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Attenti a Lehecka, la scuola ceca tra classe e sostanza

Per capire perché Lehecka sia – contemporaneamente – un potenziale campione pericoloso pure per i più grandi e un giocatore, fin qui, ampiamente sottovalutato, bisogna semplicemente dare un'occhiata alla bandiera accanto al suo nome. Una carriera nel solco della tradizione ceca

28 febbraio 2025

Jiri Lehecka esulta (foto Getty Images)

Jiri Lehecka esulta (foto Getty Images)

Tutta questa considerazione non gli è mai stata data. Perché non è così appariscente, non ha un servizio da urlo, non ha un colpo straordinario che faccia davvero la differenza. E nemmeno ha un carisma che trascina le folle. Ma Jiri Lehecka, 23 anni, è oggi numero 22 Atp (primato personale) e numero 10 della Race to Torino. Con un inizio di 2025 che gli ha regalato un titolo Atp (a Brisbane) e un successo da ricordare su Carlos Alcaraz.

Per capire perché Lehecka sia – contemporaneamente – un potenziale campione pericoloso pure per i più grandi e un giocatore, fin qui, ampiamente sottovalutato, bisogna semplicemente dare un'occhiata alla bandiera accanto al suo nome. Jiri è un prodotto dell'inesauribile scuola ceca, che magari non sarà più prolifica come una volta (quando ancora esisteva la Cecoslovacchia, prima della caduta del Muro di Berlino), ma che continua a sfornare tennisti dalle caratteristiche ben precise e riconoscibili. Con un pilastro che sostiene la tradizione, più degli altri: chi esce da quei campi non è certo un guascone ma sa giocare a tennis. Sa fare tutto e lo sa fare bene.

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Sembra banale, perché oggi – si dice – tutti sanno fare tutto e lo sanno fare bene. Mica così vero. C'è, questo sì, chi sa mascherare molto efficacemente le proprie incertezze. Magari grazie a una condizione fisica che permette di giocare più colpi di diritto che di rovescio, magari con un servizio che toglie le castagne dal fuoco quando le energie vanno in rosso. Ecco, Lehecka di mettersi maschere non ha bisogno. Lui è – davvero – uno che tecnicamente può essere messo alla prova in ogni settore e uscirne senza danni. Anzi, facendo danni a chi ha osato provocarlo. Ne sa qualcosa proprio Alcaraz, che nel punto più bello della loro partita è finito per le terre dopo aver subito alcuni rovesci pesanti, una volèe stoppata, un recupero di fino e uno smash. 

La fiducia, ugualmente, non gli manca. Prima di affrontare Novak Djokovic, disse apertamente di poterlo battere: “Perché no, è umano come me, anche lui fa errori. E io sto giocando benissimo”. Non accadde nulla, in questo senso, ma solo perché Nole lo prese terribilmente sul serio: “È uno dei più preparati del circuito – disse il serbo – sotto il profilo atletico. È uno a cui bisogna stare attenti, altrimenti finisce male”. A proposito di fiducia: “Onestamente? Devo ammettere – ha detto il ceco – di non aver mai dubitato del fatto che sarei arrivato in alto. E giocare con gente come Djokovic o Alcaraz è lo step che bisogna superare per forza”. Una volta ci è riuscito a vincere, un'altra volta no. Ma Jiri ci crede eccome, senza mettersi limiti.

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Del resto ha 23 anni, e di gente più giovane di lui, davanti a sé, ne ha poca: Alcaraz, certo, poi Rune, Shelton, Musetti e Fils. Punto. Solo che mentre tutti gli altri, un giorno sì e l'altro pure, finiscono sulle home page per il colpo ad affetto o per le promesse che dovrebbero mantenere, Lehecka non è uomo da cover story. È piuttosto uomo di sostanza, ancora una volta come nella tradizione del suo Paese. Un po' come era stato Tomas Berdych, altro grande messo in ombra dai fenomeni che lo hanno accompagnato nella sua stessa generazione. I due hanno lavorato insieme per un periodo, separandosi lo scorso anno dopo 18 mesi. Ma le parole dell'ex numero 4 del mondo nei confronti del suo ex pupillo sono comunque rimaste sinceramente incoraggianti: “Ha margini di progresso importanti – ha ammonito Berdych – ed è uno che ha una gran voglia di lavorare”.

Lavoro, fiducia, tecnica. Le chiavi stanno tutte qui, e allora nei prossimi anni non ci sarà da stupirsi, se troveremo Jiri Lehecka nelle zone nobili della classifica mondiale con continuità. Lì a recitare da guastafeste per coloro che sono abituati a stare sotto i riflettori senza troppa fatica, e che dovranno guardarsi bene dall'arrivo di questo giocatore in grado di mantenersi serenamente dietro le quinte del tennis mainstream. Salvo poi mostrare a tutti come può esprimersi, un boemo a cui viene messa in mano una racchetta.

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