uno che salta all’occhio. Challenger di Poznan, in Polonia, a metà giugno. Al primo turno Giustino batte Vacherot 6-2 6-4. Che effetto le fa quel risultato alla luce di quanto è appena successo a Shanghai?

“È un po' surreale. A Poznan, quando ho visto che al primo turno avrei affrontato Vacherot, che aveva appena giocato alla grande a Monte-Carlo, qualche parolaccia mi è scappata. Poi però ho disputato un gran match. Era una partita sulla terra, quindi c’è molta differenza con il cemento cinese. Che dire: quella del monegasco sembra una favola. Una cosa più unica che rara. Ti dici… tre mesi fa ci ho giocato contro e ci ho pure vinto, e lui adesso vince un Masters 1000. È incredibile, pazzesco. Solo lo sport può regalare queste emozioni".

Lorenzo Giustino (foto Getty Images)

Lorenzo Giustino (foto Getty Images)

Ma nella sua testa adesso è scattato qualcosa? Nuovi orizzonti?

“La verità è che il tennis si gioca sul 2 per cento dei punti. La gente non lo capisce, ma le differenze che ci sono tra un Challenger e un ATP sono veramente poche e per di più si stanno facendo sempre più sottili, proprio per il discorso che facevo prima sulle condizioni di gioco. Sono tutti più professionali e girano più soldi, quindi se ne spendono in proporzione molti di più anche per prepararsi. In futuro vedremo sempre più spesso giocatori fuori dai 100 Atp fare risultati importanti, proprio perché il filo che li separa è sottilissimo. Detto questo, il risultato di Vacherot è impressionante, soprattutto perché è stato capace di vincere 9 partite di fila”.

Battere un vincitore di un Masters 1000 non è nemmeno il risultato più eclatante della sua carriera… cosa le ricorda il Challenger di Marbella del 2020?

“Vinsi contro un certo Carlos Alcaraz. Lui aveva 17 anni ma era già 138 Atp e veniva da tanti match vinti consecutivi nei Challenger. Mi sono detto: ‘Ma come fa a giocare così bene a tennis… questo diventa n.1 al mondo’. Onestamente era già quasi ingiocabile”.

Sono passati 5 anni dal suo storico match contro Moutet al Roland Garros, la partita più lunga giocata da un azzurro a Parigi: 6 ore e 5 minuti per un 18-16 al quinto. Cosa le è rimasto dentro?

“È bello rimanere nella storia, un’emozione incredibile. È stato un match a suo modo epico, tanto che alla fine mi hanno scritto sia Nole che Rafa. Visto che ora c’è il tie-break, credo sia un primato che rimarrà a lungo, se non per sempre”.

Giustino e quella vittoria su Vacherot: "I match si decidono sul 2% dei punti"

Dopo 18 anni da professionista, quali sono le motivazioni che la tengono ancora sul circuito?

“Un po' è la mentalità, un po' lo stile di vita. Questo sport è la mia grande passione e non mi è mai pesato fare fatica. Sono un atleta disciplinato, mangio bene, vado a dormire presto, mi alleno tutti i giorni e adoro giocare bene a tennis”.

Un rammarico?

“Quella fatidica caduta, quando nel 2019 mi sono fratturato il gomito. Da lì non sono più riuscito a tornare al livello che avevo raggiunto. È triste, però ci ho sempre provato, ho lottato e lo faccio ancora adesso”.

A proposito di tornei, dove andrà prossimamente?

“Vorrei cercare di fare punti giocando tornei vicino a casa. Sarebbe bello entrare nei primi 200 e tornare nuovamente sul Tour… E poi chissà, magari potrei fare anch’io una sorpresa alla Vacherot. Del resto, l’ho anche appena battuto”.

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